Ci sono scrittori bravi nel loro mestiere, che sanno mettere le parole giuste al posto giusto e le virgole quando servono. Ci sono fotografi che sanno prendere fedelmente i momenti, gli attimi che rimarranno impressi nella memoria di chi guarderà la foto.
E poi ci sono persone così, come Giorgio Ricci che hanno il dono di fotografare con le parole il mondo che stanno vivendo. “Sette autisti e un’automobile indiana” è un meraviglioso mosaico multicolore del viaggio lungo 42 giorni dell’autore attraverso in cuore dell’India: sette capitoli, sette autisti.
Vite che s’intrecciano con il racconto della sua vita che spinge sullo sfondo. Spesso i racconti sembrano ingarbugliarsi, e sembrare troppo forti e colorati… ma è come mettere in bocca un qualsiasi piatto della cucina indiana: confuso, forte, piccante, speziato, che ti resta più nella memoria che sul palato. La bellezza del viaggio che racconta sta nell’onestà delle sue sensazioni: parla di “compensazione dopo l’ennesimo shock indiano”, è spesso sgomento di fronte alla povertà e agli stili di vita del mondo che ha scelto per sconvolgergli l’anima.
Assimila, scopre i suoi limiti, s’innamora senza esasperare quel “essere illuminato” dalla cultura e dalla saggezza indiana. Un viaggio dentro sé stesso, e sulla strada. Un viaggio di cui tutti, dopo aver letto il libro, vorremmo seguire le orme.
I sette autisti di Giorgio Ricci (pagg. 282 Editore Greco e Greco).