La cordialità dei giordani e soprattutto
dei siriani ci hanno fatto sentire a
nostro agio e ci hanno fatto dimenticare
i timori del terrorismo, che ormai senza
alcuna regola colpisce tutti i paesi del mondo.
di Giuseppe Bacci
È passato appena un mese dal mio ritorno dal viaggio in Medio Oriente fatto ad agosto e mi ritrovo contento di partire nuovamente per lo stesso itinerario.
Questa volta i ragazzi non saranno con me in quanto impegnati con la scuola, mentre mia moglie Sara mi raggiungerà in aereo direttamente a Damasco.
Siamo in 15 camper, ma senza nessun ragazzo, solo 31 adulti.
La nave parte da Ancona ed il percorso fino a Cesme è molto lungo, oltre due giorni che passiamo tra chiacchiere e dormite.
Si sbarca infine in terra d’Asia e subito ci muoviamo per raggiungere la Siria, con due giorni di trasferimento attraverso i bei paesaggi dell’altopiano turco.
Cominciamo ad avere le prime avvisaglie del ramadan, il mese islamico del digiuno e della preghiera.
Di giorno infatti i negozi sono spesso chiusi, niente vendita di spuntini, solo qualche pasticceria, mentre la notte lunghe preghiere dagli altoparlanti dei minareti e rullo di tamburi.
Subito dopo il tramonto, quando finalmente i musulmani possono interrompere il digiuno che dura dall’alba, i negozi e gli uffici sono tutti chiusi, a volte persino le pompe di benzina, e non si vede nessuno per strada.
Per tutto il viaggio il ramadan influenzerà i nostri orari ed i nostri sonni che si dovranno adeguare ai poco prevedibili orari imposti dalla religione in questo mese.
Comunque ci armiamo di pazienza ed entriamo in Siria dopo quasi 8 ore passate tra file, timbri, firme, cambi, tasse e mance.
Riusciamo a visitare le rovine di San Simeone, subito comprendiamo quali meraviglie archeologiche possa riservare il Medio Oriente.
Perché questo santo eremita del 5° secolo che ha passato buona parte della sua vita in cima ad una colonna sia diventato il protettore dei camperisti ci risulta oscuro, ma restiamo affascinati dalle rovine dell’immensa basilica e dalla stranezza della sua storia.
Infatti San Simeone nasce in una famiglia di pastori, ma presto mostra un carattere solitario ed infine si indirizza verso la vita monastica.
Tuttavia anche questa gli sembrava troppo a stretto contatto con i propri simili, e preferì ritirarsi in una grotta della zona per meditare e pregare.
Piano piano si sparse la voce di questo uomo così pio e diversi fedeli andavano a trovarlo ed a chiedere consiglio.
Forse irritato da chi interrompeva la sua solitudine, Simeone si costruì un pilastro di 3 metri e vi si trasferì in cima, per non essere toccato da nessuno.
Passò il resto della sua vita, quasi 40 anni, sulla cima di colonne via via sempre più alte fino ad arrivare a 18 metri di altezza, da dove il santo, legato con una catena al piede per non cadere nel sonno, calava un cestello per avere il cibo dai suoi discepoli che lo seguivano da terra.
Rifiutò sempre di parlare con le donne, compresa sua madre, e diventò sempre più famoso fino a richiamare pellegrini da tutta Europa ed essere probabilmente una delle persone più conosciute del quinto secolo.
Alla sua morte i suoi discepoli costruirono intorno alla colonna quattro grandi basiliche che risultarono a quell’epoca la chiesa più grande del mondo, mentre altri seguirono il suo esempio di vivere su una colonna e furono chiamati stiliti (dal greco stilos = colonna).
Oggi della colonna resta uno spezzone sbocconcellato nei secoli dai fedeli che ne hanno portato a casa un pezzo come reliquia, ma le rovine delle basiliche sono imponenti. Il clima ad ottobre è piacevole, abbastanza caldo di giorno, un poco più fresco di notte, ma l’ora legale in Siria e Giordania è finita e così ci ritroviamo con il tramonto alle 17.00, che ci costringe ad anticipare le nostre partenze mattutine per sfruttare meglio le ore di luce.
Istruiti dalla nostra guida locale, Elia, che come si capisce dal nome è di religione greco-ortodossa, visitiamo Aleppo, il museo e la cittadella, mentre per il mercato il ramadan ed il fatto che è venerdì ce lo fanno trovare per gran parte chiuso: ci rifaremo a Damasco.
