Nel boom del camperismo sensibilizziamo
gli utilizzatori. Camperisti attenzione ai
comportamenti. Sempre più spesso ci
accade d’incontrare camperisti, sia neofiti
che veterani che hanno comportamenti
a dir poco “singolari, ma non troppo originali”!
di Nino Grazzani
Da Direttore Responsabile mi rivolgo a te come Responsabile Editoriale per segnalarti come nel boom del camperismo siano nuovamente necessarie iniziative o meglio azioni di sensibilizzazione nei confronti degli utilizzatori. Molti tra i nostri amici sanno che sono uno dei primi camperisti italiani, avendo iniziato nel 1966 con un furgone Barka/Wartburg 1000 a due tempi tra l’allora Germania est ed ovest, quando ancora a Roma le autocase erano equiparate ai veicoli per gli spettacoli itineranti, giostrai e addetti dei circhi equestri. Eravamo al mio rientro in Italia nel 1972 non più di 15.000 camperisti con veicoli ad uso speciale o abitazione. mi fa molto piacere constatare che tanti altri, per i motivi più diversi, abbiano scelto questo modo per trascorrere il tempo libero, le ferie, il weekend ed i viaggi nella penisola e all’estero. Un analogo, se non superiore, incremento si è verificato nel resto dell’Europa (sopratutto all’ovest, anche se si comincia a passare dalla tenda o dalla roulotte al camper anche in Ungheria, Repubblica Ceca e Polonia).
Ma ora mi preme descriverti brevemente (augurandomi sia un fenomeno minoritario) quanto accade nel mondo nuovo del neo-camperismo italiano. rientro dal ponte dello scorso 25 aprile e mentre mi reco al CS per le solite operazioni a fine corsa, al fine di evitare ad altri attese troppo lunghe compio un rapido scarico e a passo d’uomo procedo oltre lasciando la buca al mezzo che mi segue, tenuto in precedenza a lungo con il motore accesso al minimo e tale rimane anche durante le operazioni di svuotamento, pulizia, trasbordo ecc. Chiedo cortesemente spiegazioni e il conducente risponde sostenendo che i motori turbodiesel dopo aver percorso parecchi km devono raffreddarsi tenendoli il più a lungo possibile al minimo per non compromettere la turbina. Sottolineo che si trattava di un vecchio Ducato alquanto starato e scampanato con abbondanti emissioni. Faccio anche presente che i veicoli non possono stare a lungo fermi con il motore acceso, risposta: “lo so, ma in un’area privata chi controlla? E poi chissene…!” Sono disarmato ed esterrefatto! Non mi rimane che chiedere scusa agli altri ospiti (nel recinto vi è anche un’area di sosta, dove arrivano mezzi da tutt’Italia) seduti all’aperto oltre la fila di camper, parcheggiati alle spalle del Ducato fumante, con vicino alcuni bambini sul passeggino e con i loro polmoni ad altezza del tubo di scappamento del Turbo in raffreddamento.
Caro Tancredi, possiamo azzardare una risposta tecnica sul raffredddamento di un vecchio Turbo 2000? Tenendo conto che per entrare nel recinto attrezzato il mezzo ha compiuto non meno di 3 Km a 40/50 all’ora? Nino Grazzani Direttore Responsabile (nel 2005) Ti ringrazio per la segnalazione, che non giunge nuova infatti insieme alla tua ne sono arrivate diverse tra le quali quella di Claudio Galliani, che riguardano anche comportamenti “distratti nel gestire lo spazio intorno al proprio mezzo in sosta”.
Lascio la parola al nostro esperto Franco Liboa.
Tenere il motore acceso “il più a lungo possibile” al minimo per raffreddarlo è un’affermazione che non significa nulla. Diciamo che dopo una lunga percorrenza autostradale, a velocità sostenuta, o al termine di una salita impegnativa può essere consigliabile non spegnere immediatamente il propulsore, ma lasciarlo “girare” brevemente, controllandone contemporaneamente la temperatura, tramite l’apposito strumento, specie se questa è elevata, nell’attesa che si riporti entro valori normali. Comunque riteniamo che un minuto, o due al massimo, siano sufficienti, non dimenticando il divieto di lasciare i veicoli fermi con il motore in moto. Ma a monte di ogni proibizione, la buona creanza, nella situazione in argomento, avrebbe già suggerito un comportamento diverso. Purtroppo oggi l’educazione è sempre più rara.
Franco Liboa