I motivi che rendono inagibili le
spiagge sono due: le meduse, che
in questa stagione, si riversano
sulla costa, e con il loro corpo
galleggiante ed i tentacoli lunghi
fino a 3 metri possono uccidere
un uomo e i coccodrilli che si
spostano dai fiumi e dalle lagune
di mangrovie sul mare.
di Giuseppe Bacci
Le città ricordano quelle degli Stati Uniti, moderne, con grattacieli e ponti. Rispetto a quelle però colpisce la grande pulizia, l’organizzazione ed il senso civico degli abitanti. Ad esempio non si vedono per terra cartacce, e neanche mozziconi di sigaretta. I mezzi pubblici sono efficienti, le guardie gentili.
L’impressione è che nelle città australiane si possa vivere bene.
La città più bella tra quelle da noi visitate è senza dubbio Sydney, con la sua profonda baia, il grande ponte in ferro che l’attraversa, e le caratteristiche vele bianche dell’Opera House che si stagliano contro il cielo.
Bisogna però dire che, a parte Sydney e Melbourne che hanno spettacoli, locali e vita notturna, le altre città come Canberra ed Adelaide la sera sono piuttosto desolate, i negozi chiudono a metà pomeriggio e solo qualche pub e ristorante rimane aperto.
Buona parte del nostro giro in Australia lo abbiamo fatto alla guida di camper affittati sul posto.
Da una parte i mezzi che abbiamo avuto si sono rivelati affidabili (nessun guasto) e ben attrezzati, anche se spiccava in molti mezzi la mancanza di lavandino nel bagno, solo doccia e water.
Dall’altra la vocazione dei nostri camper non era il campeggio libero ma la sosta in piazzole dotate di allaccio elettrico. Infatti il frigo a compressore senza pannelli solari, l’aria condizionata modello abitazione, il forno a microonde, il tosta pane avevano necessità di corrente a 220V per funzionare.
I campeggi australiani sono prodighi di energia elettrica: ci è capitato solo un posto dove si scusavano ma dato che l’energia elettrica proveniva da un generatore, consigliavano di non usare contemporaneamente aria condizionata, forno e asciugacapelli, altrimenti il limitatore sarebbe scattato!
Rispetto all’Europa i camper che girano in Australia sono più piccoli, si vedono spesso camper puri, furgoncini attrezzati, ed anche i mansardati non sono in genere di grandi dimensioni. Inoltre, per chi ama l’avventura nel bush, vi sono mezzi fuoristrada attrezzati, con tende sul tetto o con piccole cellule abitative sul pianale dei pick-up.
Anche se siamo riusciti a tornare senza causare incidenti, la guida all’inglese ci ha creato alcune difficoltà.
Per chi ha viaggiato in Inghilterra con il proprio mezzo bisogna dire che le difficoltà maggiori si incontrano a causa del posto di guida situato a destra.
Questo rende più facile il sorpasso ma ci costringe a cambiare molte abitudini di guida che ormai facciamo in modo automatico.
La più pericolosa è quella di posizionare automaticamente il nostro corpo sulla sinistra rispetto al centro della corsia. In pratica quando si guida si tende a considerare il mezzo come se occupasse più spazio alla nostra destra rispetto piuttosto che alla nostra sinistra, come avviene da noi: questo causa spesso problemi in marcia, e si finisce per avere le due ruote di sinistra fuori dal margine della strada, o a rasentare pericolosamente ciclisti e auto in sosta.
Inoltre la mano destra continuamente cerca una leva del cambio che non c’è, finendo spesso per manovrare altre leve come il tergiscristallo, e quando alla fine con la sinistra si impugna la leva giusta i nostri movimenti sono comunque incerti e goffi.
Per il resto il traffico australiano non crea problemi, sulle strade di comunicazione è relativamente poco, nelle città è più ordinato che da noi, ed anche i grossi camion non creano molti problemi. Infatti nelle lunghe strade che attraversano l’interno del continente sono ammessi camion con più rimorchi, i cosiddetti “road train”, treni della strada che a volte raggiungono lunghezze notevoli e viaggiano a velocità vicine a 100 km/h.
Un discorso a parte merita Coober Pedy, una cittadina che deve il suo nome, sembra, al nome aborigeno che vuol dire appunto il buco dell’uomo bianco.
È infatti una cittadina mineraria posta in mezzo ad una delle regioni più aride dell’Australia, dove spesso le temperature salgono oltre i 40 gradi, e gli abitanti hanno preferito per ripararsi utilizzare le gallerie delle miniere come abitazioni.
La ricchezza del sottosuolo che qui viene estratta è l’opale, una pietra dai riflessi iridescenti che ha molto valore nel mercato dei gioielli.
Questo luogo ha attirato ed ancora attira persone in cerca di fortuna ed avventura, infatti le concessioni minerarie vengono date al massimo una per persona su una superficie di 200 x 100 metri, per una durata di un anno pagando una cifra abbastanza bassa.
