Roma – Milano otto ore… Manaus – Santarem
tre giorni su un’amaca… Nella seconda parte
del viaggio in Brasile incontriamo persone e
personaggi di ogni genere, famiglie con
bambini piccoli con le loro amachette,
studenti che tornano a casa dopo qualche
mese, un professore di biologia, operai e ragazzi.
di Cristiano Ioppi
L’idea di andare in Amazzonia e sul Rio delle amazzoni era un po’ come andare sulla luna… il polmone del mondo, uno dei fiumi più importanti, gli animali… tutto quello che si studia fin da piccoli e rimane nell’immaginario di ognuno come qualche cosa che non si riesce ben a definire finchè non te lo trovi di fronte.
Mi rendo conto che ho una visione romantica di certe cose, parlando con le persone più giovani di me noto una certa differenza. mi accorgo di essere di un’altra generazione, dove l’immaginazione aveva ancora un ruolo importante, dove non era così facile viaggiare e comunicare.
Tuttavia ritengo che sia anche la mia voglia di curiosare e di cercare di capire il mondo in prima persona, senza filtri a fare la differenza.
Dico questo perché ci tengo a precisare che questo è il mio viaggio e il mio racconto, dove le fotografie raccontano molto più delle parole e per me è molto più facile comunicare con le immagini che non con le parole. Le mie parole sono ancora più ingenue e prive di sovrastrutture delle mie fotografie.
Chiudiamo questa parentesi e ricominciamo dal punto della partenza…
Si parte da Rio destinazione Manaus con uno scalo a Brasilia, qui ci siamo fermati per qualche ora in aeroporto e per di più di notte, ma è stato sufficiente per riflettere su certe cose… quando si è in viaggio la mente è più flessibile e ricettiva. Brasilia, che abbiamo potuto vedere solo dall’alto nasce nel centro del Brasile, ed è una città sorta di recente, con un progetto di città modello, con una storia interessante.
Nasce da un progetto di sfruttare le enormi risorse dell’entro terra, presentato per la prima volta nel 1823, dove era prevista la costruzione di una capitale che catalizzasse lo sviluppo economico.
La storia racconta che l’ubicazione di Brasilia fu influenzata anche dall’italiano Giovanni Bosco (don Joao Bosco) un prete salesiano di Torino che sognò l’emergere di una civiltà nel centro del brasile, il sogno di don Bosco divenne talmente popolare tra i brasiliani che nella costituzione del 1891 venne stabilito che una parte del territorio fosse destinata alla costruzione di una nuova capitale che fu realizza solo nel 1950. Brasilia mantiene un bell’aspetto e dall’aereo ci si rende conto proprio di questo, la città è diventata anche patrimonio dell’umanità, come esempio autorevole dell’architettura e della pianificazione urbanistica, ma sembra che questa pianificazione sia stata pensata più per le automobili e per i condizionatori che non per gli uomini, le distanze sono enormi e pochi sono gli alberi.
Una conferma di come il valore della vita qui sia diverso da ciò a cui siamo abituati. la città è stata completamente realizzata in tre anni, impiegando milioni di poveri contadini 24 ore al giorno, con costi in termini umani ed economici di vastissime proporzioni, il presidente Kubitschek convinse i brasiliani che Brasilia sarebbe stata il simbolo della determinazione e della capacità del paese, distogliendo l’attenzione della popolazione dai problemi economici e sociali che continuavano ad affliggere il paese.
Dopo Brasilia si arriva a Manaus nel centro della foresta amazzonica, e qui la più grade sorpresa, (ho sempre pensato di arrivare qui e di trovare le scimmie e gli indios per la strada, una visione distorta e romanzata di questa città), il caldo era l’unico elemento che coincideva con la mie fantasie, tra i 40 e i 50 gradi con tassi di umidità altissimi! durante il giorno è veramente faticoso camminare per la strada, sconsigliabile per chi ha problemi di pressione e di cuore.
Di Manaus ho avuto un’impressione migliore delle mie aspettative, ne avevo sempre sentito parlare da altri brasiliani come di un paese poverissimo con gente rozza, ma non è certamente così, è vero che sono più poveri rispetto al resto del Brasile, ma tutti sono più poveri e forse è proprio questo a rendere Manaus meno pericolosa e priva di quella sensazione di violenza che si sente dove le divisioni sociali sono grandi e nette.
Ho trovato invece una civiltà, con un grande orgoglio e dignità, dove le persone hanno degli sguardi leali e diretti, sono poveri… molti poverissimi, ma ci sono anche tanti studenti e molti parlano anche un po’ di inglese, difficile da parlare in Brasile, insomma, potremmo dire: delle persone per bene.
