È cominciato con la possibilità di un biglietto a basso costo per Buenos Aires (€ 471,00), segnalatomi da amici circa 4 mesi prima. L’Argentina, ma quale Argentina avrei visto? Buenos Aires per quanto interessante, da sola non vale il viaggio e allora… Patagonia, Terra del fuoco, Penisola Valdès, Salta, Misiones, Cuevas, troppo. Bisognava scegliere, con criteri economici e climatici. Scartando il nord per le temperature elevatissime (40°, a gennaio è estate in Argentina) restava il sud, impossibile
da vedere durante il loro inverno, ma freddo sopportabile e comunque bellissimo in questo periodo. Essendo in tre, però, avevamo interessi diversi, così siamo partiti avendo prenotato solo l’alloggio a Buenos Aires, rimandando le decisioni.
di Anna Maria Cartocci
Arrivo a Buenos Aires (il 20/01/10) e subito alla “casa de Gerard”, un alloggio frequentato da appassionati di tango argentino di tutte le nazionalità, che per lo più tornano e si ritrovano ogni anno.
Ci aveva pensato Franca, la tanguèra nostra compagna di viaggio che viene qui da 9 anni!
Una buona sistemazione in un ambiente simpatico e familiare ad un costo molto ragionevole (€ 100,00 a settimana) con camera singola, uso di cucina, bagno in comune e possibilità di lezioni di tango (al 249 della 33 orientales).
21/01/10 Franca cerca di guidarci nella scacchiera del centro, ma con gli isolati geometrici (quadras) non è particolarmente difficile.
Cerchiamo subito delle agenzie turistiche per informarci sulla possibilità ed i costi di un tour, il più completo possibile, al sud.
Ne consultiamo tre, che ci prepareranno un preventivo.
Poi proseguiamo per ore, senza una meta precisa, osservando incuriositi case, palazzi, piazze, negozi, parchi ecc. per cominciare ad abituarci alla vastità di Buenos Aires.
Facciamo la spesa in uno degli innumerevoli supermercati, tutti rigorosamente gestiti da cinesi, con prezzi per noi molto convenienti.
Al cambio l’euro vale 540 pesos argentini!
22/01/10 La visita dei vari quartieri (barrios) di Buenos Aires comincia a sud della città, con La Boca un vivace quartiere operaio dell’inizio del XX secolo, oggi famoso per le case in lamiera ondulata dai colori sgargianti, per il turistico locale “caminito”, per gli artisti che vi brulicano.
Passeggiamo tra i vicoli e lungo il fiume, fra le bancarelle di un interessante mercatino artigianale, continuiamo passando per la Bombonera il glorioso stadio della squadra Boca Junior dove giocava Maradona, oggi diventato un mito per gli argentini, come Evita Peron, Carlos Gardel, e Che Guevara, che qui troviamo raffigurati ovunque.
Pranziamo, per pochi pesos, in una “bettola” accattivante ma sincera, un po’ defilata e quindi non ancora frequentata da turisti.
23/01/10 Si continua la visita con “calle florida” una via del centro elegante e commerciale, dove impazzano i saldi e dove Franca fa spese da sfoggiare al tango!
Passeggiamo in un’atmosfera festosa e vociante, fra venditori ambulanti di fiori, giornali, pellame, lustrascarpe, paseador (dogsitter) con decine di cani di diversa razza e taglia al guinzaglio, il tutto accompagnato dal ritmo del tango che proviene da chissà dove.
Finalmente possiamo conoscere il prezzo del nostro tour (6600 pesos ossia 1250,00 € per 10 gg. comprensivo di aerei, albergo, pullman, accoglienza ed accompagnamento all’aeroporto) ma anche la decisione di Franca di voler rinunciare al viaggio!
24/01/10 Andiamo al barrio San Telmo con la graziosa plaza Dorrego, piazzetta quadrata e alberata che, con bar e tavolini all’aperto, ricorda molto l’atmosfera parigina e la domenica si trasforma in un grande mercato delle pulci, con oggetti davvero interessanti ormai introvabili da noi, a prezzi onesti.
