Chinguetti, oasi inghiottita dalla sabbia, è stata per secoli la capitale religiosa ed intellettuale della Mauritania.
Aggirandoci tra i suoi vicoli, notiamo che nelle case di pietra ed argilla vivono ormai solo i colombi…
Infatti lungo le sue sabbiose stradine, è raro
incontrare persone. La moschea del ‘400 è l’unico palazzo agibile nella città vecchia, segnando ancora i ritmi della giornata della settima città santa dell’Islam.
di Michele Altieri
Siamo alla Frontiera di Guerguerat, sud del Marocco, e stiamo entrando in Mauritania. Abbiamo già lasciato alle spalle 4.500 km.
Dall’aria che si respira, dallo scenario che ci si staglia davanti, ci rendiamo subito conto che vivremo un’esperienza di viaggio “sui generis”, forte, completamente diversa da quelle vissute in tutti i paesi del Nord Africa sino ad oggi. Il gruppo Dimensione Avventura www.dimensioneavventura.org è formato da due fuoristrada Mitsubishi L200, dotate posteriormente di cellula abitativa Modulidea.
Superato l’ultimo doganiere marocchino, ci troviamo ad attraversare i 4 km di terra di nessuno, un tratto sterrato piuttosto accidentato ma che, con la giusta cautela, può essere percorso da qualsiasi mezzo anche non 4×4. Questo breve tratto di strada sterrata, minata lungo i suoi lati, è paragonabile ad un ponte che ci collega ad una realtà lontana da noi oltre un secolo. I doganieri Mauritani ci accolgono gentilissimi, sempre con sorrisi, all’interno di baracche di lamiera fatiscenti, invase dalle mosche, e sembrano veramente contenti che arrivino dei turisti, con i quali scambiare qualche parola.
Svolgiamo le pratiche in poco più di una mezz’ora, compresa la stipula dell’assicurazione per il pick up.
Elena, mia moglie, riceve i complimenti da un militare perché aveva compilato perfettamente le fiches con i nostri dati personali, agevolando non di poco la loro complicata burocrazia.
Costeggiando la ferrovia, arriviamo a Nouadibou. Prima di recarci in campeggio, decidiamo di visitare la baia dei relitti, un vasto cimitero di vetuste navi lasciate libere di arenarsi una volta arrivate alla fine del loro servizio… uno spettacolo affascinante e piuttosto inquietante.
Effettuati i rifornimenti di viveri, carburante, acqua e cambiati i soldi nel caotico mercato locale, lasciamo la città imboccando una pista quasi impercettibile, che ci farà attraversare il Parco del Banc d’Arguin, terzo parco africano con funzioni di protezione alla fauna ornitologica.
Dichiarato patrimonio dell’Unesco, è una zona umida di importanza mondiale, sorta nel cosiddetto “deserto bagnato”, con un ecosistema complesso ed anche molto fragile.
Grazie all’ausilio del Gps procediamo senza grosse difficoltà, anche se con qualche piccolo insabbiamento.
Giungiamo nel tardo pomeriggio all’entrata sud del parco, nel villaggio di Cap Timirist dove allestiamo il campo serale. Dopo una breve visita alla zona, la mattina dopo ci informiamo presso gli uffici del Parco sugli orari delle maree, per percorrere l’affascinante tratto di costa che ci separa da Nouadibou.
Apprendiamo con ansia che abbiamo ancora solamente una manciata di ore a disposizione, dalle 5.00 alle 11.00, per coprire il tragitto sul bagnasciuga.
In questo tratto di costa, anche un semplice imprevisto potrebbe significare l’abbandono definitivo del mezzo visto il lento ma inesorabile avanzare del mare, unitamente all’assoluta mancanza di vie di fuga sul percorso.
Durante la tratta, ci si trova con l’ oceano da un lato, le alte dune dall’ altro e la battigia come autostrada… correre a 100 km/h sulla sabbia, dove il Sahara incontra l’Oceano, non è esperienza di tutti i giorni !
Passiamo veloci attraverso dei grandissimi stormi di uccelli marini, che si levano in volo al nostro passaggio, mentre un Fennec ci sfreccia su un lato per andarsi a nascondere fra le dune del deserto.
Attraversiamo i villaggi dei pescatori Imarguen, che vivono in capanne adagiate sulla spiaggia, praticando la pesca secondo i loro antichi metodi tradizionali.
Durante la sosta, alcuni pescatori ci spiegano come i delfini li aiutino nella pesca, spingendo i pesci nelle zone di bassa marea dove loro si fanno trovare pronti con le reti.
L’ acqua potabile necessaria per vivere in questi micro villaggi, è portata con le botti seguendo lo stesso nostro itinerario sulla spiaggia.
Ancora circa tre ore di forti emozioni e arriviamo a Nouakchott, capitale della Mauritania, dove vive più di un milione di abitanti, ossia un terzo del paese, quest’ultimo vasto 7 volte e mezzo l’Italia.