Si riparte verso est fino all’Eufrate ed alla bella fortezza di Qulat Jabar sulle rive del lago artificiale formato dalla grande diga Assad.
Poi attraverso il deserto verso Sergiopoli racchiusa tra mura ancora quasi integre, con la sua basilica dedicata a San Sergio e la porta nord ricca di decorazioni.
Sergiopoli colpisce non solo per le rovine, ma anche per il paesaggio che l’attornia: una distesa di deserto piatto che rende difficile immaginare come questa città sia potuta divenire importante.
Ci incamminiamo quindi verso sud per raggiungere Palmira, ma dobbiamo passare attraverso un paese dove sappiamo che vi sono stati episodi di lancio di sassi da parte di alcuni ragazzini.
Così, dopo aver dato istruzioni per regalare caramelle e biscotti ai ragazzini lungo la strada, mi metto in ultima posizione, quella più rischiosa.
Ma al nostro passaggio, forse perché ancora ricordano il gruppo di agosto, forse perché questo gruppo è molto prodigo ed in un paio di minuti lascia vari chili di biscotti e caramelle, una folla di ragazzini mi accoglie festante, con le mani colme di dolciumi ricevuti dai quattordici camper che mi precedono.
Insomma questi terribili ragazzini lancia sassi si rivelano bambini come tutti gli altri e di sassi neanche l’ombra, se non altro perché hanno le mani occupate a tenere biscotti e caramelle.
Qualche battuta al CB sull’aumento delle carie dentali nel paese e siamo passati.
Arriviamo a Palmira per il tramonto e raggruppandoci su 5 camper arriviamo al forte islamico da cui si gode il panorama sulle rovine dell’antica città e sulla valle delle tombe.
Il luogo è stupendo e ricordo ancora l’impressione che ho ricevuto la prima volta nell’addentrarmi tra queste maestose rovine. Non vi sono recinzioni e la strada asfaltata incrocia l’antica via colonnata, permettendo di passeggiare tra ruderi e colonne anche la sera grazie alle luci arancioni.
Una volta posteggiammo i camper tra capitelli e fregi di marmo subito a ridosso delle mura: certamente la conservazione di questa meraviglia è lasciata al senso civico dei turisti che la visitano.
Giungiamo poi a Damasco, con la moschea omayyade, il museo, la casa Azem e questa volta il grande mercato coperto che si snoda tra i vicoli della città vecchia.
Il giorno dopo escursione verso il Libano alle imponenti rovine di Baalbeck nella valle della Beckha, qualche problema alla frontiera dove il nostro visto collettivo comprende 31 persone, ma una coppia è rimasta in campeggio colpita dalla maledizione di Montezuma (= dissenteria) e quindi mancano all’appello.
Naturalmente con una buona mancia tutto si risolve.
La maledizione di Montezuma ci colpirà durante tutto il viaggio in forma più o meno lieve passando da una persona all’altra, me compreso, senza alcun nesso apparente con il cibo mangiato, forse è una forma di tipo influenzale.
La notte Sara mi raggiunge in aereo e resterà con noi fino al nostro ritorno a Damasco, quando volerà di nuovo verso casa.
Passiamo in Giordania, dove a differenza delle volte precedenti non ci aspettano per scortarci durante i nostri spostamenti. Infatti con discrezione ma inesorabilmente le ultime volte che sono venuto in Giordania la polizia locale ci ha scortato soprattutto nelle regioni del nord.
A volte una macchina della polizia si mette alla testa della colonna di camper, altre volte, dato che cambiando distretto si cambia la scorta, abbiamo anche avuto dei militari con tanto di camionetta con mitragliatrice.
Fa un certo effetto attraversare un villaggio così scortati, peccato che la mitragliatrice sia rivolta dietro, cioè esattamente contro il mio camper…
In effetti avremo un paio di episodi di sassi lanciati da ragazzini con conseguenti ammaccature delle pareti dei camper e forse questo era il motivo per cui veniva assegnata la scorta.
Dopo una sosta a Gerasa con la sua splendida piazza ovale e la via colonnata, andiamo subito verso l’estremo sud, fino al mare di Aqaba.
