Dopo aver percorso buona parte de “LA NUOVA VIA DELLA SETA” entriamo il primo luglio (2018) in Mongolia.
Siamo i primi tre camper dell’associazione romana Camper Go ad arrivare fino a lì.
Partendo da Roma e da Bari fino al confine della Cina, il nostro itinerario è stato di 13.523 chilometri. Se consideriamo anche quelli fatti in 4×4 i Km tracciati in Mongolia in 26 giorni sono oltre 4.000
Le pratiche doganali con la polizia russa sono lunghe come al solito e si deve riconsegnare il documento del camper compilato all’ingresso. Chiudiamo i camper e saliamo negli uffici, come sempre si deve stare attenti ai locali frontalieri russi e mongoli indistintamente che, cercano in maniera quasi disinvolta di passarti avanti per fare meno fila. Ma Tommaso con la sua esperienza, come un “mastino napoletano” si piazza davanti ad uno sportello e non li fa passare. Mentre Alina cerca di capire parlando in russo qual’è la maniera più rapida per sbrigare la pratica. Finita questa operazione burocratica che dura circa 3/4 d’ora, scendiamo sul piazzale. Solito controllo del camper all’interno.Trovano il Telepass, e cercano di aprirlo ma Alina gli spiega a cosa serve, e il poliziotto desiste. Apriamo il cofano controllano il numero del telaio e finalmente riusciamo a passare dopo che hanno controllato anche sotto al mezzo. Mettono i vari timbri sui passaporti e sui loro documenti del camper, passiamo nella terra di nessuno ed entriamo in Mongolia.
Dalla parte mongola sono relativamente più veloci, se non avessero problemi con i collegamenti internet. Ci fanno fare varie file, perché alcuni terminali sono scollegati, e dopo circa un’ora riusciamo a superare i controlli di Polizia. Per fortuna almeno qui in frontiera la polizia mongola parla russo, così non abbiamo problemi di comunicazione. Non abbiamo moneta locale, ma per fortuna c’è una banca all’interno del confine, così cambiamo i primi 200 € circa 566.000 Tugrik. E’ mezzanotte passata così chiediamo alla polizia di poter dormire in frontiera, ci viene concesso. Eravamo arrivati in frontiera il 30 giugno alle ore 18,05 i russi che a quell’ora cambiano i turni ci hanno tenuti fermi circa 3 ore, dando la precedenza ai Bus ai camion ed ai locali. In totale abbiamo impiegato circa 6 ore per due frontiere.
Partiti da Roma il 2 giugno. Tornati il 1 settembre dopo 92 giorni e circa 25.000 Km.
La prima operazione da fare entrando in Mongolia è l’assicurazione del camper, perché la nostra Carta Verde non copre questo paese. Anche questa operazione possiamo farla sul posto. Usciti dal confine c’è sulla sinistra l’ufficio di un’assicuratore che in pochi minuti ci prepara le nostre tre polizze. Anche qui siamo facilitati dalla lingua russa. Per un mese paghiamo 65.000 Tugrik.
di Luciano Tancredi
1 Luglio – Usciamo dalla Repubblica di Buriazia, Russia. La mattina prima di entrare in Mongolia, vediamo un pulmino Uaz targato Russia, poco dopo arrivano tre giovani, Alina parla con loro. Hanno dormito nel vicino Hotel, che definiscono squallido.
Le raccontano che sono dei geologi e visiteranno la Mongolia alla ricerca di minerali per conto del governo russo ignorando le tradizioni buddhiste, che non consentono di cercare nel sottosuolo minerali preziosi. Sostiamo a Sühbaatar vicino alla piazza con la statua del generale da cui prende il nome la città. Cerchiamo un negozio per acquistare una Sim mongola ma inutilmente visto che è domenica. Visitiamo un piccolo Monastero buddhista di Khutagt Ekh Datsan, dove è rappresentato l’unico Buddha donna della Mongolia.
Incontriamo un olandese che vive da 20 anni in Mongolia che ci consiglia di seguirlo per visitare nel villaggio di Dulaankhaan un artigiano che fabbrica archi con le corna di animali. Una tradizione secolare (uno degli ultimi tre rimasti in tutto il paese).
Sta accompagnando una coppia di giovani sposi, anche loro olandesi, a visitare questo luogo. Interessante il lavoro di quest’uomo, per fare un’Arco impiega circa 3 mesi e lo vende a circa 200 euro.
Arriviamo a Darkhan. Ci fermiamo a pranzo in alto vicino alla statua di un Buddha seduto, da dove c’è una bella vista di tutta la città. Entriamo nel centro commerciale Nomin e poi ci spostiamo in una piazza vicino a Zaluuchuud Avenue a 100 m dalla compagnia telefonica Tedy. La sera dormiremo qui a Darkhan.
2 Luglio – Di buon’ora acquistiamo le Sim mongole, Alina va dal parrucchiere di Renato. Visitiamo il Museo di Darkhan-Uul . Questo museo, chiamato anche il tradizionale museo di arte popolare, contiene una raccolta di reperti archeologici, abiti tradizionali, manufatti religiosi e tassidermia la tecnica di preparazione e conservazione dei corpi degli animali.
Piccolo ma interessante, vedrete uno strumento a fiato fatto con un femore umano e una scacchiera di giada. Orgoglio dell’esposizione è il dipinto originale raffigurante l’incontro tra Lenin e Sükhbaatar, un’opera di B. Tsultem del 1953.
