Un viaggio all’Isola di Pasqua, l’opera più maestosa e segreta del nostro pianeta, era per me un appuntamento magico con il passato e l’archeologia, più volte rimandato, ma al quale non avevo mai rinunciato. L’insieme delle sue caratteristiche geografiche e culturali avevano creato un alone di leggenda e mistero per me
irresistibile. E, se è vero, come si dice, che questa terra è mèta di sognatori e avventurieri, io appartengo alla prima categoria, avendo realizzato il viaggio ormai all’età della pensione.
Inoltre, vi ho anche aggiunto un lungo giro del Cile, il
“paese sottile”, come lo definiva Neruda, che si estende
dal Tropico del Capricorno fino al Circolo Polare Antartico.
Un’antica leggenda locale narra che quando il Creatore
ebbe terminato di formare la Terra, per non disperdere le
bellezze avanzate (monti, fiumi, laghi, boschi, deserti, tanto
mare e cielo blu) le gettò tutte insieme per formare quella
sottile striscia che oggi è il Cile. Questa leggenda rappresenta
molto bene quanto il Cile può offrire, mentre le parole di
Isabel Allende: “Vengo da una terra di montagne, cataclismi,
sangue indigeno e tragedia spagnola, dove l’onore e il
rancore sono per sempre, l’ospitalità è sacra, ed i vincoli
indistruttibili” rappresentano invece, quanto abbiano da
offrire i cileni stessi.
di Anna Maria Cartocci
Molto motivate, il 24 febbraio 2004 – Paola, Lucia ed io, ci organizziamo da sole e partiamo per Madrid poi da Madrid per Santiago del Cile.
25 febbraio 2004 – Dopo una sosta a Santiago, nel primo pomeriggio ripartiamo per la tanto attesa Isola di Pasqua o Rapa Nui (grande isola) che raggiungiamo dopo 5 ore di volo, accolte dai nostri ospiti con profumatissime collane di fiori!
Soggiorniamo alla Guest-haus “Puku Rangi Uka” dove possiamo anche affittare un’ auto per $ 50,00 al giorno.
L’alloggio si trova ad Hanga Roa, l’unico centro abitato dell’isola, la cui economia si regge soprattutto sul turismo, poi sulla pesca, l’agricoltura e l’allevamento.
L’isola di Pasqua è un pezzo di terra lontano da qualsiasi continente o arcipelago (il Cile e Tahiti si trovano a 4.000 km circa) che non si sarebbe mai potuto raggiungere prima che venissero inventate le caravelle.
Eppure, l’isola era già abitata quando un vascello olandese vi fece scalo il giorno di pasqua del 1722, ed ancora oggi il suo passato sfida gli occidentali dall’alto dei suoi Moai, le enormi statue il cui segreto è ancora oggi custodito dagli abitanti dell’isola.
È stato emozionante trascorrere la notte persa nell’immensa solitudine del grande oceano, distante da qualsiasi altra terra, su quest’isola vulcanica che s’innalza sopra le onde, la più lontana, più solitaria e distante possibile, con la consapevolezza di trovarmi proprio nell’ombelico del mondo.
26 febbraio 2004 – Al mattino, dopo una sosta alla deliziosa caletta dove galleggiavano piccole barche colorate, raggiungiamo Ana Kai Tangata, una grotta sul mare con delle interessanti pitture rupestri raffiguranti uccelli; poi arriviamo alle mura arcaiche di Ahu Vinapu un sito archeologico contenente due ahu, le piattaforme su cui venivano erette le imponenti sculture degli antenati chiamate Moai, entrambe con le rispettive statue divelte.
Dai segni lasciati sui moai, gli archeologi hanno ipotizzato che alcuni di essi sono stati scalzati dalle fondamenta, altri tirati giù con delle funi.
Ci colpisce la perfezione dei blocchi di pietra usata per la costruzione degli ahu; saliamo sulla sommità del cratere Rano Kau, un vulcano spento, da cui è possibile godere il panorama dell’intera isola e che all’interno nasconde, accanto alla sua piccola laguna, alberi da frutta e piante di vite.
