Ripercorre la storia del paese dal VI secolo a.C. alla guerra dei 5 giorni dello scorso agosto. Gralewski è impressionato da un popolo la cui storia aveva molte somiglianze con quella degli Stati Europei.
“La storia della Georgia, a partire dalla sua conversione al cristianesimo nei primi secoli dopo Cristo, è la vita di un popolo che, più volte bruciato, saccheggiato, disperso e massacrato a milioni, non si è mongolizzato, non si è musulmanizzato, non si è persificato ma è rimasto fedele a Cristo, conservando la propria lingua e la propria nazionalità”.
La Georgia infatti non solo non fu mai schiacciata dal dispotismo orientale, ma a partire dall’età d’Oro dei grandi monarchi della dinastia dei Bagrationi (governarono dal 1000 fino all’invasione mongola del 1221), guardò sempre ad Occidente.
Il massimo poeta georgiano, Shota Rustaveli, vissuto ai tempi della bella e intelligente regina Tamar (1184-1213) e autore dell’epopea Vepkhistkaosani (“Il cavaliere con la pelle di tigre”), viene considerato non a caso da alcuni filologi come un precursore di un’epoca, quella rinascimentale europea, che pone per la prima volta al centro dell’universo filosofico – letterario l’uomo.
“Due džygit (uomo ardito coraggioso) litigavano per qualcosa. Non riuscendosi a mettersi d’accordo e non volendo spargimenti di sangue, si recarono da un aksakal famoso per la sua saggezza e I suoi buoni consigli. Questi ascolto il primo džygit e gli disse: “Hai ragione!” Poi ascoltò il secondo, e anche a lui disse “Hai ragione!”. I due se ne andarono rappacificati e non litigarono più. Beviamo a quello che ci unisce. Quello che ci separa, di solito, non è molto importante.”
La terra del vello d’oro di Gorecki Wojciech (pagg. 144 Editore: Bollati Boringhieri).