Tornando ai camper Tommaso nota un tizio che annaffia un giardino, gli da una mancia e ci fa caricare l’acqua. Ci fermiamo al passo di Selenghe per fare delle foto. Dopo aver percorso 223 km, arriviamo a Ulaanbaatar. Qui abbiamo incontrato la titolare dell’Agenzia “Juulchin Tourism Corporation of Mongolia” la dottoressa Bolortuya.N. Le diamo un anticipo sulle prestazioni dell’Agenzia di 1.230,00 €.
Come già detto la Sig.ra, aveva studiato all’Università di Mosca e conosceva perfettamente il russo. Aveva trattato sempre con Alina con decine di telefonate fatte grazie a WhatsApp ed era nata una tale sintonia che contrariamente alla norma non ci aveva chiesto anticipi sulle prestazioni della sua Agenzia. Finiti gli accordi siglati con una nota sotto il contratto che ci aveva redatto in inglese, ci ha accompagnato con il suo autista nel parcheggio di un complesso sportivo, dove abbiamo potuto così passare la notte a Ulaanbaatar. Questo è il 6° comunicato del 3 luglio 2018 (trasmesso da AdPRadio in diretta), per riascoltarlo clicca sotto:
3 Luglio – Partiamo per Mandalgovi (Мандалговь in mongolo) dove visitiamo il Monastero buddhista Dashgimpeliin Khiid (Дашгимпэлийн Хийд). Nella zona c’erano 53 templi, quasi tutti furono distrutti dal KGB mongolo. Il Dashgimpeliin Khiid ricostruito fu inaugurato nel 1991 per la popolazione di Mandalgovi. Il monastero oggi ospita una ventina di monaci.
Dirigendoci verso sud percorriamo la strada che va verso Dalanzadgad e incontriamo i primi cammelli.
La sera dormiamo a Khuld vicino alla sala d’intrattenimento comunale su una piazzetta di fronte la banca e alla polizia turistica.
Lia ci prepara uno spaghetto alle cozze del pacifico acquistate a Ulaan Ude. Brindiamo insieme all’ingresso in Mongolia con lo spumante di Cinzio un amico di Tommaso.
4 Luglio – Arriviamo a Dalanzadgad all’ora di pranzo, dove incontriamo la guida Doghi. Alina ha telefonato all’Agenzia che l’ha avvertito e ci è venuto a prendere dopo mangiato. Tommaso fa un tentativo con la guida per cercare un meccanico per il solito problema del suo Mercedes, senza successo. Fa un caldo infernale, ma approfitto per riparare il supporto dell’antenna CB. Tommaso va per primo fuori città a vedere la corsa dei cavalli del Naadam.
Lì incontra Michele Altieri con un gruppo di camperisti di Tropico del Camper. Assistiamo alla corsa di cavalli del Naadam e arriva un camper targato Portogallo. Il proprietario è un australiano che l’ha acquistato per fare un viaggio di un anno in tutta l’Europa, Russia Asiatica fino in Mongolia.
Parliamo dei luoghi che ha già visitato, ci avverte che vicino alle terme di Tsenkher Hol c’è un’epidemia di afta epizootica e non si può accedere in tutta la zona che è isolata, dalla polizia. Ci trasferiamo nel giardino della casa della guida, dove parcheggiamo e ci colleghiamo alla 220 V. Con una breve passeggiata arriviamo allo stadio, dove stanno facendo le prove del Naadam.
Questo è il 7° comunicato del 4 luglio 2018 (trasmesso da AdPRadio in diretta, N.B. per errore inizia con mercoledì 3 luglio, ma in realtà è il 4 luglio), per riascoltarlo clicca sotto:
5 Luglio – Dalanzadgad festa del Naadam. Fa molto caldo. Oggi è il giorno delle prove del Naaadam e per noi è un’occasione unica perché riusciamo ad entrare nello spazio dedicato ai partecipanti.
Così possiamo fotografare e riprendere con una certa tranquillità da vicino tutta la manifestazione. Cosa che non sarà possibile fare il giorno dopo durante la manifestazione ufficiale. Molto interessante l’esibizione dei giochi tradizionali: con la balestra, scacchi, dadi, e un gioco dove si tira un piccolo dado rettangolare, un’asticella dove scorre dandogli una schicchera con il dito medio e devi colpire a circa 4 m il bersaglio. Uscendo visiteremo le prime Gher sistemate sulla piazza.
6 Luglio – Dalanzadgad Oggi dal mattino assistiamo alla manifestazione ufficiale del Naadam. Prima c’è la sfilata di tutti i gruppi partecipanti con le bandiere. Un po’ come accade da noi quando ci sono delle feste in costume.
Si svolgono varie discipline: la corsa di piccoli cavalli, i fantini quasi toccano in terra con i piedi. Nel tiro con l’arco dove le più brave sono le donne, riescono a centrare il bersaglio a 80-100 metri. La lotta rimane una tradizione ancora diffusa. Più tardi entriamo nelle Gher messe a disposizione dagli sponsor. Beviamo latte di cavalla acida e mangiamo pasticcini e carne di pecora che sembra essiccata, lardo non so di quale animale e Té. Nel pomeriggio andiamo a visitare il Museo del Gobi Meridionale.