Poi raggiungiamo il Parco nazionale di Orongo dove si è sviluppato il culto dell’uomo-uccello che comportava cerimonie in cui i capi dei vari clan si sfidavano per la supremazia mediante la conquista del primo uovo di manutara, un uccello migratore che depositava le uova sull’isolotto motu nui che è proprio di fronte ad Orongo.
Lungo il percorso incontriamo altre calette con dei moai a terra.
Arriviamo a Pukma dove vediamo dei biondi cavalli correre liberi: esiste tra questa popolazione, un sentimento di ammirazione e rispetto per questi animali che qui possono nascere e morire in completa autonomia.
Arriviamo al moai di Vaipu, non restaurato, poi a quello di Vaihu, situato nella baia di Haga Te’ e sulla costa sud dell’isola.
Continuiamo verso l’Ahu Akahanga, dove secondo una leggenda, il famoso re Hotu Matu’a, il fondatore di Rapa Nui, è sepolto lungo un lato dell’ahu.
In giro per la “mia isola” mi rendo conto che è proprio come l’avevo sognata: niente villaggi esotici o paesaggi da cartolina, ma scogliere nere tormentate dal vento ed erba dura che copre una distesa di pietre sparate dalle viscere della terra e con incredibili, enigmatiche, enormi statue che spuntano all’improvviso.
27 febbraio 2004 – Raggi- ungiamo l’unica spiaggia di sabbia fine Anakena, in una splendida insenatura circondata di palme da cocco dove, di fronte all’oceano blu intenso che si confonde con il celo, si stagliano cinque moai ben conservati accanto a due o tre divelti; troviamo Ahu Ature Huki con il suo unico, enorme moai, arriviamo all’Ahu Te Pito Kura, dove si trova il moai più grande mai trasportato dalle cave del Rano Kauad.
La statua, riversa a faccia in giù, è lunga oltre 10 m. ed in origine era dotata di un’acconciatura ovale anziché tonda come le altre.
La tradizione racconta che il moai e l’ahu siano state commissionate da una vedova per onorare il marito defunto.
Ad una quarantina di metri dall’ahu si trova una pietra tonda dalle forti caratteristiche magnetiche, portata, secondo la leggenda, dallo stesso Hotu Matu’a come simbolo dell’ombelico del mondo.
Visitiamo poi Ahu Tangariki con i suoi 15 imponenti moai (di cui 4 sono in restauro) e Ahu nau nau, con sette moai quasi tutti integri, quattro conservano ancora il Pukao, un cappello rosso scuro.
28 febbraio 2004 – Proprio dietro Tangariki si trova Ranu Raraku, una cava dalla quale si estraeva la pietra con cui venivano realizzati le statue.
Una salita, fatta anche di scale, snodandosi fra i tanti moai sparsi, ci porta in cima al cratere dove si trova una piccola laguna.
I moai sono stati trovati a diversi stadi di lavorazione, alcuni ancora eretti, alcuni appena abbozzati, alcuni abbattuti, altri non terminati ed ancora attaccati al terreno o parzialmente sepolti. Tra questi c’è il più grande in assoluto, che è alto circa 20 m. Uno spettacolo davvero surreale!
29 febbraio 2004 – Proseguendo lungo un paesaggio di singolare bellezza, visitiamo il sito archeologico Ahu Akapu e Ahu Tahai, centro cerimoniale in cui ci sono i Moai con gli occhi dipinti.
Ho provato una fortissima emozione, seduta ai piedi di una di queste misteriose statue, avvolta dal silenzio e con gli occhi chiusi a cercare di immaginare come queste antiche popolazioni vivevano o come lavoravano per costruire i loro idoli.
Poi ad Ahu Akivi, situato nell’entroterra e costituito da sette possenti moai restaurati.
La particolarità di questo sito è dovuta alla posizione delle statue che, pur guardando verso un villaggio, come tutti gli altri dell’isola, sono gli unici rivolti verso il mare.
Questa circostanza non è stata ancora spiegata, perché i Moai rappresentano gli antenati, e venivano eretti per proteggere gli abitanti dell’isola nei villaggi, per questo danno tutti le spalle al mare.
Poi arriviamo a Puna Pau, un piccolo cratere vulcanico dove veniva estratta la roccia rossastra in cui scolpivano i grandi copricapi (pukao).
