L’autore racconta la sua Palestina con gli occhi di chi costretto ad abbandonarla da giovane ne rimane anche nel ricordo irrimediabilmente innamorato.
Racconta di sé e della condizione di chi come lui si trova a vivere altrove.
L’ultima cosa che ricordo di questo ponte è di averlo attraversato trent’anni prima, quando partii da Ramallah per Amman.
La storia di una tragica assenza e un coraggioso ritorno. Dopo trent’anni, Murid al-Barghuthi racconta i ricordi della sua giovinezza a Ramallah, poi il giorno in cui ha dovuto abbandonare tutto, senza sapere che non sarebbe tornato.
Come lui, c’è chi ha lasciato la pentola sul fuoco, chi un bambino che dormiva, le distese degli ulivi, i forni d’argilla…
Ma adesso, sul ponte che lo ricongiunge alla sua Terra, le prime immagini della Palestina occupata scorrono davanti agli occhi di un uomo maturo, che finora, in paesi lontani, non ha mai avuto una collocazione precisa: rifugiato, turista, straniero…
Questa è la vita della ghurba, la condizione di chi vive altrove e non si sente mai a casa, nello straordinario racconto di un esilio lontano dai comuni percorsi dell’odio.
Ho visto Ramallah di Murid al-Barghuthi, (pagg. 178, Ilisso Editore).