Incredibile spesso il turista italiano all’estero
trova la Gazzetta dello Sport.
Quando il doganiere guarda il mio
passaporto e tutto contento mi dice
“Italia! Ah, Roberto Baggio!”
di Giuseppe Bacci
Premetto di essere praticamente immune da quella febbre congenita che colpisce italiani ed altri popoli che si chiama gioco del calcio.
Secondo me non a caso si usa la parola tifo, la stessa di una malattia che causa alte febbri. Sono uno di quelli che le rare volte che vede una partita pensa sempre che non accade mai niente (in oltre un’ora solo un paio di gol, se va bene) e mi trovo sempre in imbarazzo per rispondere alla fatidica domanda “di che squadra sei?”.
All’estero la mia carenza si fa sentire maggiormente. Quando il doganiere guarda il mio passaporto e tutto contento mi dice: “Italia! Ah, Roberto Baggio!” io mi sforzo di sorridere, mentre penso terrorizzato che se mi chiedesse qualche notizia fresca sul calcio non saprei neanche dirgli in che squadra sta ora Baggio o chi è in testa al campionato. Eppure il calcio italiano è famoso nel mondo e mi è capitato di vedere in negozietti di paesi sperduti manifesti dell’Inter o del Milan appesi alle pareti, oppure il resoconto di partite italiane nel telegiornale locale (a volte nel loro totocalcio sono inserite partite del nostro campionato).
Il tifoso comunque esagera nel senso contrario. Ovunque vada manifesta la sua passione in tutti i modi, non solo parlando sempre di calcio con i compagni di viaggio, ma cercando ovunque di organizzare la famosa partitella Italia-Squadra locale. Purtroppo i ragazzi del posto sono ovviamente ben contenti di farsi una partita di pallone contro i rappresentanti di una delle nazioni più forti nel gioco del pallone, e non li si può deludere. Quindi in breve vedi il tifoso contare i passi a gamba tesa tra improbabili oggetti messi in mezzo ad una strada polverosa che dovrebbero rappresentare le porte.
Il peggio viene dopo, quando bisogna formare la squadra, perchè i ragazzi del posto, giovani ed aitanti, sono 8 o 10 e quindi anche la squadra dei turisti deve raggiungere quel numero. Nel nostro gruppo, tolti quelli sotto i dieci anni e quelli oltre i 70 che finirebbero in ospedale (in questi incontri amichevoli sgambetti e calci sugli stinchi non si contano), rimangono in genere meno di 10 persone, me compreso.
Così nonostante le mie deboli proteste mi ritrovo a difendere l’onore dell’Italia all’interno di un’immaginaria porta sperduta in una strada polverosa, mentre il mio compagno di viaggio grida consigli per me incomprensibili alla nostra squadra improvvisata, come “dribbla a destra” oppure “marca al centro”. Il risultato di tali partite è sempre lo stesso: punteggi con qualche decina di gol a squadra (né può essere diversamente con me in porta e “lui” all’attacco), qualche contusione e per fortuna anche un po’ di allegria.
Altre manifestazioni del turista tifoso sono la ricerca nei luoghi più sperduti non di un qualsiasi giornale italiano ma della Gazzetta dello Sport (che incredibilmente spesso trova), e durante i mondiali la necessità di fare il tifo in gruppo durante le partite.
Ricordo che una volta accompagnando un gruppo in Thailandia mi sono ritrovato a chiedere ad un direttore d’albergo una saletta con televisore per vedere una partita alle 3 di notte. Il direttore perplesso mi ripeteva che in ogni camera vi era un televisore, ed io cercavo di far capire la necessità per il tifoso di vedere la partita tutti insieme. La saletta l’ho ottenuta ma il direttore non è riuscito a capire.