Da Ghadames “La perla del Sahara” giù fino
a Ubari nel cuore del deserto ai confini con
l’Akakus 17 mezzi con a bordo 42 persone
hanno percorso da Roma circa 9.000 Km
in 34 giorni. Impressioni molto personali
di una escursione camperistica.
di Paolo Vetturini
Incanto infinito per quelle piccole orme effimere sull’immenso oceano rovente, dove i veri granelli eravamo noi: una manciata di puntini neri portati sin là dal vento forte dell’avventura che soffia incessante nell’anima nostra (Ubari, Libia, deserto del Sahara, agosto 1999).
Un ultimo singulto ed il motore della nostra 4×4 si ferma. Sono le ore 13,45 del giorno 8 agosto 1999, ci troviamo in un avvallamento tra le dune in pieno Sahara a cinque chilometri dal campo base dove gli altri tre fuoristrada davanti a noi si stanno ormai dirigendo di ritorno dall’escursione programmata, ignari del guasto che ci ha improvvisamente bloccati.
Siamo in cinque più l’autista, senza radio e peggio ancora senza acqua sotto il sole accecante nell’ora della massima calura in un deserto fattosi improvvisamente ostile, senza più ombre, senza più poesia, un sole implacabile che rende rovente una sabbia che se potesse prenderebbe fuoco una volta per tutte per divenire cenere e sottrarsi cosi’, finalmente, a quella quotidiana violenza.
Nonostante le alchimie meccaniche, le imprecazioni ed infine le preghiere di Alì, l’auto non ripartirà più.
Siamo un po’ preoccupati anche perché a quell’ora la sabbia, resa più friabile dall’intenso calore, potrebbe impedire ai soccorsi di raggiungerci in quanto il mattino alle ore sette, per superare l’alto ed aspro gradino della prima duna, abbiamo impiegato circa un’ora con il terreno freddo e quindi più compatto.
Per il nostro driver non ci sono problemi; basta attendere circa sei ore, in quelle condizioni (sigh!) che il sole scenda, per cercare di ritornare con i nostri mezzi, il che significherebbe percorrere cinque chilometri su e giù per le dune affondando ad ogni passo il piede nella sabbia fin oltre la caviglia (!).
Sono ormai due interminabili ore che siamo fermi, il caldo è sempre opprimente, il morale sotto la sabbia, mentre la mente cerca di scacciare i primi “pensieri cattivi”.
La sagoma di un’auto bianca che come per magia uscita dal nulla improvvisamente si staglia netta sullo sfondo dorato, la figura di un uomo anch’egli vestito di bianco che scende verso di noi recante un recipiente con acqua “buona per tutti gli animali” (così esordì la nostra guida tuareg Belal, foto a destra), la sensazione mai provata prima di essere in qualche modo “salvato”: questa l’ultima, forte emozione che il Sahara ha voluto regalare a cinque “fortunati” amici (ero uno di loro) a conclusione di un’escursione che ha portato sette equipaggi Assocampi per un totale di quindici persone nel cuore del deserto più grande del mondo, penetrandolo per quaranta chilometri fino a raggiungere l’incredibile zona dei laghi salati, dove fare il bagno tra alte montagne di dune sovrastanti è un’esperienza unica, eccitante, e veramente indimenticabile.
Quaranta chilometri su un oceano di sabbia, dove si possono toccare i cento chilometri orari in una corsa inebriante, in ordine sparso – quasi una scena da film – oppure ci si può fermare, ed a volte perfino scendere, per permettere al fuori strada di superare le improvvise, ripide, brevi ma insidiose chine dopo vari ed inutili tentativi preparati da lunghe rincorse, le gomme sgonfie, i motori imballati, il nostro assordante tifo che spesso si spegneva, insieme al motore, all’apice del dente.
Ma quando la jeep riusciva ad arrampicarsi e si buttava poi giù nell’impossibile, ripido pendio, esplodevamo tutti in un tripudio di eccitate urla ed applausi.
E così facendo fiancheggiavamo una lunga catena di montagne di sabbia, dune su dune, dove il sole ancora radente esaltava il sinuoso e mutevole lavoro del vento svelandoci con un intrigante gioco di luci e di ombre tutto il fascino e la magia del deserto più bello del mondo.
Ed ecco, in prossimità della nostra meta, che la sabbia si comincia a punteggiare di cespugli sparsi e palme, verdi avamposti della “citta’ morta,” un villaggio- fantasma che lentamente attraversiamo percorrendo, in silenzio, un sentiero tra mute piccole case, moschee, tombe e capanne dove il senso di abbandono, in quello straordinario scenario, permea l’ aria di una angosciosa, sottile malinconia.