1 marzo 2004 – Al mattino visita all’interessante piccolo museo etnologico di Hanga Roa, nei pressi di una zona con i resti di strutture ovali (a forma di barca) che si pensa fossero le case degli antichi abitanti.
Acquistiamo anche degli oggetti dell’artigianato locale, poi partenza dall’aeroporto Mataveri per Santiago del Cile, dove arriviamo in serata.
2 marzo 2004 – Santiago è una città elegante con quartieri ricchi di storia e cultura e quindi dai diversi stili architettonici. Meritevoli di nota sono ovviamente il Palazzo della Moneda, la Plaza de Armas con la Cattedrale (uno storico edificio coloniale) ed il quartiere universitario.
C’è molto di italiano ci sembra e ne siamo orgogliose.
Visitiamo anche un negozio con i classici oggetti in lapislazzuli e il Mirador, il Cerro San Cristobal, al tramonto che ci presenta una città estesa e trafficatissima.
Da Santiago partono tutti gli autobus che collegano la capitale al resto del Cile e poiché in Sud America tutta l’umanità si sposta in autobus, anche noi siamo volute partire per il Nord in pullman, con destinazione Antofagasta (4 ore).
Visitiamo la città con l’antica stazione inglese, l’animatissimo porto e la piazza Colon, della quale ammiriamo il bell’orologio donato dalla comunità inglese.
3 marzo 2004 – Da Antofagasta, partenza sempre in pullman (16 ore ma con molte soste) per San Pedro de Atacama. Arriviamo di notte.
Ricerca affannosa e al buio di un alloggio, ma siamo fortunate e alle 3 di notte finalmente troviamo una piacevole sistemazione in una camera aperta su un cortiletto alberato.
4 marzo 2004 – Al mattino la visita di San Pedro è sorprendente, con le casette bianche, un po’ di verde e qualche albero, cose che non eravamo più abituate a vedere da molti chilometri: Atacama è una vera oasi dello spirito: c’è il silenzio e la maestosità del deserto che dona a questa cittadina un’atmosfera incredibile, inoltre il vulcano Licancabur, alto quasi 6.000 m la domina con la sua forma conica perfetta e la cima ricoperta di neve e col suo profilo che si staglia e impone tra i tetti delle case.
Ci organizziamo per un tour archeologico in fuoristrada per ammirare i resti della città di Tulor, il più antico sito archeologico del deserto di Atacama, da cui nasce la loro storia, che si è conservato perché ricoperto dalla sabbia; poi il villaggio fortificato il Pukarà di Quitor dall’alto del quale si gode il panorama dell’oasi su cui sorge S. Pedro; nel pomeriggio poi un’escursione alla Valle della Luna, un paesaggio davvero lunare da cui emergono formazioni arenarie dalle forme bizzarre, tra le grandi dune di sabbia.
Proseguiamo per la laguna Tuyajto, poi il lago salato Salar del Talar al confine argentino.
5 marzo 2004 – da S.Pedro de Atacama per un tour alla Reserva Nacional Los Flamencos, con la visita di Toconao, un caratteristico “pueblo” o villaggio coloniale costruito in liparite (pietra vulcanica) quindi al Salar di Atacama, una distesa di sale di rara bellezza che si estende per circa 300.000 ettari con una larghezza di 100 chilometri.
All’interno del Salar si ammira la laguna Chaxa, habitat di varie specie di fenicotteri, poi ancora le lagune Miscanti, e Minigues a 4.500 m di altitudine, che sono dei laghi dei quali non si può esplorare il fondo, bellissimi e immersi nella caratteristica puna, la steppa bionda d’altura, con il loro anello di sabbia bianca intorno… un paesaggio unico.
6 marzo 2004 – Passeggiata per San Pedro, con le sue case di mattoni color caffè (il colore di Atacama) e le stradine di terra bianca, la Plaza de armos, la casa Incarica e l’immancabile chiesa nella piazza dove, al centro dell’altare c’è la Purissima ossia la Vergine.
La popolazione è Aymar gli indios indigeni che hanno raggiunto gli altopiani andini 12.000 anni fa e che oggi vivono di turismo, allevamento di lama e coltivazioni di cereali e patate.
Quasi solo turisti affollano le stradine ed i locali, creando una spensierata atmosfera multi etnica.
