La sindrome da pastasciutta.
L’esploratore è attrezzatissimo:
ha il potabilizzatore per l’acqua,
le barrette energetiche, le pastiglie
contro la disidratazione, le pinze
multiuso americane (hanno sostituito
i coltellini svizzeri) e soprattutto ha il GPS.
di Giuseppe Bacci
Questa è una sindrome che colpisce un po’ tutti gli italiani (specie maschi) all’estero. Si presenta con sintomi di astinenza dopo alcuni giorni che non si mangia la pastasciutta. Il malato inizia a chiedere dove può trovare un ristorante italiano, cerca in ogni menu se esiste la voce spaghetti (o i ben noti sinonimi spagetti, macaroni ecc.), chiede ai camerieri dell’albergo dove si mangia a buffet se è possibile preparargli un piattino di spaghetti espresso. Normalmente non riesce a soddisfare la sua voglia, ma se malauguratamente trova nel menu spagetti alla rabbiata senza esitazione li ordina.
Ora penso che chiunque con un po’ di buon senso possa capire che un cuoco che scrive gli spaghetti all’arrabbiata in quel modo non abbia nessun idea di come siano e di come debbano essere cucinati, così quando arriva un piatto con un groviglio di vermicelli bianchi con sopra un peperoncino sano lungo 10 cm, il nostro dopo averlo assaggiato comincia a lanciare improperi contro il cuoco, il paese ospite, la guida, il tour operator ed il fato avverso.
Eppure è risaputo che in tutto il mondo (tranne in Italia) gli spaghetti piacciono scotti. Simile allo spaghettaro è il caffeinomane, che cerca invano un caffè ristretto (tipo espresso) quando in tutto il mondo (tranne in Italia) il caffè piace annacquato. Noi camperisti comunque non soffriamo di questi problemi in quanto siamo sempre ben riforniti di pasta, caffè, liquirizie ed altri generi di prima necessità introvabili al di fuori dei confini nazionali. Resta comunque la soluzione migliore cercare di mangiare quello che mangiano i locali, magari cercando di selezionare i piatti a noi più gradevoli senza farsi turbare dall’aspetto.
L’esploratore, invece, lo si riconosce subito dall’abbigliamento: il gilè color caki dalle molte tasche, occhiali da sole e cappello. L’esploratore è attrezzatissimo: ha il potabilizzatore per l’acqua, le barrette energetiche, le pastiglie contro la disidratazione, le pinze multiuso americane (hanno sostituito i coltellini svizzeri) e soprattutto ha il GPS.
Questo strumento gli permette di sapere in ogni momento dove si trova, in che direzione va, quanti chilometri dista casa sua ecc., informazioni che è ben lieto di passare a chi gli è vicino, magari con una bella spiegazione su come lo strumento si possa collegare a casa con il computer in modo da avere tutti i grafici possibili sugli spostamenti fatti durante il viaggio.
Ora è vero che il GPS è uno strumento utile per chi affronta il deserto o percorsi di trekking, ma il nostro lo usa come un video gioco: vi rimane incollato per ore, provando le funzioni più strane ed armeggiando con l’antenna. Con il procedere del viaggio in genere l’esploratore mette in luce tutte le sue carenze: non sa guidare su sterrato o su neve, ha viaggiato poco, è intimorito dagli abitanti locali ed ha paura ad allontanarsi dai compagni di viaggio. In effetti più che un esploratore è meglio definirlo un aspirante esploratore.
Comunque è conscio dei suoi limiti ed in genere è un piacevole compagno di viaggio, basta non farsi invischiare in discussioni sul GPS. forse lo incontrerete di nuovo qualche anno (e molti viaggi) dopo, ormai disinvolto, alle prese con qualche avventura in solitario.