Fondata nel 1960, è una delle capitali più giovani del mondo, stretta tra la calda sabbia del Sahara e le fredde acque dell’Atlantico.
Regna una grande confusione generale, bancarelle sparse ovunque, traffico caotico, file di mezzi fatiscenti, clacson, polvere e sabbia dappertutto… ma con un’incredibile quantità di Internet Point …“C’est L’Afrique”!
Attorno ai molteplici mercati, disseminati un po’ ovunque, ruota la vita della città.
Ne troviamo uno bellissimo, che racchiude merce di ogni tipo che spazia dalle variopinte stoffe ai generi alimentari, mentre in un altro troviamo solamente articoli d’artigianato, per lo più legno lavorato e arricchito di argento.
Quello piu’ importante si trova sulla costa, ossia quello del pesce.
Proprio dal mare, considerato il più pescoso del mondo, unitamente all’estrazione del ferro, arrivano i piu’ importanti introiti del Paese.
Sono le 5 del pomeriggio e a quest’ora è un pullulare di gente che attende il rientro delle piroghe.
L’alta marea sta crescendo e non è facile strappare le barche al mare, ma questo è l’ultimo sforzo per portare a casa il ricavato della giornata lavorativa: 100 chili di pesce scaricato in grandi cassette e portato a mano direttamente al mercato. La nostra tappa successiva è l’oasi di Terjit, distante circa 4 ore da Nouakchott.
Il nostro sguardo, ora, si perde dentro un altro mare… stavolta di sabbia, sulle onde dorate del Sahara che invade la maggior parte del paese.
Ad un tratto, la monotonia del paesaggio è spezzata dal muro di Adrar, una catena montuosa lunga 900 chilometri che, con un’altezza media di 500 metri, taglia in due questa parte di deserto.
Saliamo sull’aspro altopiano di Taru dove, tra le rocce di ardesia, riescono a crescere soltanto piccole piante di acacia e il Tamat, noce dalle forti proprietà digerenti. Un’altra pianta è l’Atil, con la quale si ricava il missuac, legnetto usato moltissimo dai locali per avere una perfetta pulizia dentale.
Raggiungibile solo con un mezzo 4×4, oggi il turista può dormire sotto comode tende nell’oasi di Terjit, oppure rinfrescarsi nelle ampie conche e nei pozzi di pietra riempiti d’acqua sorgiva a 25°.
Dopo il meritato riposo, decidiamo di “scalare” a piedi la collina rocciosa che sormonta l’oasi dal quale godere di un’incantevole vista che ci ripaga di ogni fatica.
Lasciata Terjit, ci dirigiamo alla volta della mitica Chinguetti, affrontando un difficile tratto di pista che attraversa la catena dell’Adrar e passando per il villaggio di Maertz.
Uscendo, affrontiamo subito un’impegnativa salita che ci porta sull’altopiano.
Il nostro Mitsubishi L200 ospita sul cassone la nuova Cellula abitativa della Modulidea, la piu’ leggera della sua gamma, e pian piano ci accorgiamo che su questo impervio tratto di pista, la guida sarebbe quasi impossibile per 4×4 equipaggiati con una qualsiasi altra cellula convenzionale, sicuramente molto piu’ pesante ed ingombrante.
Chinguetti, oasi inghiottita dalla sabbia, è stata per secoli la capitale religiosa ed intellettuale della Mauritania.
Aggirandoci tra i suoi vicoli, notiamo che nelle case di pietra ed argilla vivono ormai solo i colombi… infatti lungo le sue sabbiose stradine, è raro incontrare persone.
La moschea del ‘400 è l’unico palazzo agibile nella città vecchia, e segna ancora i ritmi della giornata della settima città santa dell’Islam.
I locali hanno ricostruito le loro case poco fuori la città vecchia.
Dopo molti anni difficili, l’oasi sta vivendo oggi un nuovo periodo di splendore.
Da qui partono le carovane di dromedari degli escursionisti ed i 4×4 verso le mete turistiche dei dintorni, ma il vero tesoro di Cinguetti è la sua biblioteca che conserva gelosamente libri secolari.
Quest’ultimi sono presi in carico dalla famiglia Al Habot, la quale aveva il compito di trasmettere al popolo il sapere di tutti gli imperi, tramandandolo di padre in figlio.
Visitiamo la biblioteca accompagnati da Hamed, l’attuale custode, rimanendo affascinati alla visione di antichissimi manoscritti di astronomia, matematica, scienze, compresi quelli che illustrano la vita del Profeta e delle preghiere individuali.
Sul piano superiore del piccolo edificio, dove abitava prima suo padre, si riesce a vedere l’interno del cortile della Moschea, chiusa purtroppo ai non musulmani… ma ci accontentiamo anche della sola vista esterna dall’alt!