La prima cosa da fare è cercare un alloggio, qui ci siamo affidati alla guida, come al solito la sistemazione più economica possibile e anche questa volta siamo stati fortunati, abbiamo trovato una pensione al centro della città, abbastanza accogliente e con l’aria condizionata, non si può soggiornare a Manaus senza avere l’aria condizionata, io non ne sono un amante ma lì è veramente indispensabile se si vuole riposare tranquilli senza soffrire troppo il caldo e non essere divorati dalle zanzare.
Il tempo di posare zaini e farci una doccia e subito correre a vedere il fiume, il Rio negro per la precisione, il rio delle Amazzoni prima di diventare tale è diviso in Rio Negro e Rio Solimoes, ed il Rio Negro è qualche cosa di eccezionale, è immenso non sembra neanche un fiume, non si può descrivere, forse solo le fotografie possono rendere l’idea.
Rimaniamo così un paio d’ore ad ammirare il fiume ed il porto seduti ad un caffè riflettendo se sia meglio andare nella foresta sul ramo del rio Negro zona più tranquilla con meno zanzare ma anche meno animali oppure sul Rio Solimoes più impervio con tante zanzare ma anche più ricco di animali. siamo indecisi così cerchiamo una guida, o qualche agenzia che ce ne possa fornire una che ci sappia aiutare nella decisione.
Una vera impresa, nella zona del porto e della stazione ci saranno centinaia di agenzie che propongono tour nella foresta, del fiume, ma ci sono anche le guide più o meno abusive o fai da te. ogni dieci metri ci fermano per poterci convincere ad andare con loro, non siamo convinti ma siamo anche esausti quindi alla fine della giornata torniamo verso la pensione, e proprio accanto alla pensione troviamo un’agenzia, anzi no c’è un strano tipo brasiliano che fa finta di accompagnarci perché vuole la percentuale dall’agenzia, ma ormai è quasi un mese che siamo in Brasile e siamo abituati a tutto.
Entriamo e conosciamo Vittorio, brasiliano, che parla un po’ d’italiano, siciliano per la precisione, siamo esausti ma eccitati, ci vuole vendere di tutto, viaggio in gommone, risalire il fiume, escursione in Perù, non ci interessa ma lo stiamo a sentire perché è uno spasso, abbiamo solo sei giorni non possiamo fare pazzie, non possiamo spendere molto e soprattutto dobbiamo conservare un po’ di energia e di tempo per quello che vogliamo fare dopo… non voglio anticipare niente…
Decidiamo per il logge sul Rio Negro: poche zanzare, pochi animali ma comunque nel cuore della foresta con visita al villaggio dei nativi e pernottamento in amaca nella foresta, visita all’incontro delle acque, pesca dei piranas ed escursione notturna per la cattura dei caimani. ok prendiamo questo, in fondo siamo qui e qualsiasi cosa va bene, basta che si dorma in amaca sull’acqua, non ci sia la corrente elettrica, si mangi male e si faccia il bagno con i piranas.
Appuntamento sotto l’albergo per la mattina dopo: paghiamo, firmiamo e ce ne andiamo. ciao Vittorio!
Mattino dopo, sotto l’albergo: ci avranno tirato il pacco? (pensiero ricorrente) No!
Ecco un omone che scende da un pulmino VW sgangherato che è venuto a prenderci per portarci al porto… ma?!
Il porto, non è quello che avevamo visto il giorno prima, è un piazzale di fango con le passerelle fatte di assi di legno in mezzo a palafitte cadenti e ad un mercato dagli odori nauseabondi, questa volta è finita! Invece no arriva il nostro battello, saliamo, ognuno monta la propria amaca, siamo noi ed altre due persone, un ragazzo giapponese e una donna di S. Paolo, è chiaramente un battello turistico e la confezione di tutto questo tour è tale anche se qualche piccolo rischio c’è (gli insetti e i ragni), ma non abbiamo altra scelta, in fondo è la prima volta che veniamo qui e le sostanze non sono tante… ma ci va bene così, trascorriamo quattro giorni rilassandoci. I nostri giorni nella foresta Amazzonica hanno inizio con l’incontro delle acque del rio Negro e del rio Silomoes.
Il Rio Negro è veramente nero, l’acqua non è torbida o melmosa ma nera come il caffè, ciò è dovuto all’alta alcalinità che non permette alle sostanze organiche di decomporsi rimanendo così in sospensione in microframmenti, proprio come un té o un caffè, mentre il Rio Solimoes ha l’aspetto classico di un grande fiume, di colore argilloso e con acque più torbide, quando i due fiumi si incontrano la caratteristica è che le loro acque non si mescolano subito le une con le altre ma proseguono parallelamente per una decina di chilometri.