Il Museo possiede pochi resti di dinosauri, ossa di arti e qualche uovo. Vi sono alcuni bei quadri, un grande avvoltoio impagliato, una collezione di dipinti su rotoli di stoffa e altri oggetti della tradizione buddhista. C’è anche un flauto di giada. Incontriamo un gruppo d’italiani di Avventure nel Mondo.
7 Luglio – Partiamo per le escursioni nel deserto del Gobi meridionale che durerà tre giorni. Visitiamo Yolyn Am la gola nel Gurvan Saikhan Yolyn Am (Ёлын Ам, in mongolo). È una profonda e stretta gola nei Gurvan Saikhan montagne del sud della Mongolia.
Qui c’è un fiume ghiacciato tutto l’anno
in un Canyon
alto 200 metri,
incontriamo tantissimi animali in gran parte cavalli, mucche,
asini, pecore,
capre e qualche Yak.
A sinistra la riproduzione
di una fotografia
scattata in autunno.
Questa valle prende il nome dal Gipeto in mongolo Yol. È un avvoltoio che vive in Europa e diffuso fino in Mongolia. Sulle nostre
Alpi è stato
reintrodotto solo recentemente.
È una stupenda passeggiata di un paio d’ore. Siamo riusciti a fotografare i piccoli roditori Pika simili a topi, ma appartengono alla famiglia dei conigli. Li abbiamo incontrati tra le crepe delle rocce alla Yolyn Am e al Monastero Buddhista di Amarbayasgalant Khiid. I Pika sono davvero graziosi. A pranzo mangeremo al Gobi Discovery, dove dormiremo nelle Gher molto belle e confortevoli.
È come stare in campeggio, le Gher sono prive di servizi, ma c’è una confortevole struttura con acqua calda e bagni pulitissimi. Dopo un po’ di riposo acquistiamo qualche souvenir nella grande Gher negozio. La sera dopo cena i nostri amici si dedicano al burraco, noi passeggiamo nel campo dedicandoci alla fotografia.
Questo è l’8° comunicato del 7 luglio 2018 (trasmesso da AdPRadio in diretta), per riascoltarlo clicca sotto:
8 Luglio – Partiamo per Khongor Camp e attraversiamo un altopiano superando i 2000 metri.
Passiamo per Bayanzag, dove è nato il nostro autista Yura, che ci fa conoscere sua sorella che gestisce un mini bazaar. È un paesino tipico mongolo dove pranziamo.
Non possiamo visitare il museo dei reperti di dinosauri perché è stato chiuso. Nel pomeriggio arriviamo al Gobi Discovery,
ci sistemiamo questa volta in casette di legno. Poi andiamo sulle dune del Gobi dormiamo in una stanza molto grande ma calda. L’indomani Alina contesta all’agenzia la richiesta di sovrapprezzo richiestoci, perché non avevamo dormito in una Gher. Ma in una struttura più costosa, da noi non richiesta.
9 Luglio – Dopo ore di fuoristrada su piste scoscese, dove sarebbe stato impossibile recarsi in camper, la nostra guida a volte si ferma guardando a 360° la strada che continuamente con il vento e le piogge cambia conformazione e possono ingannare sul percorso da seguire.
Escursione con 4×4 alle Flaming Cliffs Rupi Fiammeggianti. Dove Roy Chapman Andrews nel 1922 guidò la spedizione che trovò un fossile di Paraceratherium.
È noto, in primo luogo, per avere condotto una serie di spedizioni nel Deserto del Gobi e nella Mongolia, attraverso la Cina degli inizi del XX secolo. Le sue spedizioni fecero importanti scoperte e portarono all’American Museum of Natural History le prime uova fossili di dinosauro mai conosciute.
Solo le fotografie fanno capire come questo luogo desertico, ricco solo di colori, di arbusti di saxsaul’ e di vento, non vi farà dimenticare la zona per la bellezza misteriosa del suo paesaggio.
La sera a cena conosciamo alcuni spagnoli, curiosamente Tommaso scopre che una Sig.ra si chiama Navara quasi come lui. Pioverà tutta la notte. Il ricordo rimarrà di una notte molto fredda nella Gher. Marina e Renato più sfortunati passeranno buona parte della notte a raccogliere l’acqua che entrava nella tenda.
10 Luglio – Torniamo a Dalanzadgad dovearriveremo alle undici e trenta. Facciamo il bucato sistemiamo i camper, ci riforniamo d’acqua e alle 16 ripartiremo.
Acquistiamo qualche souvenir e ci riforniamo di carburante vicino all’aeroporto.
Trasferendoci in direzione di Ulaanbaatar e fermandoci a dormire a Khuld dove c’eravamo fermati all’andata.
Contesteremo anche questa volta le richieste dell’agenzia che ci chiedeva un sovrapprezzo per la corrente avuta nella sosta nel giardino della nostra guida, per il posto aver pagato 10 € a camper al giorno per la sosta compresa l’acqua e la corrente, ci sembrava più che onesto.
11 Luglio – Partiamo per Mandalgovi dove incontriamo la guida, si chiama Mina (come la nostra cantante) parla poco inglese. Chiamiamo l’agenzia anche qui abbiamo dovuto contestare la richiesta di 10 $ al giorno per dormire su una collina senza nessuna sicurezza.
Ci siamo trasferiti in città di fronte al comando di polizia, dove c’è un bel parcheggio. Entriamo e Alina parla in russo con un responsabile chiedendogli se possiamo fermarci per una notte, ci concedono la sosta. Poi approfittiamo per andare a piedi a vedere un Naadam locale dove non incontriamo turisti.