Fino alla fine del XIX secolo questo era un quartiere residenziale di famiglie ricche che, trasferitesi nella parte nord della città, furono poi sostituite dagli artigiani.
È molto allegro, pieno di giovani artigiani o artisti, musicisti solitari o con orchestrine, negozi di souvenir ecc. e, nel pomeriggio, smontate le bancarelle degli antiquari.
Si balla il tango!
Si stendono grossi cartoni, si uniscono con del nastro adesivo, si monta lo stereo, e via… giovani, e meno giovani, con jeans o abiti da sera, tacchi a spillo o scalzi, si esibiscono volteggiando sulla pista improvvisata.
25/01/10 I miei amici mi convincono, visto il mio atteggiamento critico, che è necessaria una visita ad una delle sale più antiche e famose della città la Confiteria IDEAL dove ancora si ballano tango e milonga, anche nel pomeriggio.
Certo, qui l’atmosfera è diversa, la sala bellissima, con specchi ed arredi originali, i “tanguèri” si atteggiano a machi, le dame esagerano in sensualità, ma i miei dubbi sulla filosofia del tango restano: non lo vedo come espressione di genuinità popolare anzi, lo trovo costruito, una risposta alla richiesta turistica attuale.
Su questo si è innescata una polemica con la mia amica Franca che vi sente invece, spiritualità e trasporto quasi mistico.
Forse non ricorda che questa danza è nata nel 1880 fra gli emigranti, i quali essendo soli in terra straniera, lo ballavano tra loro nei bordelli, con ambigua virilità e che le donne vi si sono inserite solo molto più tardi.
26/01/10 Molte cose mi attraggono di Buenos Aires, ad esempio il fascino retrò del metrò linea A, il subte.
Il primo treno partito dalla Plaza de Mayo il 1° dicembre 1913 è ancora in servizio, con i suoi sedili in legno, i lampioncini, le porte da aprire e chiudere a mano; belli anche i muri delle stazioni della linea C, ricoperti di azulejos (maioliche bianche e blu); esistono in tutto 5 linee moderne di metrò che attraversano sapientemente la città, rendendo agevoli gli spostamenti anche nell’enormità delle distanze.
Inoltre vi è una buona rete di autobus collettivos ed una serie infinita di taxi gialli e neri tachos a buon prezzo (una corsa tra il centro e la Boca 15 pesos, cioè 3 €).
27/01/10 Nell’attesa della partenza per la Patagonia e la Terra del Fuoco, continuiamo la conoscenza approfondita della città.
Visitiamo ammirati El Ateneo un ex teatro oggi trasformato in elegante libreria, dove ci si può soffermare a leggere nei palchi, oppure si può bere un caffè (sconsigliato agli italiani) sul palcoscenico trasformato in bar.
Visitiamo La Recoleta quartiere elegante con il famoso cimitero monumentale; la lunga Avenida de Mayo con lo storico caffè Tortoni che conserva intatti gli arredi del primo 900.
La famosa Plaza de Mayo con la Casa Rosada e con i panuelos disegnati sul lastricato, che rappresentano il simbolo della protesta delle madri dei Desaparecidos e che inevitabilmente ci fanno inorridire pensando a quanto avvenuto durante la dittatura militare.
Poi Puerto Madero, quartiere di tendenza, dove i vecchi magazzini portuali, in mattoni rossi, sono stati ristrutturati e trasformati in locali o ristoranti di lusso.
Poco distante, alle spalle del porto, si elevano imponenti grattacieli, sedi di imprese e società. È proprio bella Buenos Aires, forse proprio per le sue contraddizioni.
28/01/10 Io e Renato partiamo che è ancora notte, diretti alla penìnsula Valdés, riserva naturale dichiarata patrimonio dell’umanità dall’Unesco.
È stata scoperta da Magellano ed è popolata da una colonia di pinguini che portano il suo nome.
Arriviamo all’approssimativo aeroporto di Trelew, da dove ci trasportano in auto (60 km) a Puerto Madryn, punto di partenza ideale per visitare la penisola.
È una vivace cittadina con un lungomare di 3 km cosparso di negozi di souvenir.