Qui c’è anche il piccolo museo archeologico di Gustave Le Paige che custodisce la piccola ma celebre mummia detta “miss Cile”. Nel pomeriggio, ci spostiamo in taxi alla Gola dei cactus, uno scenografico canyon cosparso di cactus enormi.
7 marzo 2004 – Partiamo che è ancora buio, per arrivare ai Geyser del Tatio, che si trovano a 4.300 m di quota.
Queste formazioni lanciano getti d’acqua di quasi 8 metri e formano colonne di vapore che producono un incanto quasi mistico, pur nella naturalezza della scena; vi restiamo fino a vedere la luna calare dietro la montagna mentre il sole sorge dal lato opposto.
Dopo le camminate fra i vari geyser, ci regaliamo anche un bagno nella piscina delle Terme di Puritana; inaspettatamente, a circa 30 km da San Pedro, il deserto offre delle piccole oasi chiamate banos de puritaneo.
Sono delle sorgenti calde di origine vulcanica, otto piccole piscine naturali nascoste tra i canyon e collegate da passerelle in legno che ci accolgono, a 3.600 metri di altitudine, con cascate di acqua vulcanica caldissima poi, poiché nel deserto niente è facile e le bellezze vanno sempre conquistate, fatichiamo un po’ scendendo a piedi tra le rocce, ma siamo ricompensate perché troviamo il bel villaggio di Caspana, con il suo caratteristico campanile e le sue casette costruite in pietra arenaria e, poco distante, il cerro Toconce con la valle ed il pukarà (fortezza) di Lasana, che risale all’antico pueblo Licanantay.
8 marzo 2004 – Raggiungiamo Chuquicamata dove visitiamo l’impressionante ed enorme miniera di rame a cielo aperto, la più grande del mondo, che si trova a sedici chilometri da Calama nel deserto di Atacama nel Cile del Nord.
L’impressionante voragine ha forma ellittica e misura 4,5 x 2,5 km.
Enormi camion, con ruote alte più di tre metri, trasportano le scorie minerarie lungo il percorso ad anelli che fanno pensare ai gironi infernali e si sviluppano dalla base della voragine allargandosi ad anfiteatro.
Quando cominciò l’estrazione, giunsero qui migliaia di minatori, la città che era stata costruita nelle vicinanze oggi sta morendo, mentre la miniera espandendosi sempre più, ha quasi raggiunto le case.
In Italia l’abbiamo vista nel film “I diari della motocicletta”, dove il giovane Che Guevara scagliandosi contro l’uomo che sceglieva i minatori, lo accusa di non avere rispetto per la loro miseria.
9 marzo 2004 – Partenza in pullman (7 ore) per Iquique facciamo un primo giro in città, poi pernottiamo.
10 marzo 2004 – Iquique, è una città affacciata sul Pacifico, nel cui porto vive una colonia di pellicani ed alle cui spalle si alza la cordigliera costiera.
È nota per Le raffinerie di Humberstone e Santa Laura: queste sono due antiche raffinerie di salnitro che
dal 2005 fanno parte del Patrimonio dell’umanità dell’UNESCO; visitiamo l’impressionante città morta,
costruita negli anni 30, dove vivevano
i minatori in una sorta di ghetto e infine arriviamo al deserto Tarapacà dove esiste il famoso Gigante de Atacama, un grande geroglifo che si trova sulla parete di un colle e rappresenta un guerriero stilizzato, alto circa 90 metri; il bordo della figura è realizzato con delle pietre di colore più scuro, che gli danno risalto.
Proseguiamo per Puntados un centro per la spedizione del salnitro, una volta importante, ma che oggi vanta un solo anziano abitante, e dove esiste un cartello stradale blu su cui è orgogliosamente indicato “HABITANTES n.1”.
Poi, percorrendo una parte della Pan-American Highway, arriviamo ad un’assurda ed enorme scultura, alta 11 metri e raffigurante una mano che esce dalla sabbia, opera di uno scultore cileno Mario Irarrázabal, che è un punto di interesse turistico o di curiosità fotografica.
11 marzo 2004 – Da Iquique partenza in pullman per Arica, al confine con il Perù.