Purtroppo ad un certo punto si scatena una tempesta di sabbia, che gli rovina parte della festa. La sera la moglie di un poliziotto ci ha portato addirittura della carne e frittelle con cetrioli, noi gli abbiamo offerto del caffè.
Mi si è staccata la bandella laterale dello sportello del passeggero, la fortuna vuole che a 50 metri ci sia un rivenditore di ricambi per auto e con un campione trovo i perni per rimontarla.
Mentre faccio la riparazione, gli altri vanno a comprare il pane.
12 Luglio – La mattina di buon’ora facciamo un’escursione con un 4×4 al Baga Gazryn Chuluu con la nostra guida Mina. Il fascino del Dundgov risiede nelle sue enigmatiche e particolari formazioni rocciose, che si concentrano soprattutto in questa zona e a Ikh Gazryn Chuluu.
In entrambe si trovano grandi pinnacoli di granito e canyon tortuosi. Lungo il percorso, l’autista si è fermato per farci vedere come si prende l’acqua dai pozzi sia per gli uomini sia per gli animali.
Passando tra queste montagne con piste accidentate, dove siamo costretti a scendere e percorrere qualche centinaio di metri a piedi, per il terreno impervio e non far strusciare sotto l’auto.
Visitiamo il Monastero di Joyful Temple of Manjushiri, dove non ci fanno fotografare l’interno. C’era anche un cimitero sciamanico.
Abbiamo fatto
una visita a casa
della nonna
novantenne
della nostra
guida Mina che
vive anora oggi
in una Gher,
(è una casa
ecologica ricoperta
di feltro)
conoscendo la zia
con una bimba
di un mese
nata nella Gher,
dove grazie
alla tecnologia
non mancano
un televisore,
un computer,
il cellulare,
il pannello solare
con relativa batteria
a 12 Volt
e un frigorifero.
Il tutto in circa 20
metri quadrati.
Strada facendo conosciamo tutta la famiglia mentre tosava le pecore.
La giornata si è finita salendo su un’altura da dove si vedono tutta Mandalgovi e i monti vicini.
13 Luglio – Nuova tappa alla Mercedes di Ulaanbaatar. Noi aspettiamo Tommaso. Marina e Renato vanno al Monastero Mandeskir Kird.
Più tardi ci rincontriamo e usciti dalla città, ci fermiamo vicino alla fase finale di un Naadam.
Renato si fa un giro a cavallo. Tommaso acquista della pecora bollita molto buona. Dormiamo qui al Naadam fuori della città di Ulaanbaatar. Questo è il 9° comunicato del 13 luglio 2018 (trasmesso da AdPRadio in diretta), per riascoltarlo clicca sotto:
14 Luglio – Proviamo ad andare nella zona delle terme, ma non ci fanno passare perché è il posto, dove c’è l’afta. Torniamo indietro e parliamo con dei locali che ci indicano una strada bianca alternativa. Proviamo ma il fondo è dissestato e polveroso. Quasi non si vede la strada. Alina soffre di allergia alla polvere, decido di non proseguire e anche gli altri si convincono che è meglio rinunciare.
Ci fermiamo a Lun, dove più tardi incontreremo la titolare dell’agenzia. Concordiamo di vederci nei prossimi giorni a Ulaanbaatar, per definire l’ultima uscita e saldare il conto.
Tommaso e Renato hanno dormito vicino al posto di polizia, sulla strada. Noi ci siamo spostati per la polvere e abbiamo dormito all’interno del villaggio davanti alla banca.
15 Luglio – Ci dirigiamo verso Kharkhorin, (Khangay Meridionali, Mongolia) l’antica capitale Karakorum. Lungo la strada A0301 il paesaggio è cambiato rispetto ai giorni passati, è piovuto spesso la notte e qualche volta anche nel tardo pomeriggio. Ci fermiamo a fotografare, l’altopiano prima desertico è un immenso prato verde e colorato da una varietà di fiori che ricordano la lavanda della Provenza.
Proseguiamo verso Kharkhorin, giungiamo in una zona desertica, incontriamo gente locale che fa passeggiate a cavallo e a dorso di cammello. Ci rincontriamo con Renato e Marina che si erano fermati a fotografare.
Arriviamo al Monastero Erdene Zuu (Эрдэнэ Зуу in mongolo significa cento tesori) a Kharkhorin all’ora di pranzo. Qui troviamo dei camper 4×4 di tedeschi già incontrati lungo la strada.
C’è anche un grande “Rotel Tours,
Das Rollende Hotel” sempre tedesco.
Visitiamo il Monastero
di Erdene Zuu del 1585.
Furono usate per
la sua costruzione
e pietre delle rovine
di Karakorum.
Le mura che
lo circondano
hanno 108 stupa,
con un perimetro di 402 metri.
Fu danneggiato durante una guerra del 1680 e ricostruito nel XVIII secolo. Nel 1800 aveva 62 templi e centinaia di edifici.
Nel 1939 “anni del terrore”, il monastero fu devastato durante il periodo sovietico e, coinvolse centinaia di monasteri in tutta la Mongolia, con l’uccisione di migliaia di monaci.
Furono risparmiati alcuni templi e le mura. Erdene zuu nel 1947 divenne un museo, così nel paese rimase un solo monastero funzionante quello di Gandantegchinlen a Ulaanbaatar.
