COME E’ NATA LA MIA STORIA DI VIAGGIATORE
Questo grande entusiasmo per i miei viaggi in vespa inizia all’età di 12 anni. Le mie prime esperienze di viaggio le ho fatte su un vecchio triciclo a tre ruote, con il cassone davanti, che serviva a mio padre, per il suo lavoro, per trasportare ì materiali edili da un posto all’altro. Con questo triciclo io e altri 3 o 4 amici, quando mio padre non lo usava, ne combinavamo di tutti i colori. “lo in sella ai pedali” ed i miei amici sul cassone davanti. Una volta siamo riusciti ad arrivare a S. Maria delle Mole.
Fin quando era pianura o discesa tutto andava bene, ma quando c’era una salita i miei amici saltavano giù al volo e spingevano. Una delle mete preferite era l’Acqua Cetosa; che si trova sul Lungo Tevere, dove spesso portavamo anche dei fiaschi da riempire, per poi venderli a dieci lire ognuno. Un giorno sentii il desiderio di avere una bicicletta, ma le possibilità erano poche. Mio padre era un gran lavoratore ma a quei tempi i soldi erano contati.
Con i piccoli lavoretti e le mancette che riuscivo a rimediare mi imbarcai nell’avventura della bicicletta. Iniziò tutto da un vecchio telaio nudo che mi regalò un amico di mio padre. Con molta pazienza cominciai a ricostruirla con altri pezzi di biciclette (i copertoni li comprai al vecchio mercato di Porta Portese) con l’idea di avere finalmente un mezzo per uscire e fare passeggiate. Quasi tutte le domeniche, iniziai a visitare i castelli, tutto il litorale di Ostia, Fiumicino, Fregane, Maccarese. Finché un giorno attrezzato con una borsa a tracollo con acqua e panini arrivai fino a Civitavecchia. Alle otto di sera tornai a casa stremato rimediando urli e schiaffoni da mio padre, che mi sequestrò la bicicletta. La ripresi solo dopo due mesi con mille promesse di non fare più certe pazzie.
Tuttavia preso dal desiderio di arrivare fino a Torvaianica, ne combinai una davvero grossa. Distratto, presi una grossa buca spaccando il copertone e storcendo il cerchione; allora non avevamo il telefono in casa, così fui costretto a telefonare al bar per far avvertire i miei genitori. Grazie al passaggio offertomi da un camionista arrivai all’Eur e da li fino a Trastevere a piedi. Giunsi a casa a mezzanotte, non so dirvi quante “botte” presi. Quello fu il mio ultimo viaggio in bicicletta, avevo appena compiuto 15 anni.
Ho scritto questo diario di viaggio sulla scorta della memoria.
I ricordi sono talmente vivi ed entusiasmanti che a volte mi sembra ancora oggi un sogno!
di Walter Romani
Ancora oggi a distanza di 40 anni tornando indietro nel tempo e ripensando alle mie fantasie di avventure e ili viaggi, rivivo delle sensazioni così forti che mi sembra ieri.
Nel 1963 al compimento dei miei 16 anni presi la patente “A” e mio padre mi regalò la sua vecchia vespa 150 del 1956 ormai ferma da molto tempo. Per un anno intero la smontai tutta a pezzi, rifeci il motore imparando a conoscere tute le sue parti nei minimi dettagli, cambiai i copertoni e la riverniciai totalmente. Splendida! Era tornata nuova, mi ci volle un anno per sistemarla perché lavoravo e frequentavo la scuola d’assistente edile le spese erano molto alte per le mie piccole finanze. Arrivò il mese di luglio del 1964 e con lui arrivò il mio primo viaggio preparato in 6 mesi di prove. Percorsi, 1200 km.
Tra il Lazio, la Toscana, le Marche e l’Abruzzo feci sempre campeggio libero, montando la tenda (una vecchia 2 posti canadese) dove capitava. La spesa totale del mio viaggio ammontò a 34.000 lire.
Oggi fa sorridere, ma allora, per un ragazzo della mia età, era una grossa spesa. Tornai a Roma i primi di agosto. Ero appena arrivato e già sognavo nuovi orizzonti, forse impossibili. Nell’inverno del 1964 iniziò il mio sogno, sulla carta geografica. L’idea era quella di arrivare a Parigi.
La mia vespa era andata benissimo. Aveva un piccolo difetto sul parastrappi delle marce, che misi a posto. Comprai un grosso portabagagli posteriore e modificai anche la staffa della ruota di scorta, in modo da averne due. Inoltre, modificai l’ammortizzatore per un carico più pesante. La mia vespa, in febbraio, per il mio compleanno era già pronta, la cosa più dura fu convincere mio padre.
Quest’opera durò almeno due mesi finché riuscii ad avere il suo consenso.
Le carte geografiche ormai le avevo immagazzinate nella mente, il grande problema erano i soldi. In cantiere da mio padre mi feci dare tutti i lavori a cottimo e la sera finivo sempre molto tardi, così che per la fine di giugno del`65 ero riuscito a mettere da parte 98.000 lire.