Questa particolarità dipende dalla diversa temperatura, acidità e densità. Il battello che ci accompagna verso la foresta a nord di Manaus fa un piccola deviazione verso sud-ovest per farci assistere a questo fenomeno, il tempo di scattare qualche foto e partenza verso il logge nella foresta.
La foresta è veramente un monumento, il fiume è un monumento, di quei giorni trascorsi nella foresta e sul fiume ciò che più rimane dentro, sono l’acqua, la vegetazione e il cielo.
Il tour è chiaramente tutto organizzato ed in sostanza ciò che abbiamo fatto è quello che fanno più o meno tutti quelli che vanno nella foresta Amazzonica per la prima volta. di notte ci si inoltra nella foresta allagata in barca dove la guida cerca di catturare dei piccoli alligatori, la mattina si va a pescare i piranas con delle canne di bamboo, filo, ami e carne, l’escursione in un tratto di foresta molto conosciuta dalle guide, la visita nel villaggio dei nativi.
A questo proposito ci sarebbe da fare una considerazione sulle condizioni di vita di questa gente e sul loro sfruttamento da parte delle agenzie turistiche e delle multinazionali. infatti non riesco tranquillamente a far loro delle foto, non riesco a trattarli come degli animali da zoo, l’unica foto l’ho scattata perchè ce l’ha chiesta la nostra guida con la quale avevamo fatto amicizia, voleva una foto con i suoi parenti.
Questi sono i problemi di questa professione, è facile tornare da un posto lontano con delle belle foto d’effetto e toccanti ma dietro ad ogni viso, dietro ogni scatto, dietro ogni micro realtà ne esiste sempre una più grande che un semplice scatto auto celebrativo può nascondere.
Quindi la scelta si fa decidendo di essere coerenti con se stessi o cercando la sensazionalità o l’estetismo ad ogni costo, io ho deciso per la prima, la vita è fatta di rapporti, di condivisioni non certo di fotografie anche se queste possono aiutare a capire, rendere la vita più piacevole e a me a vivere.
Quello che rimane è il ricordo delle sensazioni che sono più forti, il silenzio delle ore più calde, siamo praticamente all’equatore, il caldo è talmente forte che non ci sono animali in giro nemmeno le mosche, il niente ed il silenzio… La vastità degli spazi, attraversare il fiume su queste barchette, canoe a motore, e non riuscire a capire dove inizia e dove finisce il fiume, siamo niente!
La solitudine, pochi giorni vissuti da noi… ma in compagnia di persone che vivono questo stato da una vita e che trasmettono una sensazione intensa di forza che la solitudine inevitabilmente ci dà soprattutto in posti impervi come questo… La mattina svegliarsi all’alba e mentre si fa colazione vedere uscire dall’acqua immobile dell’insenatura dove si trova il logge, il dorso del delfino rosa del rio delle Amazzoni…
Fare un tuffo nel fiume che permette a questa foresta di crescere e sopravvivere, che dà respiro a gran parte della terra, è come fare un tuffo nelle acque di tutte le mamme… La partenza da questa primordiale esperienza anche se turistica e organizzata è un colpo nel petto, nessuno parla durante tutto il viaggio di ritorno, ogniuno nel suo angolo a salutare il fiume e la foresta, riesco solo a fare qualche scatto.
Ritorniamo a Manaus nella nostra pensione, ci guardiamo in faccia e non vediamo l’ora di ripartire, per quello che avevamo pensato fin dalla partenza dall’Italia, discendere il rio delle Amazzoni con un battello consapevoli che il viaggio fino a Santarem sarebbe stato di tre giorni e tre notti, dormendo in amaca con altre centocinquanta persone circa, dobbiamo solo cercare chi ci può fare il biglietto per questo traghetto. Non tutte le agenzie trattano certi articoli per i turisti, anche qui dopo una ricerca affannosa troviamo chi è disposto a farci avere il biglietto, non è proprio previsto che i turisti usufruiscano di questo trasporto, anche il titolare dell’agenzia cerca di dissuaderci dal partire con queste barche, perchè è scomodo, pericoloso ed è lento. noi vogliamo partire così, arrivare a Santarem a metà strada verso l’oceano e da lì riprendere il volo che ci riporti a Rio.