Giriamo per la città, che ci appare subito una bella cittadina di mare, molto frequentata, dove la gente sembra molto accogliente e simpatica.
Mi colpisce che qui, come in tutto il Cile, siano disseminate rosse stazioni di pompieri i “Bomberos”, che al loro interno nascondono anche dei ristoranti chiamati La Bomba, molto economici e dove si mangia anche bene.
12 marzo 2004 – Abbiamo potuto vedere Arica dall’alto della collina (morro) che sovrasta la città, e lungo il mare, in alcuni tratti bellissimo, con il suo porto abitato da grossi pellicani.
Il vento ormai sta erodendo quasi tutta la collina e la forza dell’oceano che si abbatte sulla costa, sembra quasi faccia tremare la strada su cui passeggiamo.
Visitiamo la splendida cattedrale di S. Marcos, costruita da Gustavo Eiffel, ovviamente in acciaio e la sua “aduana” l’antica dogana, oggi Palazzo della Cultura, altrettanto bello.
Nel mezzo della piazza centrale, una vecchia locomotiva ricorda la ferrovia che collegava Arica a La Paz che fu costruita per consentire alla Bolivia di avere accesso al trasporto delle merci via mare (oggi non si effettua più). Visitiamo il “Pueblo artisanal” caratteristico mercato dell’artigianato e poi, per godere della vista del tramonto, torniamo al morro de Arica, la collina a picco sul mare che, meno romanticamente, fu un luogo strategico durante la guerra del Pacifico.
13 marzo 2004 – Da Arica ci organizziamo un lungo tour privato in fuoristrada, con Juan Segovia Aviles (via A. Gallo 677 tel 9-5452020/9-4762886) solo “signor Giovanni” per Lucia, che ha vissuto in Italia al seguito degli “Inti Illimani” un complesso famoso negli anni ’60.
Attraversiamo la Quebrada de Cardones dove vediamo i cactus candelabro, che è una specie gigante; proseguiamo verso Socorama, che in lingua Aymara significa “acqua che corre”, un piccolo villaggio di origini pre-incaiche, usato dai Spagnoli all’interno della rotta tra Potosí ed Arica.
È circondato da canali d’acqua e coltivazioni a terrazza d’origano, erba medica, fichi d’India e molti fiori. Arriviamo alle Terme di Putre, dove ci fermiamo per il pernottamento, non senza approfittare delle terme.
14 marzo 2004 – Da Putre partenza per il Parco National de Lauca, con il Villaggio Parinacota, piccolo e molto carino,dominato dall’omonimo monte, è abitato solo da cinque famiglie e nel centro ha la sua principale attrazione, una chiesa coloniale.
Poi il vulcano Pomerape al confine con la Bolivia, il lago Chungarà che, a 4.500 metri di altitudine (tra i più “alti” al mondo) offre una magnifica vista del vulcano Parinacota e la possibilità di vedere fenicotteri e altri uccelli acquatici; il Salar de Surire dove le acque blu formano l’habitat di tre diverse specie di fenicotteri.
È circondato da montagne e vulcani spesso innevati, ma vi è la possibilità di un bagno nelle acque termali di Polloquere, una piscina naturale a cielo aperto.
Per raggiungere il Salar si attraversa la “Reserva Las Vicuñas” (vigogne) zona molto interessante e selvaggia, e si fiancheggia il Guallatire, terzo vulcano attivo più alto al mondo.
Las Cuevas introduce all’altipiano, vi sono formazioni rocciose e caverne abitate oltre 9.000 anni fa, questa è una regione che ospita innumerevoli specie autoctone come il nandù di Darwin, la pernice della puna, il fenicottero del Cile, l’oca delle Ande, il cormorano olivaceo, la folaga gigante, il condor e l’alzavola. Tra i mammiferi vediamo il guanaco, la vigogna, il lama, l’alpaca, il puma, la volpe ed è anche possibile incontrare la viscaccia (piccolo roditore).
Poi arriviamo alla piccola chiesa Todos Santos di Isluga ,in prossimità dell’omonimo vulcano attivo, infine raggiungiamo Colchane, situato a 3.750 m dove pernottiamo.
15 marzo 2004 – Da Colchane ritorno ad Iquique e partenza in pullman per La Serena.