Il nostro Hotel, “Peninsula Valdés”, affaccia su una lunghissima banchina, popolata di giovanissimi pescatori, e sulla rada dove staziona un’enorme nave da crociera.
Facciamo una lunga passeggiata, ma il vento che soffia implacabile ci fa lacrimare e ci costringe a rifugiarci in una “pizzeria” (neanche tanto male).
29/01/10 Iniziamo il Tour della penisola, da Puerto Madryn all’istmo Ameghino da cui si possono vedere contemporaneamente i due golfi: Nuevo e San José; fin qui abbiamo incontrato solo pecore che pascolavano libere.
Raggiungiamo Puerto Piramides: qui l’ambiente è davvero bello!
Sono solo poche case, ed una spiaggia ben riparata ma senza il molo: le barche vengono quindi rimorchiate in acqua da un trattore.
Prendiamo il largo per avvistare le balene (?), le orche (?), i delfini, i cormorani, i leoni e gli elefanti marini.
Dalla barca si capisce anche perché il villaggio si chiama così, basta guardare la falesia, alta circa cento metri, che ha l’esatta forma triangolare!
Poi ci dirigiamo a Punta nord, per vedere davvero leoni ed elefanti marini: ve ne sono in gran quantità sdraiati al sole sugli scogli! A Punta Delgada troviamo altri elefanti marini con i loro cuccioli.
A Caleta Valdès , un’immensa lingua di terra e sassi che si allunga dalla penisola, passeggiamo, col sole che splende accendendo i colori dal verde muschio al ruggine, fino al faro, poi ci incantiamo davanti ad alcuni buffi pinguini.
Qui, improvvisamente, veniamo sorpresi da una bufera di vento che, alzando un polverone grigio, in un attimo cancella i meravigliosi colori appena visti.
A stento raggiungiamo la Estancia La Elvira per il pranzo.
Riparati all’interno della sala, in un atmosfera irreale per assenza dei colori al di là dei vetri , consumiamo allegramente un gustoso cordero a la cruce ossia un agnello crocifisso sullo spiedo!
30/01/10 Ci dirigiamo a punta Tombo, riserva naturale e area protetta, dove i pinguini nidificano.
Qui vive una grande colonia di piccoli pinguini, detti “di Magellano”, che scorrazzano dal promontorio al mare, incuranti dei visitatori e per niente intimoriti.
Sono venuti qui nel 1947, chissà perché, e tornano tutti gli anni.
Ce ne sono un infinità, da soli o in gruppi, in fila o sdraiati, che passeggiano sulla ghiaia o si tuffano in mare …una meraviglia!
Ci tratteniamo a lungo, tentando la difficile impresa di fotografarli tutti, perché ognuno era più buffo dell’altro e sembrava che si allontanassero offesi se non gli si dedicava uno scatto!
Ci fermiamo poi a Gaiman, un villaggio fondato nel 1884 dai primi coloni gallesi.
In quegli anni infatti gli argentini per evitare che i cileni si installassero nella zona, cedettero 25ha di terra ad ogni famiglia di immigrati gallesi.
È formato da una larga strada polverosa con piccole case in mattoni rossi -ha più un aspetto da far west che da villaggio del sud argentino- ma le sponde del rio Chubut così verdi e fiorite lo riscattano; ci sono anche le sale da tè (casas dé tè) luoghi in cui resistono le tradizioni gallesi di dolci e tè a qualsiasi ora.
Ovviamente ne approfittiamo, fermandoci alla “TY GWYN”.
Dopo aver ceduto alla gola, ci puniamo con il museo paleontologico di Trelew “Egidio Feruglio” ed i suoi scheletri (28 pesos).
31/01/10 Di nuovo in volo, per El Calafate.
Arriviamo con un gran sole; la temperatura non sembra poi così fredda e il paese è delizioso, pieno di fiori e villette accoglienti.
Anche il nostro “Hotel Kapenke”, costruito con grande impiego di legno, ha l’aspetto di una baita.
Le strade sono larghe, con bei giardini, molti bar con tavolini esterni, negozi di souvenir; ha alle spalle la cordigliera delle Ande e di fronte la laguna Nimes con i suoi aironi rosa ed i cavalli al pascolo in una pampa erbosa spazzata dal vento.