Ad Aqaba fa abbastanza caldo, ma tutto sommato è piacevole, così si passa il tempo tra un bagno e l’altro, osservando pesci e tartarughe marine nella barriera corallina che si trova a pochi metri dalla spiaggia e facendo anche qualche incontro troppo ravvicinato con i ricci neri dai lunghissimi aculei.
Insieme ad altre tre persone io vado a fare un’immersione subacquea sul relitto della Cedar Pride, un mercantile affondato anni fa vicino alla barriera corallina e che si sta ricoprendo di coralli e gorgonie su un fondale di 25 metri.
Nel frattempo gli altri si godono un giro sulla barca dal fondo di vetro ammirando anche il relitto.
Aqaba è il punto più caldo di questo viaggio in Medio Oriente, quando sono venuto ad agosto la temperatura superava i 47 gradi ed anche di notte non calava sotto i 38.
Ma i veri viaggiatori non si spaventano per così poco: chi passava da una doccia all’altra, chi in mancanza di aria condizionata usava ventilatori potenziati, chi dormiva con i finestrini ed anche la porta del camper aperta, mentre qualcun’altro passava la notte dormendo sotto le stelle con un asciugamano bagnato come coperta.
Prossima tappa Wadi Rum dove ci aspettano gli scalcinati fuoristrada scoperti che ci permetteranno comunque di godere pienamente dei grandi paesaggi che rendono famoso questo luogo.
Vediamo così archi naturali, dune, montagne di arenaria scolpite dal vento, antiche iscrizioni e gole fino ad aspettare il tramonto sulle ampie vallate sabbiose.
Da Wadi Rum ci spostiamo a Petra dove come prima cosa visitiamo la cosiddetta “piccola Petra”.
Per chi visita per la prima volta questi luoghi la zona colpisce subito per l’aspetto delle montagne: massi di roccia levigati dal tempo dalle forme che ispirano la nostra immaginazione.
Tra di esse si snoda una gola dove ci addentriamo e che ci rivela diverse tombe scavate nella roccia delle pareti, fino ad una lunga scalinata intagliata che conduce verso la città vera e propria.
Tutto intorno altre tombe, cisterne ed altri segni dell’antica civiltà nabatea.
Rispetto alla più famosa Petra certamente le rovine sono di minore valore, ma essendo poco visitate si lasciano apprezzare maggiormente senza le torme di turisti che affollano i luoghi più famosi.
La sera ci facciamo allettare dalla proposta di “Petra by night”. In un gruppetto andiamo a fare questa camminata notturna fino al tesoro, ma si tratta solo di un cammino illuminato da centinaia di candele ed uno spettacolo in tono minore di musica e danza beduina. Per fortuna la luna piena ci ha permesso di ammirare il suggestivo paesaggio notturno, torniamo abbastanza delusi per quello che invece poteva essere uno spettacolo di suoni e luci migliore. Il giorno dopo rientriamo per il giro classico di Petra che nel nostro caso comprende tutto l’itinerario fino al museo e poi la salita al monastero, in tutto circa 10 km ed un dislivello di 400 metri.
Qualcuno sale sull’asino, altri a piedi ma quasi tutti arriviamo in cima, anzi un gruppetto di allenati camminatori sale anche sulla montagna di fronte per ammirare altre tombe e l’altare dei sacrifici.
Comunque il fascino di Petra rimarrà nei cuori di tutti. Si risale ormai verso nord, percorrendo la strada dei re con il suo sali scendi attraverso vallate e paesaggi spettacolari, fino al possente castello crociato di Kerak.
A Madaba vediamo i mosaici della chiesa di san Giorgio ed anche quelli della chiesa sul Monte Nebo, affacciata sulla depressione del Mar Morto.
Scendiamo quindi fino alle rive di questo strano mare, per fare un bagno e provare lo strano galleggiamento che obbliga a movimenti diversi dai soliti per nuotare.
In compenso in questo buco di 400 metri sotto il livello del mare fa più caldo e si sta in costume nonostante abbiamo incontrato le prime nuvole del nostro viaggio. Il clima è rinfrescato, la notte in molti accendiamo le stufe, d’altra parte siamo spesso su altitudini di 700-800 metri, di giorno l’aria rimane piacevolmente tiepida.
Dopo una puntata nel deserto orientale per visitare i tre castelli arabi nei pressi di Azraq, così diversi tra loro perché nati per funzioni diverse.