16 marzo 2004 – La Serena un giro in città, la seconda più antica del Paese, per vedere la Cattedrale, la Plaza de Armas nel cuore urbano, l’avenida F. De Aguirre nota come Alameda, il Faro monumental.
In questa piccola cittadina esistono anche degli osservatori astronomici, ed è molto caratteristica, coi suoi mercati e la sua gente, e si visita agevolmente.
Mi colpisce perché è piena di giovani, ma soprattutto piena di artisti di strada che vivono chiedendo l’elemosina. Da qui vorremmo partire per le isole Damas e la riserva naturale di Pinguini di Hulmot, con i leoni marini, otarie e delfini, ma per il mare grosso non è possibile l’imbarco. Pernottiamo sperando di poter partire l’indomani.
17 marzo 2004 – Neanche oggi riusciremo a vedere i pinguini! Torniamo deluse, al mercato e poi alla spiaggia infine ripartiamo in pullman per Valparaiso.
18 marzo 2004 – Valparaiso facciamo un giro in città, ci si presenta subito una vecchia cittadina dalla forma irregolare, aperta sull’oceano infinito, che conserva poche tracce di un passato coloniale, con una serie di stradine tortuose che si arrampicano cui colli o cerros.
Le salite sono facilitate dagli ascensores i famosi ascensori della città, molto caratteristici ed anche molto belli, che sono la vera particolarità del luogo, ammiriamo poi i murales, il Mercato Puerto, la Feria Artesania, facciamo anche un rilassante giro in barca, per ammirarla dal mare, infine pernottiamo. (una sistemazione spartana vicino alla stazione del Bus).
19 marzo 2004 – Ci rechiamo alla station Baron dove un trenino ci porta a Vina Del Mar che dista solo dieci chilometri da Valparaiso, ma che non potrebbe essere più diversa: infatti la città ci appare subito molto più organizzata, appariscente e mondana, possiede un Casinò dove si svolge un importante festival canoro (stile San Remo).
Ed ha molte spiagge ben organizzate, ma per il resto non c’è molto da vedere, salvo il Palacio Vergara, un’elegante residenza oggi sede del Museo de Bellas Artes, contornata di splendidi giardini.
Dopo questo giro in città, ripartiamo per Santiago.
20 marzo 2004 – Santiago, i tanti murales in giro per la città, raggiungono livelli di espressione artistica notevoli. Questa città a prima vista potrebbe sembrare fatta di solo traffico, smog ed evidenti disuguaglianze sociali.
Al traffico e allo smog siamo già abituate per provenienza, ma al resto ci è più difficile adattarsi. Vedere gente molto ricca (poca) accanto a gente povera (molta) fa davvero male, anche se in altri paesi dell’America Latina la situazione è addirittura peggiore.
Ma ci sono anche cose molto apprezzabili, come la gran quantità di aree verdi e le case in barro (fatte di terra e legno) che sono davvero belle.
Passeggiamo nel Barrio Bellavista, vediamo il mercado Central, il Cerro Santa Lucia, la funicolare, poi la Chascona come si chiama la casa di Pablo Neruda.
21 marzo 2004 – Visitiamo il Santiago Museo cileno de arte precolombiana, questo museo illustra la grande civiltà precolombiana che si è sviluppata in tutto il continente americano.
Aperto più di venti anni fa, ha un’importante collezione di più di 3.000 pezzi e coprono un periodo di circa diecimila anni di storia; le varie collezioni sono raggruppate per aree culturali: Mesoamerica, Caraibi, Amazzonia, Ande centrali e le Ande meridionali.
Questa esposizione offre altre preziose collezioni etnografiche tra cui alcuni oggetti della cultura Aymara e Mapuche.
22 marzo 2004 – Da Santiago, partenza per Madrid. Purtroppo da ora in poi vedremo solo interni di aeroporti e di aerei!
23 marzo 2004 – Scalo a Madrid e volo per Roma, si ritorna in Italia.
24 marzo 2004 – Trenta giorni molto intensi, per soddisfare un sogno, ma torno soddisfatta e sicuramente migliore perché, secondo Luis Sepùlveda, “Viaggiare è camminare verso l’orizzonte, incontrare l’altro, conoscere, scoprire e tornare più ricchi di quando si era iniziato il cammino.”