Questo impedisce lo sfruttamento della zona da parte di grosse società, e favorisce i cercatori organizzati in due-tre soci, quindi l’ideale per chi vuole tentare la fortuna scavando gallerie nel sottosuolo alla ricerca degli opali.
D’altra parte non vi sono regole per sapere dove si trovano gli opali, sparsi nella zona se ne trovano ovunque, ad una profondità che va dai pochi centimetri ai 25-30 metri, ma non sono mai disposti lungo filoni o regolarmente.
Ci sono zone dove i minatori hanno estratto milioni di dollari di opali, mentre a pochi metri di distanza non ne hanno trovato quasi nessuno, senza nessuna logica apparente.
Il passato come città mineraria abitata da avventurieri, soprattutto uomini, disposti ad ogni sacrificio ed al duro lavoro nella speranza del colpo di fortuna, si è protratto fino ai giorni nostri, quando recentemente le liti tra vicini o con la polizia, si risolvevano con candelotti di dinamite che distruggevano edifici ed attrezzature.
Ai turisti intimoriti spiegano che non vi sono mai stati danni alle persone, d’altronde da queste parti l’esplosivo lo si maneggia abitualmente.
Nella cittadina si visitano oltre ai negozi che vendono pietre e gioielli, le miniere, lo strano campo da golf senza erba, la chiesa e le abitazioni sotterranee, ma quello che ci ha colpito di più è stata forse la casa di Crocodile Harry.
Harry è un tipico esempio di come questa cittadina abbia attirato strani personaggi e persone che non si ritrovavano a vivere negli schemi sociali convenzionali.
Harry è un barone lituano che, fuggito dall’Europa dopo la seconda guerra mondiale, è giunto in Australia e si è stabilito nel nord, ricco di vegetazione, animali e coccodrilli.
Forte, biondo e prestante, catturava coccodrilli fino a meritarsi il soprannome di “Crocodile” ed a diventare famoso sui rotocalchi, probabilmente ispirando anche il personaggio del film “Crocodile Dandee”.
La fama e l’avvenenza fisica lo hanno portato ad avere molto successo con le donne, e la notorietà gli ha assicurato belle e giovani ragazze anche quando invecchiando si è trasferito a Cobeer Pedy.
Oggi ha più di ottanta anni e vive in una casa sotterranea, completamente decorata da amici artisti che lo vanno a trovare, e cosparsa da foto e mutandine con dedica che gli ricordano le numerose avventure galanti e non. Insomma una persona particolare in un luogo particolare che difficilmente si dimentica.
L’ultima tappa l’abbiamo fatta a Cairns, una rinomata località turistica del Queensland, frequentata anche da molti giapponesi in cerca di sole durante la stagione invernale.
Anche qui le peculiarità del continente australiano si fanno sentire.
Le spiagge infatti in questo periodo non sono agibili e ci siamo dovuti consolare con il bagno nella grande piscina pubblica e gratuita costruita nella piazza centrale della città.
I motivi che rendono inagibili le spiagge sono due: da una parte le meduse che in questa stagione si riversano verso la costa, e che con il loro corpo galleggiante ed i tentacoli lunghi fino a tre metri possono anche uccidere un uomo, dall’altra i coccodrilli che in questo periodo dai fiumi e dalle lagune di mangrovie si spostano anche nel mare e quindi sulle spiagge.
Anche nel grande parco pubblico della città un cartello avvertiva di fare attenzione perché recentemente era stato avvistato un coccodrillo nel canale che collega al mare il laghetto del parco.
Una visita ad una fattoria che alleva questi rettili ci ha fatto apprezzare appieno l’insidia.
Ci hanno spiegato che i coccodrilli possono stare a lungo immersi immobili nell’acqua senza respirare.
Quando sentono dei passi che si avvicinano, tramite le vibrazioni del terreno, balzano letteralmente fuori dall’acqua ed afferrano con i denti il collo o una gamba della vittima per trascinarla in acqua ed annegarla.
Un’escursione in barca, molto suggestiva, ci ha portato a discendere lungo un fiume, tra una impenetrabile foresta di mangrovie, fino al mare.
Da qui in un paio di ore siamo giunti ad una delle isole Frankland, nella grande barriera corallina.
Dopo aver indossato delle sottili mute di maglina, per proteggerci da eventuali meduse, anche se in mare aperto le probabilità di incontrarle sono minori in quanto le correnti le disperdono, abbiamo potuto infine immergerci.
Così abbiamo apprezzato anche questa ultima meraviglia australiana, miriadi di pesci colorati affollano i rami di coralli dalle forme più varie. In particolare mi hanno colpito le gigantesche tridacne, conchiglie con le valve grandi fino ad un metro che tendono a chiudersi al mio passaggio.
Ho passato quasi un mese in questo lontano angolo del mondo, e rimane la sensazione di una natura diversa e quasi estranea, ma nello stesso tempo di città dove è possibile vivere più serenamente ed a misura d’uomo.
Mi resta ancora da vedere buona parte del continente australiano: sarà un’ottima scusa per tornare, magari accompagnando un altro gruppo simpatico come questo.