Il giorno più emozionante
e più significativo
dell’intero viaggio
è stato quello
della scalata
al ghiacciaio Vajatnokull
che è il più esteso
del mondo,
esclusi quelli
delle zone polari.
di Massimo Bernardini
Dopo i brillanti successi conseguiti nei due precedenti Raid del Coraggio (l’attraversamento del Sahara e dell’Australia), la Safariland di Roma ha organizzato il periplo terrestre dell’Islanda. Le macchine a disposizione anche stavolta sono state le Fiat Panda 1000 4×4 con equipaggi da due a quattro persone, e con una o due tende AIR Camping sul tetto corredate dai sacchi a pelo in piuma d’oca. Le 71 Panda sono state assistite da 4 Rayton Fissore 4×4 Magnum con motore Socin di 2445 cm turbo sovralimentato con a bordo lo staff organizzativo, e da altri 3 mezzi pesanti forniti dalla Iveco sui quali trovavano alloggio la cucina da campo, 1’officina meccanica e il pronto soccorso.
La partenza del primo raid è stata data con ufficialità a Reykyavik dal Ministro dei Trasporti islandese che, oltre a darci il benvenuto del governo, ha avuto parole di ammirazione per la nostra impresa da lui valutata veramente impegnativa e che, per la prima volta nella storia del suo Paese, veniva tentata con un così grande numero di mezzi e persone.
Appena usciti dalla capitale abbiamo meglio compreso il significato delle parole del ministro in quanto dopo appena 20 km la strada asfaltata si è trasformata in sterrato e più avanti in pista. D’altra parte, basta uno sguardo alla carta geografica dell’Islanda per rendersi conto che in pochi paesi al mondo, e tra quelli da me conosciuti l’unico paragone possibile e con la Nuova Zelanda, convivono tutte insieme tante configurazioni del territorio come i ghiacciai, i vulcani di cui molti ancora in attività, i corsi d’acqua, i geysers, le solfatare, le cascate, i fiordi e che pertanto la costruzione e la manutenzione delle strade è particolarmente difficile e costosa.
Il mezzo di comunicazione più frequente è infatti 1’aereo e non c’è paese con almeno 3.000 abitanti che non abbia il suo piccolo aereoporto.Il viaggio è stato particolarmente difficile proprio per le condizioni stradali e per la situazione meteorologica che per i primi sette giorni ci ha concesso soltanto poche ore di bel tempo anche se in effetti il sole, per quanto coperto, non ci abbandonava praticamente mai tramontando alle 23 e sorgendo alle 0,1 del giorno dopo e quindi il chiarore del crepuscolo si fondeva con quello dell’aurora boreale formando in piena notte un incredibile panorama. Abbiamo dovuto superare anche moltissimi corsi d’acqua e qualcuno di questi ha creato non pochi problemi a quegli equipaggi che avevano la sventura di bloccarsi con 1’auto in mezzo ad essi. Dall’interfono, di cui erano dotate tutte le auto, si sentiva la voce dei malcapitati che chiedevano soccorso e descrivevano con sempre maggiore tensione il progressivo aumento dell’acqua all’interno dell’auto che aveva superato la resistenza delle guarnizioni delle porte e raggiunto i fori dei pedali nel pianale.
Ogni giorno il viaggio ha presentato qualcosa di particolare e ciò fin dalla partenza quando, dopo la spettacolare cascata di Gullfoss (la cascata d’oro, che scende a gradoni in una profonda gola basaltica), siamo giunti alle sorgenti della stazione termale di Geysir, da cui hanno preso il nome le caratteristiche esplosioni d’acqua calda prodotte dall’energia geotermica chiamate appunto universalmente geyser. La prima notte in tenda è stato un banco di prova molto impegnativo per quelli che erano alla loro prima esperienza in questo tipo di campeggio libero, considerando specialmente che la zona riservata per 1’accampamento era situata ad oltre 1.000 metri di altitudine nella località montana di Hveravellir posta in mezzo ai due grandi ghiacciai interni dell’isola d’Islanda.
Dopo questo primo approccio alle bellezze naturali dell’Islanda, nelle giornate successive abbiamo goduto della vista dei fiordi islandesi, meno famosi ma altrettanto suggestivi di quelli norvegesi, percorrendo centinaia di chilometri sui costoni delle montagne del nord-ovest con l’’opportunita di osservare da vicino sia le molteplici varietà degli uccelli marini sia le foche, mentre si riposano sugli scogli. Uno dei momenti più divertenti del raid è stato il superamento del deserto di lava, che è una enorme estensione proprio al centro dell’Islanda in una zona in cui i fermenti vulcanici si sono fatti sentire anche recentemente e dove il vulcano Askya ebbe nel 1968 una tale attività da contribuire alla creazione di questo deserto che abbiamo percorso con le piccole Panda a velocità sostenuta.
Il giorno più emozionante e più significativo dell’intero viaggio è stato quello della scalata al ghiacciaio Vajatnokull che è il più esteso del mondo, esclusi quelli delle zone polari. Alla riuscita di questa avventura nell’avventura, giustamente considerata degna di entrare nel Guinness dei Primati (e non e detto che ciò non si verifichi), hanno contribuito l’organizzazione impeccabile di Andrea e Camillo Ferri, il coordinamento sempre efficace di Novella Calligaris e tutti i responsabili dei vari settori, nonché le due guide professioniste islandesi che suggerivano orari, percorsi e sistemi di guida. Una citazione a parte meritano i cuochi e i meccanici, i primi per la varietà e abbondanza dei pasti sfornati con l’attrezzatissima cucina allestibile in circa mezz’ora, i secondi per la perizia e la tempestività dimostrate nell’assistenza meccanica ad ogni partecipante.
113 km di salita sono stati veramente il massimo che si potesse chiedere alle Panda e arrivare in cima in 4 ore dopo aver superato un pericoloso guado costituito dal torrente creatosi dallo sciogliersi, nel periodo estivo, di una parte di ghiacciaio e le micidiali pendenze al limite del ribaltamento è stata una impresa notevole, tanto che il giornale islandese Morgunbladid l’ha immortala nel paginone centrale con un testo trionfalistico e con fotografie “storiche”. Anche il TG1 nostrano presente alla spedizione, ha riservato il massimo della sua attenzione a questa fase del viaggio e il giornalista Filippo Anastasi ci ha fellinianamente “costretti” a sentirci contemporaneamente protagonisti e attori nelle situazioni più impegnative e in quelle più coreografiche. Dopo aver trascorso la notte sul ghiacciaio con una temperatura di circa 15° sotto zero, mitigata in parte soltanto dall’ingerimento di tre piatti a testa di pasta al dente e caldissima, siamo ritornati sulla costa per rientrare a Reykyavik dove abbiamo passato gli ultimi 2 giorni finalmente abbagliati da un sole splendente. Una puntatina in Groenlandia per visitare il villaggio esquimese di Kulusuk è stato il degno suggello ad un viaggio memorabile.