Dopo la caduta del comunismo in Mongolia, nel 1990, Erdene zuu fu restituito ai monaci buddhisti, che ci hanno spiegato non vivono più al suo interno perché tuttora è un Museo e la sera dopo la chiusura devono uscire. Per noi visitarlo è stata una grande emozione, come si può vedere dalle fotografie. Ha iniziato a piovere con un forte vento, noi passavamo da un edificio all’altro, si respirava un’atmosfera mistica di un luogo speciale.
È ricco di sculture d’immagini del Buddha e di altri personaggi, con dipinti e scene molto raffinati. Uscendo dal complesso come in tutti i luoghi c’erano venditori di souvenir, con abiti d’epoca che i locali affittavano indossandoli per fare delle foto ricordo. Presente anche un bambino con un’aquila bellissima. Abbiamo dormito davanti alle mura del Monastero di Kharkhorin.
16 Luglio – Abbiamo visitato il nuovo piccolo museo di Kharkhorin. Il miglior museo fuori da Ulaanbaatar. Ogni reperto è esposto con cura. La collezione comprende manufatti del XIII – XIV sec. trovati nella zona, oltre a reperti provenienti da siti archeologici di altre località, e utensili in pietra d’epoca preistorica. Il museo espone ceramiche, bronzi, monete, statue di culto e iscrizioni in pietra.
C’è anche la riproduzione del lasciapassare
che usava Marco Polo (fornitogli dal Gran Khan) nei suoi spostamenti, (vedi foto a sinistra).
Nel pavimento del museo
è presente anche
una fornace
parzialmente riportata alla luce.
Dell’antica Karakorum,
da un’idea di come dovesse presentarsi
la città intorno al 1250.
Dopo aver
prelevato in banca
un po’ di Tugrik,
ci riforniamo
di cibo
girovagando
in un piccolo
mercatino.
Poi andiamo a vedere il sito storico, la scultura della tartaruga a 300 metri dalle mura del Monastero, dove tra l’altro hanno ritrovato le fondamenta dell’antica capitale degli archeologi tedeschi.
Quattro di queste sculture un tempo segnavano i confini dell’antica Karakorum e avevano la funzione di proteggere la città (le tartarughe sono considerate simbolo di eternità). Incontriamo una coppia d’italiani camperisti, che non se la sono sentita di fare il viaggio in camper.
Proseguiamo per il Monastero Shankh Khiid, alle pendici meridionali della montagna. Il sito comprende due templi ricostruiti recentemente, con i resti di un edificio più antico.
D’estate vi risiedono cinque monaci, il Lama responsabile del Monastero è una donna.
Qui abbiamo conosciuto un italiano che si spostava con un 4×4 e dormiva adattandosi nel Monastero.
Noi abbiamo dormito a fianco della porta, davanti alle mura.
17 Luglio – La mattina assistiamo al Monastero di Shankh Khiid al richiamo della preghiera di due monaci. Il suono si crea soffiando all’interno di grandi conchiglie.
È uno dei monasteri più antichi e storicamente rilevanti della Mongolia. Anche questo fu fondato da Zanabazar nel 1647 a soli 12 anni.
Ci trasferiamo alle terme di Kuscirt Sum, ci sono solo dei sanatori dove si può entrare solo per minimo una settimana. Entriamo, dove imbottigliano l’acqua.
Alina parla con una tizia in russo. In un primo momento ci chiedono 10 € per caricare tre camper, poi non ci fanno pagare e ci scattano delle foto ricordo.
Torniamo verso Kharkhorin ci fermiamo a mangiare lungo la strada per Ulaanbaatar, aspettiamo Renato che è andato a farsi riparare un paio di scarpe a Kharkhorin.
Ripartiamo per la Mercedes di Ulaanbaatar, arriviamo tardi e non ci consentono di dormire nel parcheggio interno. Dormiamo al fresco sotto un intenso temporale, lungo una strada vicino al Bogd Khan.
Questo è il 10° comunicato del 17 luglio 2018 (trasmesso da AdPRadio in diretta), per riascoltarlo clicca sotto:
18 Luglio – Andiamo di nuovo
alla Mercedes di Ulaanbaatar
e Tommaso in un paio d’ore
si fa resettare la centralina,
incontriamo un olandese
con un camion
Mercedes camperizzato.
I camion non hanno
questo tipo di problemi.
Visitiamo
il museo
Bogdan Khan
Palace Museum.
Costruito tra il 1893
e il 1903,
il complesso
è una delle
poche opere
storiche mongole
che non
sono state
distrutte
dai sovietici.
Il Palazzo d’Inverno ricorda con le sue finestre intagliate l’architettura russa. Il Padiglione Cooling e sei templi, contengono opere d’arte buddhista, con il Tempio di Naidan e il Tempio di Makhranz. Il museo ha circa 8.600 oggetti esposti in 20 edifici, con oltre 40.000 visitatori l’anno.
Presenti molti oggetti personali del Bogd Khan, come il trono il suo letto, la sua collezione d’arte e animali imbalsamati, un paio di stivali cerimoniali donati al Khan dallo zar Nicola II.
Finita la visita andiamo alla fabbrica del cachemire, poi troviamo un parcheggio dentro il centro commerciale Misheel Expo Center.