Ma è soprattutto, il punto di partenza per visitare il parco naturale dei ghiacciai.
1/02/10 Partenza per il ghiacciaio Perito Moreno attraverso una strada con scorci panoramici bellissimi; sosta al lago Argentino: immenso, di un intenso blu che spicca nel verde circostante e a metà del quale passa la frontiera Cilena.
Improvvisamente, dietro una curva, ecco che appare -sul palco azzurro del lago- questa enorme massa di ghiaccio che forma un bianco, accecante sipario, a darci la prima emozione.
Proseguiamo entusiasti verso il porticciolo Baja de las Sombras per il nostro “safari nautico”.
Dalla barca possiamo vedere da vicino la parete sud, considerata la più bella: è una muraglia, ora candida, ora azzurra, con alte guglie e in basso grotte, che domina le acque del lago. Uno spettacolo… commovente.
Il Perito Moreno è un ghiacciaio “vivo” ma non aumenta di volume: il ghiaccio che si scioglie a valle, si ricrea nelle zone ad altitudine più elevata; si forma sulle montagne a 2000 metri, poi scende a poco a poco, mantenendo la forma dei rilievi (il che spiega i picchi affilati e frastagliati).
L’acqua che vi scorre sotto, è causa del suo spostamento. L’effetto è magico, emozionante, e tutto questo non è silenzioso, il ghiacciaio infatti scricchiola, ogni frammento che si stacca lo fa con grande rumore, amplificato poi dall’eco delle montagne.
Potrei passare delle ore ad osservarlo senza annoiarmi.
Una volta a terra, decidiamo di continuare la visita a piedi, dalla collina di fronte al ghiacciaio; qui c’è una serie di passerelle e scale in legno che portano ai vari belvedere: è una vista mozzafiato anche per i diversi colori, la veduta comprende anche il verde della valle boscosa che circonda il ghiacciaio, ma il momento più intenso è quando un pezzo di ghiaccio si stacca, accompagnato dalle espressioni di meraviglia dei presenti.
Soddisfatti, ritorniamo in bus all’Hotel ma poi decidiamo di rilassarci a tavola all’Estilo Campo, un self-service abbondantissimo a prezzo fisso dove replichiamo con el cordero a la cruse (38 pesos)
2/02/10 Poco fuori El Calafate, visitiamo Punta Walichu con las cuevas, una serie di grotte con interessanti pitture rupestri opera degli indios Tehuelche, di colore rosso e di circa 10.000 anni, ma ancora ben visibili.
Si trovano in caverne a cielo aperto, sulle rive del lago argentino.
Vi sono dipinte una serie di mani, come nella più famosa cuevas de las manos che si trova molto distante da qui; il ripetersi di questo tema mi fa pensare ad un‘esigenza pratica, forse il bisogno di contarsi?
Continuiamo la giornata culturale con la visita pomeridiana al centro de interpretazione historica, piccolo museo che ripercorre l’evoluzione geologica e antropologica della Patagonia negli ultimi 14.000 anni e racconta, con tabelloni fitti d’informazioni, le ragioni della scomparsa degli indios Aonikenk.
All’esterno, grandi carte topografiche illustrano la formazione dei ghiacciai. Qui, mentre si guarda un video, si può bere il famoso, rigenerante, tè mate (bevanda nazionale dell’argentina).
3/02/10 Facciamo gli ultimi insostituibili acquisti (tazze per mate ricavate da zucca e marmellate a base di calafate, l’arbusto con fiori gialli e bacche nere che dà il nome al paese) negli infiniti negozi di souvenir, in attesa di poterci spostare ad Ushuaia, nella Terra del fuoco, estremo sud della Patagonia.
Il volo partirà con ritardo, forse per il tempo che improvvisamente è cambiato: qui il clima è piuttosto mutevole e c’è un gran vento gelato.
L’aeroporto, privato, è piccolo, scomodo e poco rassicurante, inoltre comincia a piovere…
Infatti il volo sarà terribile, con numerosi vuoti d’aria e l’ atterraggio, annunciato forse con troppo anticipo, durerà per un tempo infinito.