Dai conti che avevo fatto sarebbero bastate. Il viaggio sarebbe durato quaranta giorni.
Dovetti affrontare una grossa spesa per i ricambi di scorta. Comprai tutti i fili dei freni, della frizione, dell’acceleratore e marce, le mezze lune del volantino, le puntine ed un cilindro con il pistone e lo spinotto, le tip top e una camera d’aria vecchia ma buona.
Tutti i ferri per qualsiasi riparazione, il tutto riuscii a sistemarlo nel bauletto laterale. Un’altra grossa spesa fu la tenda nuova ma comoda, una canadese “Bertone”.
L’allestimento della mia vespa faceva un po’ ridere perché avevo fissato sul portabagagli posteriore un telaio di ferro per alloggiare la valigia; che conteneva le scorte alimentari, e l’attrezzatura per cucinare.
Tra la valigia e la sella avevo sistemato un vecchio zaino militare, per tutto l’abbigliamento, e sempre su quest’ultima vi era adagiato un plaid per viaggiare più comodo e ripararmi dal freddo.
Quando raccontai a mio padre e agli amici il mio piano di viaggio mi dissero che ero matto e che era pericoloso ma ormai tutto era pronto.
La notte nei miei sogni viaggiavo vedendo città e orizzonti lontani.
I primi di luglio del ’65 iniziò l’avventura dopo i saluti a tutti i parenti. le mille raccomandazioni di rito, mio padre commosso e con le lacrime agli occhi mi strinse e mi infilò qualcosa in tasca, solo dopo, la partenza mi accorsi che erano 20.000 lire.
Il suo orgoglio non gli permetteva di mostrare il suo amore e la sua generosità. Partii tardi. La prima tappa fu Grosseto, fu una tappa di rilassamento per riflettere sull’itinerario che avrei percorso. Volevo riposarmi ma la notte sembrava talmente lunga che alle quattro del mattino ero già in partenza.
Proseguii per Livorno, La Spezia, Genova, San Remo e finalmente il confine di Ventimiglia, dove le prime paure e i disagi per la lingua si fecero sentire. Conoscevo il francese ma a livello scolastico, tutt’altra cosa era riuscirlo a capire parlato così velocemente.
Dopo Nizza un’altra tappa mitica per Saint Tropez; e ancora Tolone, Marsiglia, la strada della costa d’Oro in direzione Parigi, attraverso Aix en Provence, Avignone, Valence, Lione, Auxerre e finalmente la meta d’arrivo: Parigi. Per prima cosa mi misi alla ricerca di un camping.
Lo trovai sulla Senna si chiamava il Deloge, su di un isolotto collegato alla riva sinistra della Senna da un ponte di legno.
I gestori erano due persone anziane e gentilissime. Scaricata tutta la mia attrezzatura, montata la tenda si era fatto scuro e così decisi che sarei uscito la mattina seguente.
Quella sera mi cucinai un grosso piatto di spaghetti “a cacio e pepe” che in effetti furono tre, tanta era la fame, la stanchezza e l’emozione.la mattina salutai la vecchia signora del campeggio che mi fornì un’ottima pianta della città, su cui mi aveva tracciato tutto il percorso.
La prima tappa fu la Tour Eiffel, sulla quale salii fino alla prima piattaforma a piedi. L’adrenalina aveva raggiunto il massimo del suo apice. Girai la città per cinque giorni.
Una sera indossai una giacca che avevo con me e uscii per vedere Montmatre e Pical di notte, che emozione!
Una giornata la dedicai a Versaille. Arrivò il giorno della partenza, forse il giorno più difficile.
Era una città meravigliosa. All’anziana signora Isabel, proprietaria del campeggio dissi che forse sarei tornato l’anno seguente.
Partii alla volta di Reims per vedere l’altra Notre Dame.
Il mio itinerario proseguì per Nancy, Strasburgo, Froirborg (Germania), Basilea, Zurigo, Lucerna, passo del Gottardo.
Ormai “i soldi erano diventati stretti” così attraversai il monte San Gottardo, spesso a piedi per il ghiaccio, fermandomi ad un camping di Airolo.
Faceva un freddo impossibile per le mie scarse attrezzature, venne giù un diluvio, sfortunatamente avevo montato la tenda in discesa, l’acqua penetrò all’interno, ebbi grandi problemi!
Il pomeriggio successivo arrivai a Como dove mi accampai sul lago.
Nei giorni seguenti prosegui per Milano, Piacenza, Modena, Bologna, Ancona, Rimini, San Benedetto e Roma. (n.d.r. Va considerato che nel 1964 non esisteva l’autostrada A1 Milano – Roma, sicuramente in vespa era più agevole fare questo itinerario alternativo, passando per Ancona, a parte lo spirito d’avventura che aveva indubbiamente Walter; coloro che hanno avuto il piacere e l’onore di averlo conosciuto lo hanno ben presente).
Avevo percorso in totale 4.350 km.