Acquistiamo la cena in un ristorante coreano, che chiude alle 19 con 18.500 Tugrik (6,50 €) a coppia. Tranquillamente più tardi mangiamo fuori dei camper.
19 Luglio –
Dopo aver fatto
acqua al
Misheel Expo Center
di Ulaanbaatar.
Ci siamo incontrati
al centro
commerciale Hunnu,
con la proprietaria dell’agenzia.
Abbiamo concordato l’ultima uscita con i 4×4 e saldato il conto.
Approfittiamo per visitare questo supermercato, dove al suo interno ci sono due dinosauri rinvenuti durante la costruzione. Poi ci siamo trasferiti al Gandan Monastery, con il Buddha più alto del mondo 28 metri. Il complesso monastico è molto interessante ci vivono 400 monaci.
Il monastero di Gandantegchinlen Khiid, anche conosciuto come monastero di Gandan, è un monastero buddhista tibetano di Ulaanbaatar, in Mongolia. Il monastero fu fondato nel 1835 e venne chiuso dai comunisti nel 1938.
Venne riaperto nel 1944 e rimase l’unico monastero in funzione in tutta la Mongolia.
La sera abbiamo chiesto di poter dormire qui e ce l’hanno concesso.
20 Luglio – Siamo scesi a piedi dal Gandan arrivando al Monastero Buddhista di rito cinese, è un edificio moderno con all’interno pareti e colonne di pietra pregiata.
Il Museo dei Dinosauri di Ulaanbaatar considerando che si trova nel paese dove fin dal 1924 vennero scoperti oltre 100 resti di dinosauri di varie specie e dimensioni, sopratutto nel Gobi (che in lingua mongola significa deserto).
Alla vista dei visitatori sembra un po’ povero di reperti. È anche vero che la maggior parte sono stati portati illegalmente fuori dal paese, solo recentemente alcuni reperti sono stati restituiti dagli Stati Uniti, (vedi il certificato affisso nel Museo).
Il Museo Nazionale di Storia Mongola offre al visitatore una panoramica storica sul paese dall’età della Pietra fino ai giorni nostri.
Oltre ad ammirare incisioni rupestri, “stele di cervo” e tombe di epoca unna e uigura. Bellissimo il tesoro aureo (con una tiara d’oro), scoperto nel 2001 durante gli scavi archeologici a Övörkhangai. Notevole la splendida collezione di gioielli, costumi e copricapo della maggior parte delle tribù della Mongolia.
Merita una certa attenzione, l’elaborata argenteria della minoranza dariganga e dei copricapo dei mongoli khalka. Ci sono oggetti che contengono circa 23 kg d’argento. Importante la collezione di esemplari di armature del XII secolo e la corrispondenza tra Papa Innocenzo IV e Guyuk Khan.
Redatto in latino e persiano del 13 novembre 1246, sul documento è presente il sigillo del khan. Preziosa una Gher completamente arredata, e ancora attrezzi agricoli, utensili, selle, strumenti musicali.
Nella parte dedicata al XX secolo c’è il famoso frustino cavo di Damdin Sükhbaatar, all’interno del quale fu nascosto un messaggio segreto scritto nel 1920 dal Bogd Khan per ottenere l’appoggio dell’Armata Rossa.
C’è anche una vetrina dedicata all’unico astronauta mongolo della storia Žùgdėrdėmidijn Gùrragčaa che partecipò al programma Intercosmos, volando nello spazio durante la missione Sojuz 39.
Ci spostiamo di 100 metri nella limìtrofa
piazza Sühbaatar,
(al centro c’è
una grande
statua equestre
che ricorda colui
che ottenne
l’indipendenza
dalla Cina) dove
c’è anche
il parlamento
che condivide
con il palazzo
del governo.
Nell’800 anniversario dell’incoronazione di Gengis Khan nel 2006 è stata inaugurata una statua che lo rappresenta seduto su un trono.
È pieno di gente che si fa fotografare con delle giovani coppie, che oggi si sono sposate. Stanchi dopo un’intensa giornata torniamo ai camper, durante la serata ci spostiamo per dormire di nuovo al Misheel Expo Center.
21 Luglio – La mattina viene dedicata allo shopping, poi ci spostiamo a piazza Sühbaatar il parcheggio è comodo, volevamo visitare il museo di storia dell’indipendenza mongola, ma è chiuso.
Visitiamo il grattacielo a Vela, Cielo Blu. Dal 23° piano c’è una vista a 360° di tutta la città. Questo è l’11° comunicato del 21 luglio 2018 (trasmesso da AdPRadio in diretta), per riascoltarlo clicca sotto:
Passiamo vicino
alla National Academic Drama Theater.
La sera ci sarà uno spettacolo in costume.
Acquistiamo
i biglietti
e già che ci siamo chiediamo
al guardiano
del parcheggio
interno del teatro
se è possibile
sostare per la notte, per circa 1 € a camper Tommaso ed io ci fermiamo, i nostri compagni di viaggio che non vengono a teatro preferiscono rimanere in un altro parcheggio.
Lo spettacolo in costume è molto bello, con canti balli e artisti acrobati, suonano con strumenti della tradizione mongola anche la marcia di Radenski.
22 Luglio – Oggi andiamo fuori città a vedere il monumento a Gengis Khan.
La statua equestre è colossale dedicata a Gengis Khan situata a Tsonjin Boldog in Mongolia sulle rive del fiume Tuul Gol, circa 54 km a est della capitale Ulaanbaatar.
