Siamo scesi dall’aereo ad
agosto a Los Angeles e, dopo
una notte in hotel per recuperare
la differenza di fuso, siamo
andati a prendere i nostri camper
per iniziare il giro che ci ha portati
con oltre 5000 km a toccare 5
stati: California, Nevada,
Arizona, Utah e Colorado
di Giuseppe Bacci
Avevamo prenotato camper piccoli, almeno per lo standard americano: dei mansardati da 7 metri e mezzo, ma con una larghezza agli specchietti di 3 metri ed un’altezza di 3 metri e settanta, incluso il condizionatore sul tetto.
Il potente motore 8 cilindri con cambio automatico ci ha assicurato comunque prestazioni brillanti, anche se con consumi elevati. primo trasferimento ci ha portato a Las Vegas, una città che non può lasciare indifferenti: la si può amare per gli spettacoli teatrali di ottimo livello, per l’atmosfera festaiola, per le occasioni di divertimento, ma la si può odiare per l’ostentazione del vizio (dal gioco d’azzardo alla prostituzione) o per la tendenza al pacchiano. Dall’alto della torre Stratosphere di notte siamo riusciti ad avere una visione mozzafiato su questa grande città che si estende con il suo reticolo di strade in mezzo al deserto. Tra tutte risalta la “strip”, il viale lungo il quale si affacciano gli hotel più famosi. Gli hotel-casinò di Las Vegas sono in effetti qualcosa di più di un albergo di lusso, sono molto grandi ed occupano interi isolati ognuno con diversi edifici che nei piani alti ospitano centinaia di camere ed altri servizi per la clientela, mentre nei piani bassi sono aperti a tutti ed offrono, in un labirinto di percorsi interni, negozi, ristoranti, teatri, fast food, piazze con fontane e naturalmente grandi sale con slot machines e tavoli verdi. Un’altra caratteristica di questi grandi alberghi è il fatto di essere ognuno una specie di giostra a tema.
Nella nostra passeggiata abbiamo attraversato il Circus Circus, ispirato alla vita del circo, con il suo grande tendone a strisce bianche e rosse sotto il quale si svolgono continui spettacoli circensi con artisti di fama, dagli acrobati, ai contorsionisti, ai clown, e le sue sale con attrazioni da luna park come il tiro a segno o la pesca della papera. Siamo passati poi al Caesar Palace ispirato all’impero romano, dove si passeggia tra palazzi classici e templi, con un soffitto illuminato che imita alla perfezione il cielo diurno primaverile, con piazze ornate da statue di divinità pagane, fino alle cosiddette statue parlanti, una fontana che periodicamente offre uno spettacolo meccanico piuttosto kitsch. Molto spettacolare il Venetian con il ponte di Rialto, il campanile di San Marco, ed all’interno, al secondo piano, il Canal Grande con tanto di gondole. Al piano inferiore, in pratica sotto l’acqua del canale, saloni con slot machines e tavoli per il gioco d’azzardo. Molto bello lo spettacolo con la fontana luminosa davanti al Mirage, dove al suono di musiche famose si ammirano le coreografie di questa fontana che stupisce per numero e potenza dei getti d’acqua: è sicuramente uno spettacolo da non perdere. Nei giorni successivi il nostro itinerario ci ha portato a visitare alcuni tra i più bei parchi naturali del nord America.
Per primo abbiamo raggiunto il Grand Canyon, una spettacolare fenditura scavata dal fiume Colorado che incide l’altopiano per una profondità di 1400 metri. Belli i panorami che si godono dal bordo, mentre per una visita più approfondita bisognerebbe prevedere diversi giorni e robuste gambe che non risentano dei forti dislivelli e delle estreme variazioni climatiche tra bordo e fondo. Non ci siamo fatti mancare un giro con i nostri camper per la Monument Valley, lungo il circuito sterrato che regala splendidi panorami sulle “mesa” le montagne dalla cima piatta che rendono caratteristica questa zona, dove John Ford per primo girò molti dei suoi celebri film western. Il parco nazionale di Mesa Verde invece offre uno dei pochi posti archeologici degli Stati Uniti. Infatti i nativi americani erano prevalentemente nomadi e quindi non hanno lasciato tracce durature della loro cultura. In questa zona invece abitò un popolo di agricoltori che circa 6 secoli fa costruì una serie di villaggi nelle grandi nicchie naturali che si trovano sulle pareti dei burroni. Nella prima parte del nostro giro ci eravamo mossi verso l’interno del continente, in direzione nord-est, attraversando il grande altopiano per lo più desertico che si estende in questa zona con un’altitudine di oltre 2000 metri. Da Mesa Verde abbiamo incominciato il ritorno verso ovest e verso la costa senza però tralasciare alcuni notevoli parchi nazionali. Il parco degli archi naturali ci ha offerto innumerevoli esempi di queste strutture, dall’improbabile Delicate arch all’esile Landscape arch ormai prossimo al crollo.