Colpisce in particolare quello con porte in pietra e travi dei solai in pietra, dove soggiornò Lawrence d’Arabia.
Si ritorna in Siria con un giorno di sosta a Damasco per fare tutti gli acquisti, ma prima con i taxi ci spostiamo dal campeggio a visitare la moschea di Saudi Zeinab, costruita 80 anni fa dai musulmani sciiti e decorata splendidamente con intarsi colorati, specchi, stucchi e travi di legno scolpito.
Mantenendo un atteggiamento consono al luogo santo (vi si venera la memoria di Alì, seguace di Maometto ucciso in una lotta fratricida), entriamo anche nella sala da preghiera dove uomini e donne, separati, pregano battendo il capo su piccoli dischi di argilla che poggiano sul pavimento.
Ormai bisogna lasciare anche Damasco, ma altre meraviglie ci attendono, il Crac dei cavalieri che materializza il castello medioevale dei nostri sogni ed Hama non sempre inserita nei circuiti turistici, ma secondo me di grande interesse.
La principale attrattiva di questa città sono le norie, grandi ruote di legno usate per innalzare l’acqua dell’Oronte al di sopra del livello del fiume che scorre abbastanza incassato.
Furono progettate e costruite in epoca medioevale ed oggi ne restano una dozzina, di cui la più grande con un diametro di oltre 20 metri.
Sono costruite in legno ed utilizzano la corrente del fiume per girare, mentre un sistema di cassette raccolgono l’acqua per poi, rovesciandosi, scaricarla nel canale dell’acquedotto che parte dalla loro sommità.
La cosa che più colpisce è il rumore che fa il perno di legno sfregando sui ceppi, all’inizio non sembra neanche che provenga dalla ruota, più che un cigolio è una vibrazione, una nota quasi pura, che cambia all’improvviso quando la ruota accelera o rallenta appesantita dall’acqua.
Quando le norie sono 2 o 3 affiancate sembra di assitere ad un vero e proprio concerto di una musica aliena.
Ma oltre alle norie Hama offre anche un centro storico fatto di vicoli medioevali e ponticelli sull’Oronte, ed anche ristoranti e giardini ben tenuti lungo il fiume.
Bisogna dire che rimane poco dello splendido centro storico che aveva fino al 1982, quando una rivolta contro il governo di Hafez al Assad organizzata dai “fratelli mussulmani”, un gruppo religioso integralista armato, causarono una reazione militare contro la città, che venne cannoneggiata e bombardata pesantemente, con molti morti ed ingenti danni.
Questo ci fa capire, quando sentiamo parlare della Siria come di uno stato “canaglia” che aiuta il terrorismo islamico, che in verità la realtà è più complessa e che anche i governi arabi laici (praticamente tutti tranne l’Iran, dove i religiosi sono al potere) sono fortemente preoccupati dalla crescita dei movimenti integralisti. Tra l’altro notiamo con piacere che in questi ultimi 5 anni di governo, il figlio di Hafez, Bashir al Assad, sta portando la Siria fuori dall’isolamento cui era costretta da una politica filo-sovietica, con chiari segnali di una riduzione del potere dei vertici militari in favore di una democratizzazione, per la verità ancora lontana.
Ultima tappa la visita di Apamea, con la lunghissima via colonnata e poi verso il confine, in molti appesantiti da taniche di nafta, vista la grande differenza di prezzo tra Siria e Turchia.
Il profumo di questo carburante non lascerà presto i nostri camper… Poi è il lungo ritorno, due giorni per attraversare la Turchia e poi altri due giorni e mezzo di navigazione fino ad Ancona.
Si passa il tempo tra partite a carte, visione di foto, chiacchiere ed i pasti al self service della nave.
Abbiamo terminato il nostro giro di oltre 6.000 km in terra d’Asia.
Abbiamo avuto qualche guasto meccanico: un ammortizzatore sfilato, una quinta marcia fuori uso, una stufa lunatica, ma niente che abbia di fatto ostacolato il nostro cammino.
La cordialità dei giordani e soprattutto dei siriani ci hanno fatto sentire a nostro agio e ci hanno fatto dimenticare i timori del terrorismo, che ormai senza alcuna regola colpisce tutti i paesi del mondo.
Resta il ricordo di luoghi splendidi, di un bel gruppo che non si tirava indietro nel ridere, scherzare e cantare.
La nostalgia è tanta, ma ritorneremo…