L’opera che rappresenta il condottiero a cavallo, è alta 30 metri e poggia su di un edificio circolare alto 10, per cui l’altezza totale del monumento è di 40 metri. Nel 2016 era la statua equestre più alta del mondo.
È d’acciaio ed ha un peso di circa 240 tonnellate. Per vedere il panorama dall’alto abbiamo preso un ascensore, poi attraverso una scala interna, si arriva alla testa del cavallo. Il panorama dall’alto è da mozzafiato. È orientata verso est nella direzione del luogo di nascita di Gengis Khan.
L’edificio che la sostiene di forma rotonda, è contornato da 36 colonne, che simboleggiano i 36 Khan mongoli succedutisi a partire da Gengis Khan. La sera ceniamo nel parcheggio c’è un cartello che invita ad uscire entro le 20, ma nessuno ci dice di uscire, rimangono anche molti locali.
Così dormiamo tranquillamente sotto la protezione delle numerose statue dei soldati a cavallo che vegliano sul grande condottiero.
23 Luglio – Torniamo a Ulaanbaatar (in mongolo, eroe rosso),
oramai siamo
i casa e
ci fermiamo
nel comodo
parcheggio
sulla piazza
Sühbaatar,
dove gustiamo
del buon pollo
fritto acquistato
la mattina
per la strada
di Tsonjin Boldog.
Siamo andati a cercare il museo delle Gher, erano quasi tutte chiuse nel pomeriggio. Alina vedendo come pregano i buddhisti, straiandosi su una tavola che scivola fatta come i vogatori delle barche da regata.
Si cimenta in una prova.
Problematica la sosta, così ci fermiamo solo per un’ora. Vicino a noi parcheggia un autobus di maturi turisti tedeschi, questo Bus viene da Amburgo e va in Cina fino a Shanghai.
Poi visitiamo la piazza intitolata ai Beatles, ci sono potenti altoparlanti che diffondono canzoni. Ci fermiamo ad ascoltare e con grande stupore tra tante canzoni ascoltiamo anche questa:
Con Tommaso abbiamo fatto acqua al parcheggio del teatro. Ci rincontriamo con Marina e Renato, inizia la strada del ritorno.
Ceniamo e dormiamo sulla piazza davanti al comune di Bayanchandmani.
24 Luglio – Torniamo a Darkhan (in mongolo: Дархан, significa “fabbro”) è la terza città più grande della Mongolia capitale della provincia di Darkhan-Uul fondata nel 1961 (con l’aiuto dei sovietici) come suggerisce il nome, la città fu originariamente progettata come un sito industriale.
Ha una popolazione di 96.428 nel 2013. Arriviamo alle 12,15 fa un caldo infernale, ci ripariamo all’ombra di un edificio. Andiamo al supermercato ma non si possono fare acquisti non hanno la corrente e non funzionano le casse. Nel tardo pomeriggio facciamo degli acquisti in un altro complesso. La sera dormiamo a Darkhan.
Andando al Monastero di Amarbayasgalant Khiid ho fatto questo video credo di Gipeto (non sono un esperto) in mongolo Yol. È un avvoltoio che vive in Europa e diffuso fino in Mongolia.
25 Luglio – La mattina con un normale
pulmino dell’agenzia Juulchin
ci trasferiamo
al Monastero di Amarbayasgalant Khiid (Амарбаясгалант Хийд in mongolo) nella
Provincia di Selenge
che dista 170 Km
da Darkhan,
con 35 km di pista
in un paesaggio
stupendo arrivati alle ore12,08.
Circondato dalle distese selvagge dell’aimag di Selenge, questo Monastero di stile cinese è considerato uno dei tre principali della Mongolia insieme all’Erdene Zuu di Kharkhorin e al Gandan di Ulaanbaatar sono il complesso architettonico più bello e meglio conservato del paese.
L’Amarbayasgalant Khiid fu costruito tra il 1727 e il 1737 per volontà dell’imperatore mancese Yongzheng in onore del grande scultore mongolo, il monaco buddhista Zanabazar, il cui corpo mummificato fu trasferito qui nel 1779. Ogni particolare del monastero è in stile mancese. Il monastero sopravvisse alle purghe staliniane. Oggi ci sono una trentina di monaci, fino al 1936 ve ne risiedevano oltre 2000.
Zanabazar, (soprannominato il Michelangelo della Steppa) artista, uomo di stato e Buddha vivente, è oggi annoverato fra i maggiori artisti di tutta l’Asia. Nato nel 1635, alla tenera età di tre anni fu riconosciuto come possibile gegeen (santo); a 14 anni fu inviato in Tibet per studiare buddhismo sotto la guida del Dalai Lama.
Noto in Mongolia come Öndör Gegeen, fu anche proclamato membro del lignaggio Jonangpa del buddhismo tibetano e divenne il primo bogd gegeen (capo buddhista reincarnato della Mongolia).
Partiti da Darkhan passiamo per Sükhbaatar e acquistiamo delle ultime cose. Mentre ci riforniamo di gasolio, conosciamo due italiani che con un 4×4 faranno suppergiù il nostro itinerario e ci chiedono qualche informazione. La sera arriviamo alla frontiera mongola e decidiamo di attraversarla il mattino dopo.