Tipiche invece nel parco del Bruce canyon sono le formazioni a pinnacolo dai colori rosso ed arancione che assomigliano, con dimensioni gigantesche, a quelle fatte dai bambini per gioco facendo colare la sabbia bagnata. Prima di poter fare ritorno sulla costa dell’oceano abbiamo dovuto attraversare due zone che una volta costituivano una barriera difficile per le famiglie dei pionieri che volevano raggiungere la California: prima la Valle della Morte e poi la Sierra Nevada. La Death Valley è una profonda vallata tra le montagne che sprofonda fino a diversi metri sotto il livello del mare, causando un clima particolarmente caldo e arido. Ma il grande lago che l’occupava in ere geologiche passate ha lasciato depositi di sale e minerali che creano paesaggi particolari, come Zabriskie Point, reso famoso da un film di Antonioni. La Sierra Nevada è una lunga catena montuosa che segna il confine tra il deserto e le zone fertili, e che abbiamo superato con un valico di 3000 metri.
Abbiamo così raggiunto e visitato i parchi di Yosemite e quello delle Sequoia. Essi offrono molti bei paesaggi di tipo alpino, con picchi di granito, ruscelli, cascate, foreste di pini ed anche di grandi sequoia. Nel parco delle sequoia inoltre abbiamo fatto un piacevole incontro con un orso. In questo periodo essi cercano di nutrirsi il più possibile per prepararsi al letargo, ed i ranger mettono in guardia contro la curiosità e la goloseria di questi animali intelligentissimi che sono capaci di entrare in un’auto aprendo la lamiera per prendere un pacco di biscotti di cui hanno riconosciuto l’etichetta. Il nostro orso si è avvicinato e sembrava abituato all’uomo, ma non bisogna lasciarsi ingannare dalla sua flemma sorniona: è capace di correre più veloce di un uomo e può diventare molto aggressivo. Finalmente abbiamo raggiunto il mare a San Francisco, che ci ha accolto con uno dei climi più freddi dell’intero giro: infatti i venti che soffiano dal Pacifico portano spesso nella baia nebbie ed aria umida, anche in agosto. Le temperature quindi sono state decisamente fresche e ci hanno permesso di passeggiare per la città godendoci le sue attrazioni. Per prima cosa siamo andati a vedere il Golden Gate, o meglio il ponte sul Golden Gate, meraviglia ingegneristica degli anni trenta il cui colore rosso deriva dalla vernice di fondo al minio che piacque più della prevista vernice finale grigia.
Tra le vibrazioni del traffico abbiamo percorso il ponte a piedi fino alla metà della lunga arcata che sovrasta le grandi navi che entrano nella baia. A differenza di Los Angeles che non ha molto da offrire turisticamente a parte una serie di luoghi resi famosi dall’industria del cinema, San Francisco offre una varietà di quartieri, dalle case vittoriane sulle colline percorse dalle strade a sali e scendi, al quartiere cinese con i suoi negozi di articoli a buon mercato, alla zona del vecchio porto ora occupata da centri commerciali. Oltre alle famose attrazioni turistiche come il vecchio carcere di Alcatraz, o il Pier 39 con i suoi leoni marini, o la zona di Union Square, ci ha colpito il rapporto tra le varie etnie che compongono la popolazione della città. Ognuna infatti è legata alle sue tradizioni ed alle sue origini, a volte fino al punto di avere grosse difficoltà a parlare inglese. Ma nello stesso tempo sono pronte a convivere l’una a fianco all’altra, avendo tutti ben chiaro che si è per prima cosa americani e poi italiani, cinesi, neri, irlandesi, portoricani ecc. In particolare a San Francisco italiani e cinesi in parte condividono strade e zone, essendo China Town contigua all’italiana North Beach.
L’identità italiana di questo quartiere si fa notare non solo dai nomi dei ristoranti e dai tricolori nelle insegne, ma anche dal fatto che l’importante strada “Columbus Avenue” nelle targhe diviene “Via Cristoforo Colombo”. L’ultima tappa ci ha visto ritornare a Los Angeles dove abbiamo visitato le principali attrazioni di questa città, che sono, come dicevamo, soprattutto luoghi resi famosi dall’industria cinematografica. Primo fra tutti il grande parco degli Universal Studios dove abbiamo passato una giornata tra la visita dei teatri di posa ed il divertimento su giostre ispirate a famosi film. L’ultimo giro in città invece lo abbiamo fatto in bus, dopo aver riconsegnato i nostri camper, passeggiando per il centro di Hollywood, ammirando il marciapiede delle stelle ed il pavimento davanti al teatro cinese dove molti divi hanno impresso le loro impronte. Dopo uno sguardo a Beverly Hills, a Rodeo Drive con i suoi negozi griffati ed a Bel Air, siamo dovuti infine tornare all’aeroporto per intraprendere il lungo volo di rientro. Ma torneremo in questo grande paese, stiamo già preparandoci per ripetere il viaggio nell’estate 2009. È ormai da qualche anno che io e mia moglie organizziamo gruppi che dopo aver raggiunto in aereo la destinazione del viaggio utilizzano poi i camper in affitto per visitarla.