Riusciamo a prendere il battello, bisogna salire e montare la propria amaca nel secondo livello dell’imbarcazione, tutti devono mettere la loro amaca, siamo circa centocinquanta, così si crea un groviglio di amache, strati di amache, si dorme non solo uno attaccato all’altro ma anche uno sotto l’altro. Di queste centocinquanta persone noi siamo gli unici occidentali, siamo riusciti a capire di questa gente in questi tre giorni cose che forse non avremmo mai capito in un mese.
Chiaramente siamo diventati subito l’attrazione del viaggio, così in un modo o nell’altro abbiamo conosciuto un po’ tutti. è difficile per loro spostarsi da una città all’altra, gli aerei costano troppo, la foresta è impraticabile e l’unica strada accessibile è la transamazzonica ma non lo è di fatto, molti tratti sono allagati ed è spesso percorsa da ladri e delinquenti di ogni genere. così sono costretti a spostarsi con questi battelli, e qui apro una parentesi per dire che vengono sfruttati anche su questo, il viaggio non è economicissimo per loro e vengono veramente stipati su queste bagnarole che partono ogni cinque giorni circa, infatti succede ogni tanto che qualcuna si ribalti o affondi, chiusa parentesi.
Sembrerebbe che sia l’unico modo per spostarsi per tutti vista la varietà di persone che lo usano, la cosa che ci ha lasciati come dire spiazzati è l’umanità, la cordialità con la quale siamo stati accolti in questa comunità. tra di loro molti non si conoscevano ma forse l’abitudine alla scomodità, alla fatica, li riuniva in questo viaggio, così che si usavano confidenze tra estranei che ormai da noi sarebbero improponibili, certe cose me le ricordo solo da bambino quando si prendeva l’espresso per andare da Roma a Milano otto ore…
Manaus Santarem tre giorni su un’amaca… incontriamo persone e personaggi di ogni genere, famiglie con bambini piccoli con le loro amachette, studenti che tornano a casa dopo qualche mese, un professore di biologia, operai, ragazzi che si erano spostati a Manaus in cerca di lavoro e di un posto più tranquillo dove vivere, Santarem non è certo uno dei posti più tranquilli che ci sia, una ragazza sola che era andata a trovare il fidanzato e ora stava tornando a casa, con la sua amaca rosa con i pizzi mette in carica il telefonino perchè a metà strada si passa vicino ad un villaggio con un ripetitore così può vedere chi l’ha chiamata e sentire il suo ragazzo, ci dice lei.
Uno spaccato di mondo dai neonati agli anziani, colti e meno colti, ricchi ma non abbastanza e poveri, e poi noi abbastanza ricchi ma senza quella capacità di comunicare e quella nobiltà…
La giornata trascorre tra il ponte con le amache, a sonnecchiare, leggere, mangiare, fare due chiacchiere e il ponte superiore sempre sonnecchiando mangiando e facendo due chiacchiere però a ritmo di samba, ininterrottamente suona la musica di giorno e di notte, ma la cosa curiosa è che i ragazzi la sera dopo essere stati tutto il giorno sulle amache e aver gironzolato, si vestono per bene si pettinano salgono sul ponte superiore e ballano cercando di rimorchiare le ragazze… avrebbero potuto farlo anche di giorno, forse la sera non li vedevano i genitori… ma?!
Dopo tre giorni e tre notti arriviamo a Santarem e qui il Brasile ci fa un’altro dono, Santarem nell’insieme ha il fascino di una città decadente, fuori dal mondo che vive in funzione dei trasporti sul fiume, dove nel porto anziché i gabbiani e per le strade anziché i piccioni ci sono gli avvoltoi e questo rende l’idea dell’atmosfera, ma il regalo è scoprire che nell’interno della foresta c’è un villaggio molto tranquillo sulle rive di un lago, così decidiamo di passare lì due giorni per riposarci un pò.
Prendiamo il nostro solito taxi con tassista pazzo ma ormai siamo abituati e ci facciamo portare ad Alter do Chao, il paradiso, una laguna d’acqua dolce cristallina, circondata da spiagge bianche, attraversata da una lingua di terra bianca sormontata da palme. tutto il villaggio intorno sembra abitato da artisti un po’ alternativi, brasiliani ma anche occidentali, italiani, olandesi, australiani, che convivono pacificamente con gli indigeni. decidiamo di fermarci qui un paio di giorni per riposarci. voglio concludere il mio racconto con questa immagine e la speranza che ci sia più rispetto per il sud del mondo e per la natura, anche se in queste ultime righe la mia polemica e la vena critica si è un po’ attenuata, non posso dimenticare ciò che ho visto: petroliere nel rio delle Amazzoni, fogne a cielo aperto, raffinerie sulle sponde del fiume…