In direzione di Kjachta Russia sostiamo nel parcheggio di un ristorante dove la sera arriva anche un pulman di ragazzi, che, cenano e subito dopo ripartono. Marina parla in tedesco con delle ragazze mongole che vivono in Austria, che chiedono al gestore se ci possiamo fermare a dormire nel suo parcheggio, lo possiamo fare pagando 5.000 tugrik (1,77 €). Non abbiamo più moneta locale così la mamma delle ragazze paga lei, ma non si erano capiti bene (la signora aveva pagato solo per un camper) dopo 10 minuti viene il proprietario e chiede a me e a Tommaso 5.000 tugrik per i nostri camper, per fortuna sono forniti di Pos e paghiamo con le carte di credito. La sera dormiamo a Altanbulag al confine nel parcheggio del Ristorante. A questa sera abbiamo fatto 13.523 km.
Il vero protagonista del nostro viaggio in Mongolia
è il deserto, sterminato e possente, da cui
tutto proviene e a cui tutto ritorna.
Considerazioni da ricordare nei grandi viaggi
Il viaggiatore in camper anche se ha già effettuato per anni viaggi in Italia e in Europa quando ragiona sulla possibilità di andare in posti lontani quali la Russia asiatica ha un attimo di timore, si guarda intorno, legge di viaggi fatti da altri e pensa che forse sia il caso di rivolgersi a qualche organizzazione che lo possa aiutare.
Oggi esistono sul mercato varie possibilità. Rispetto a qualche anno fa tutto è più semplice perché anche alcuni degli ex paesi dell’Unione Sovietica sono entrati nell’Unione Europea.
Lo spazio Schenghen ha reso i passaggi di frontiera più rapidi, mentre per i visti è ancora necessario rivolgersi a delle agenzie specializzate.
Il viaggio si può intraprendere tranquillamente in tre o quattro camper, sia per avere compagnia, che di reciproca assistenza in caso di problemi. È necessario tener conto che in Russia non esiste ancora una rete di officine diffusa e che a volte per una piccola necessità, come cambiare un filtro sporco della nafta, può essere necessario un aiuto tra camperisti.
Uno dei problemi che ci si trova ad affrontare viaggiando con altri camperisti è legato agli interessi generali e particolari di ognuno di noi.
Sarebbe opportuno
testare con alcuni
viaggi minori
la compatibilità
fra persone,
prevedere quando
ci si fermerà
per la pausa caffè,
l’orario del pranzo, l’eventuale pennichella,
la sosta serale e l’orario della cena per non arrivare in posti non conosciuti durante la notte.
L’eccezione può capitare ma non deve essere una regola.
Così come per una
buona riuscita
del viaggio si consiglia
di tracciare un itinerario ben definito
con le varie tappe
e punti di sosta,
oggi aiuta molto il GPS,
in questo modo
se qualcuno
è interessato a fare
delle deviazioni per particolari interessi può concordare con gli altri componenti del gruppo, un appuntamento dopo alcune ore, un giorno o più, senza dover rinunciare a qualcosa che ritiene importante.
Spostarsi preferendo le autostrade anziché i percorsi alternativi è sconsigliabile.
Tenendo presente
che anche le lunghe
tratte di attraversamento
di un paese fanno parte
del viaggio
usando solo le autostrade si rischia di fare tappe di 800-900 km al giorno, e non vedere nulla.
Tanto varrebbe allora prendere un aereo ed evitare lo stress; siamo in vacanza! La stessa modalità di procedere può essere applicata alla visita di una città. Spesso ci si comporta come la pecora dietro al cane pastore per non avere problemi nel seguire la strada, paura di sbagliarla o non conoscenza di alcuna lingua e quindi difficoltà nella comunicazione.
Il camperista che
fa da capogruppo
è importante
che abbia la
capacità di guidare
con particolare
attenzione ai comportamenti
a proposito
dell’andatura riferita
alla velocità,
alle caratteristiche meccaniche
dei singoli mezzi, tenendosi in contatto,
tramite CB, con l’equipaggio che fa da “scopa” (ultimo della colonna).
Sempre dietro per capire le difficoltà che può avere il gruppo, evitare quando è possibile di stare troppo serrati permettendo così agli altri automobilisti di transitare e sorpassare senza difficoltà.
Evitare sempre
di fermarsi all’improvviso,
di girare repentinamente senza dare indicazioni
agli altri autisti
e farli trovare in difficoltà.
Quando accade
chi segue deve
pensare alla
corretta guida, proseguire e in seguito fare un’inversione
di marcia e
tornare indietro.
Coloro che sono abituati a viaggiare da soli
si devono adattare
a questi comportamenti elementari.
Normalmente il
“Capo Driver”
è portato
a sostare in luoghi
che già conosce specialmente quando
il gruppo è numeroso,
o sostare
nei parcheggi
dei distributori di benzina, che offrono più spazio (in Russia sono diffusi gli immensi Tir Park a circa 40 km).
Personalmente preferisco sempre quando è possibile
uscire dalle autostrade
o dalle grandi arterie
e cercare
un piccolo paese
dove generalmente
non è difficile trovare
un luogo adatto
alla sosta,
questo può valere
anche per il pranzo.
Così facendo
si riesce casualmente
a scoprire situazioni
che appartengono al viaggiatore,
che rimangono nei ricordi, mentre sono
sconosciute al turista
che segue solo
le guide o le
indicazioni
dell’amico o del parente che già così ha fatto.