Un viaggio nell’altra America, quella vera, della provincia, delle piccole città dimenticate nell’immenso territorio della confederazione; l’America moralista e conservatrice, l’America razzista e rurale, l’America della strada, dei motel, dei fast food, del consumismo, del benessere ridondante, della tecnologia inutile. Bill Bryson percorre in macchina 38 degli stati d’America, dai deserti del New Mexico alle Montagne Rocciose, dalla costa ovest alla costa orientale, per ritrovare qualcosa da lui vissuta quando era poco più che bambino. In questo peregrinare a marce forzate, l’autore scopre in fondo che quell’America non è cambiata granché. Una dimensione in cui tutto sembra essersi fermato agli anni ‘50, a quel sogno americano, l’American way of life, che forse è rimasto solo un sogno, dietro la patina di una nazione ricca e potente che Crede in Dio (In God We Trust) ed ha una missione da compiere. America perduta è un affresco, giocato a pennellate molto espressive, a volte con una ironia feroce, di uno sterminato paese che continua a credere, a immaginare, a vivere fra le pieghe di un sogno “domestico” e provinciale. Questo sogno, nonostante il mondo stia cambiando a velocità stratosferica, accomuna ancora milioni di uomini disseminati su un territorio nelle cui vene da sempre scorre sangue malato. Vene di un paese nei secoli alimentate con la violenza, la distruzione di altre culture, altre popolazioni, altri Uomini, fino ad esportare ed impiantare altrove ed a forza un modello di democrazia e libertà, certamente discutibile, sicuramente spesso non desiderato né richiesto.
America perduta di Bill Bryson (Editore: Feltrinelli – Collana: Universale Economica) Pagine 304