Restiamo inoltre, immersi nella nebbia, nell’assenza totale di informazioni e del personale di bordo, improvvisamente scomparso. Aiuto! La fin del mundo sarà forse anche la mia fine? Ma fortunatamente siamo arrivati. In fondo alla Patagonia c’è la terra del Fuoco, in fondo alla Terra del Fuoco c’è Ushuaia.
4/02/10 Mi sveglio di buon umore, con il sole che viene da dietro le nuvole spinte dal vento, e parto con entusiasmo alla scoperta di Ushuaia, la città alla fine del mondo: è bella e colorata, con le sue navi, il mare blu e le montagne piene di neve alle spalle.
La percorriamo curiosi a piedi poi, con un piccolo pullman, attraversata la cordigliera nell’unico punto in cui non si è costretti passare per il Cile, arriviamo al passo Garibaldi, da dove si gode la vista del Lago Escondito.
Ci avventuriamo per poterlo raggiungere a piedi, ma non è accessibile da questo punto.
Torniamo ad Ushuaia, per visitare il Museo del fin del mundo. L’origine di questo museo, che fu sede del “Banco de la Nacion Argentina”, ne spiega la cancellata che lo racchiude fin dalle scale esterne.
È dedicato alla storia della Terra del Fuoco del XIX secolo.
Nella sala troneggia la prua della nave inglese “Duchessa d’Albany” naufragata nel 1893 ed altri oggetti ad essa appartenuti.
Nella parte dedicata all’etnografia ci sono i primi utensili degli abitanti della Terra del Fuoco; poi modelli di canoe, ceste, ecc. che documentano il modo di vivere degli Yamana, testimoniato anche dalle foto scattate dai primi esploratori.
Il museo espone anche documenti relativi al “Carcere per recidivi”(che si trovava nell’edificio che oggi ospita la Base Navale di Ushuaia) ed una serie di foto con didascalie che illustrano le terribili storie degli ospiti più famosi. C’è poi una sala con 180 tipi di volatili impagliati: qui è presente tutto il campionario degli uccelli esistenti in questa zona, canto compreso, (ingresso 20 pesos).
5/02/10 Ore 8,00 partenza per il Parco Nazionale della Terra del Fuoco. In bus raggiungiamo l’ingresso (biglietto 90 pesos), da qui dobbiamo proseguire con il tren del fin del mundo (che non vuol dire “fine” ma capo del mondo): è un treno a vapore come quello che adoperavano i detenuti all’inizio del XX secolo.
Il treno costeggia il fiume e attraversa il Parco Nazionale. Lungo la strada si vedono molti alberi tagliati e ormai morti: è il risultato di tanti anni di lavoro dei detenuti del bagno penale; il loro grigio, con lo sfondo delle montagne verdi e la presenza di sinuose cascatelle, contribuisce a rendere magico il luogo.
Molti alberi presentano dei grossi nodi (è una naturale reazione di difesa dai funghi parassiti) che vengono utilizzati dagli artigiani per realizzare artistici souvenir.
Un’altra curiosità è la presenza di numerosi castori, le cui case o le dighe, si possono riconoscere facilmente. Nel 1946 furono importate dal Canada da parte della Marina argentina, 25 coppie di castori per il commercio delle pellicce, ma questi si sono riprodotti troppo velocemente, provocando considerevoli danni all’ambiente, così oggi la loro espansione è controllata.
Abbiamo incontrato anche altri animali: volpi, conigli, e tanti uccelli. Poi, nella parte del parco al confine con il Cile, raggiungiamo la Baia Lapataia che si trova in una riserva naturale protetta.
Qui, di fronte al mare, finisce la mitica strada numero 3 che attraversa tutta l’Argentina.
Con comode passerelle di legno raggiungiamo un mirador che domina un canale della baia in cui un fiordo spicca nell’acqua turchese, tutt’ intorno erba gialla, alberi contorti dal vento, monti rocciosi dalle cime bianche e, sullo sfondo, il monte Condor che segna la frontiera con il Cile.