Trascorriamo la notte nella modesta casa di Hamed, in uno spiazzo di sua proprietà, parlando per tutta la sera del suo paese e dei problemi della sua popolazione, seguendo il loro tradizionale rito del tè.
Se ne bevono in tutto 3 bicchierini, il primo (più amaro) rappresenta la nascita, il secondo (tanto dolce) l’amore, il terzo (molto acido) la morte.
La parte più importante è la schiuma, la “mousse”, e chi lo prepara decide quanta deve essere la sua quantità… più se ne crea e più l’ospite è ben accetto.
Il tè, nel Sahara, accompagna da sempre le riunioni politiche, gli incontri d’amore e la recitazione di poesie, sempre con il suo rigoroso rituale. La mattina dopo proseguiamo il nostro viaggio, attraversando un centinaio di km di dune, in direzione dell’ oasi di Ouadane. Seguendo i riferimenti avuti da un amico, ci divertiamo a cercare il passaggio migliore tra le dune, a volte con profili molto insidiosi e ripidi.
Per poter procedere dobbiamo abbassare la pressione delle gomme a 1,0 bar, con enormi vantaggi all’avanzamento del nostro 4×4 su questi fondi cedevolissimi.
Lungo il percorso incontriamo numerose piccole oasi, alcune delle quali abitate tutto l’anno.
Dopo diverse ore di guida avvistiamo in lontananza Ouadane, abbarbicata su una ripida scarpata.
Con il sole alto, è difficile identificarne le esatte forme, le sue case sono costruite usando pietre della stessa collina, mimetizzandola perfettamente sul suo habitat.
Allora decidiamo di proseguire verso il cratere del Richat, rimandando a dopo la visita dell’oasi.
Questo curioso cratere, con un diametro di 37 km (!) e creato dall’impatto con un meteorite, è formato da 7 anelli concentrici.
Al suo centro si trova un albero d’acacia dove il celebre scrittore, viaggiatore francese Monod, trascorreva giorni interi a scrivere i suoi testi.
Rientrati all’oasi per il tramonto, ci divertiamo a perderci tra le numerose viuzze insabbiate che, grazie ai giochi di ombre, sembrano prendere vita.
Giunti alle mura di cinta, rimaniamo praticamente estasiati di fronte al panorama che ci offre questa porzione di Sahara. Il giorno dopo, proseguiamo la nostra avventura in direzione di Atar, decidendo di superare il vecchio Passo dell’Amojar invece che guidare sulla nuova pista, troppo monotona e pietrosa.
Lungo l’itinerario visitiamo Fort Saganne, utilizzato per girare l’ omonimo film con Gerard Depardieu ed alcuni vicini siti rupestri, contenenti antichissime pitture raffiguranti giraffe, buoi e cacciatori.
Arriviamo finalmente ad Atar, cittadina abbastanza recente ed ottima base per partire o ritornare dalle escursioni nel cuore della Mauritania, anche con un aeroporto collegato con Parigi e Marsiglia.
Ci fermiamo un paio di giorni durante i quali ne approfittiamo per fare manutenzione al 4×4 e scorta di viveri. Girando per il coloratissimo mercatino, si trova un po’ di tutto, anche se sempre in quantità modeste.
Dopo un’approfondita visita alla cittadina, prendiamo la via del ritorno seguendo una pista che sale sul passo di Ulb Ebnu, unica strada percorribile. Ad un tratto scorgiamo un segno inequivocabile dell’uomo ossia la ferrovia che collega Zouerate a Nouadhibou.
Su questa linea viaggia il “treno del deserto”, il più lungo (circa 2 km), lento e pesante del mondo, che normalmente trasporta minerali e fosfati. Sempre lungo questa pista, si staglia solenne il monolito di Ben Amera, che con i suoi 410 metri di altezza è il secondo al mondo, dopo quello famoso dell’Ayers Rock in Australia.
Questa curiosa formazione rocciosa, ci raccontano che sia legata alla storia di un adulterio infatti la leggenda narra che Ben Amera, al suo rientro a casa si accorgesse del tradimento della moglie Aisha. Arrabbiatissimo, ripudia subito tutta la famiglia e, non ascoltando ragioni, li allontana tutti per sempre dalla sua casa.
Da qui la nascita del Monolito di Ben Amera con la sua forma inequivocabile di Aisha e, più in basso, con le altre piccole alture, resti pietrificati dei suoi bambini.
Purtroppo oramai siamo giunti alla fine del nostro viaggio ed approntiamo il nostro ultimo campo in Mauritania vicino alla ferrovia, ad un centinaio di chilometri dal confine.
Ci godiamo il nostro ultimo tramonto sahariano dai mille colori, accompagnati dallo stridio del treno dei fosfati che passa e che ci saluta con un lungo fischio.
Per qualsiasi richiesta di informazione, i contatti sono: www.dimensioneavventura.org telefonate a Michele cell. 3388724789, Maurizio cell. 335286460, Giuseppe cell. 3476133416. info@dimensioneavventura.org