Finiamo l’intensa giornata (qui il sole tramonta alle 22) raggiungendo con un collettivos ed una passeggiata di mezz’ora playa larga, una spiaggia lunga e silenziosa con sabbia nera, rocce e cespugli dai colori stupendi da cui si può ammirare il bel golfo di Ushuaia.
6/02/10 Ci imbarchiamo su un grosso catamarano per la navigazione del Canal Beagle (175 pesos).
Mentre ci allontaniamo sul mare, possiamo vedere bellissimi scorci del porto di Ushuaia con la baia circondata da montagne innevate (la coda delle Ande) che brillano al sole.
Questo canale collega l’oceano Pacifico all’Atlantico e dista 150 km da Capo Horn (polo Sud). Il versante nord argentino, mentre quello sud è cileno.
Lungo il percorso troviamo le isole Bridges dal nome del primo inglese che visse tra gli indios; sono abitate da migliaia di cormorani imperiali (dal collo bianco) e di cormorani di Magellano (dal collo nero).
Ci appare poi l’isola con il faro les eclaireurs che, bianco e rosso, spicca tra gli scogli scuri.
È il faro ricordato da Jules Verne nei suoi romanzi, bello e, forse, inutile visto che il canale, lungo 185 km, è il più grande cimitero di navi del mondo! Poi raggiungiamo la isla de los Pàjaros e la isla de los Lobos abitate rispettivamente da cormorani e da leoni marini in grande quantità.
Ritorniamo in albergo e nell’ attesa di essere trasportati all’aeroporto, comincia anche a piovere (ma ormai non importa). Si parte con ritardo, sull’aereo si balla un pò ed una voce rassicurante ci annuncia una tormenta; poi seguono tuoni e lampi e l’annuncio diventa di tempesta.
Forse, era meglio il silenzio dell’andata! Alla fine atterriamo a Buenos Aires qui troviamo pioggia, caldo e tanta umidità. In taxi raggiungiamo, alle 2,30 di notte, la nostra casa.
7/02/10 Ci ritroviamo con Franca che convince Renato a prendere almeno tre lezioni di tango prima di tornare in Italia! Pranziamo con delle meravigliose empanadas, (simili ai nostri calzoni ripieni di carne o verdure) poi replichiamo la passeggiata a San Elmo, sempre affascinante, e terminiamo con la cena da El Desnivel, locale caratteristico e vivace con carne e vino a volontà per 40 pesos(€ 8).
8/02/10 Lezione o meglio Iper Renato al Club de Tango La Independencia con il maestro Salvador, personaggio affascinante sul cui volto si indovina un terribile passato, ma ironico e sorridente.
Atmosfera un pò retrò, ma autentica e divertente. In serata ci concediamo un gelato nella migliore, ma proibitiva, gelateria di Buenos Aires “Persicco”: i proprietari sono di origine campana.
Qui un piccolo cono costa 13 pesos, quanti bambini argentini l’avranno potuto assaggiare?
9/02/10 ultima classe di tango nella sala di Salvador e Mirta “tango e milonga con traspié”.
Progressi di Renato e soddisfazione dei maestri.
Ci salutiamo con simpatia e scambio di indirizzi e-mail per invio foto.
Pranziamo da “Cibouette” sulla 33 orientales (25 pesos).
Il proprietario, di origine italiana ci dice che suo nonno, venuto in Argentina nel 1914 “ha lavorato per fare grande questo Paese” ma lui oggi non ha abbastanza soldi per venire a visitare l’Italia.
10/02/10 In serata partenza per l’Italia. Viaggio interminabile anche per un ritardo di due ore.
Non riesco a dormire e penso all’esperienza vissuta, al fascino che l’Argentina ha sempre suscitato: dai primi esploratori agli avventurieri ed infine ai turisti, oggi.
Non è mai stato solo un viaggio, ma un’esperienza intima profonda, forse a causa dei suoi spazi immensi, qui ci si sente davvero parte della natura.
Si viene catturati dal vasto orizzonte, dalle pianure desertiche, dalla cordigliera, dalle montagne impettite cosparse di laghi blu, dai profondi silenzi, dal vento che porta profumi lontani, dai fiori di mille colori, dagli animali liberi ed infine dalla popolazione, vivace, disinvolta e fiera, malgrado il tragico passato.