“Gabraoun”, Il lago in cui fare un bagno certamente tra i piu’ esclusivi ed originali del pianeta.
“Gabraoun”, il lago dalle acque salate che a pochi metri dalle sue sponde ti offre un profondo pozzo dal quale estrarre secchiate di acqua fresca per una doccia mitica che vorresti non finisse mai.
“Gabraoun”, il lago sorprendentemente piu’ ricco di crostacei dell’intera regione, che vengono usati, essiccati, per fare dei particolari dolci; se passate di la’ fateci un salto, ma attenzione!
Potrebbe costringervi a tornare ancora (qualcuno di noi ci sta’ gia’ pensando seriamente).
Credetemi non e’ uno “slogan”; e’ semplicemente una di quelle situazioni non facili da raccontare, perche’ provocano nell’ animo sentimenti profondi che la penna rischierebbe di offuscare, cosa che il lago Gabraoun certamente non merita perche’ e’ veramente “la meraviglia che non ha parole”.
Nelle sue estese acque azzurre profonde fino ad otto metri, si specchiano dune cosi’ alte che ho pensato, se precipitassero, potrebbero assorbirlo in pochi secondi; ma esse sono li’ da sempre, immobili e vigili, come a proteggere, orgogliose, questo miracolo della natura.
La sera dello stesso giorno, abbiamo partecipato ad una festa spettacolo con conseguente cena, durante la quale abbiamo assistito al carosello di splendidi esemplari di dromedari in “alta uniforme” dall’aria fiera ed orgogliosa come i giovani Tuareg che li montavano e che sfilavano quasi danzando davanti a noi sui ritmi della musica, dei canti e dei balli propri di questa regione nel grande sud del deserto libico, la terra dei Garamanti: il Fezzan.
È tutto nei miei occhi, parte ormai integrante della mia memoria, nel suo caffettano nero e bianco, Lui, inizialmente seduto, si dondolava lentamente sui fianchi mosso da un tremito ritmico fatto di brevi e continui movimenti come se un brivido lo percorresse tutto.
Poi sempre lentamente si alzava, e con intensi, sofferti, piccoli, secchi e cadenzati passi annullava la distanza che ci separava, per poi esplodere in un’improvvisa, vorticosa danza fatta di giravolte, la spada sguainata, il grido aggressivo e forte, il mantello una ruota nel vento; e così facendo arretrava per riguadagnare tra i suoi la nuova attesa. In quel momento ho pensato quanta attenzione i nostri attori dedicano al loro volto curandone tutte le espressioni, necessario e determinante bagaglio per un professionista di successo.
Lui no, non ne aveva bisogno; al contrario, la sua testa ed il suo viso erano completamente avvolti nel bianco taguelmust, non vedevamo né riso né pianto, né gioia né malinconia, eppure ci trasmetteva un’intensa emozione, strana, diversa, sconosciuta, con la quale ci avvolgeva e ci portava lentamente, con prepotente dolcezza, nelle acque profonde della sua anima Tuareg.
E dopo lo spirito anche il corpo e’ stato oggetto di particolari attenzioni e destinatario di una cena in nostro onore nella quale ci e’ stato proposto quanto di meglio la cucina locale puo’ offrire.
A partire da freschi aperitivi a base di karkade’ e limone riservati, come ci hanno detto, “alle persone di riguardo”, fino alle carni tenerissime dal sapore intenso e delicato insieme.
Cosi’è felicemente terminato ”il giorno piu’ lungo” di un viaggio iniziato il 30 luglio da Roma e che, attraverso la lunga, estenuante autostrada “Salerno-Reggio Calabria” ci ha portati prima a Trapani e da qui a Tunisi dove il 2 Agosto alle 20:30 sbarcavano diciassette camper organizzati e guidati da Peppe Truini pronti ad iniziare questa nuova ed affascinante avventura.
Visitato in Tunisia l’anfiteatro romano di El-Jem che ci ricorda la grandezza della antica Roma, puntiamo decisamente verso il confine libico.
Il presentarsi ad una frontiera mai varcata provoca sempre curiosita’ ed anche un po’ di apprensione.
La Libia, questa sconosciuta, ci presenta in prima battuta, ancor prima di entrare, un inatteso, esoso conto fiscale (700.000 lire a mezzo) che li per li ci indigna al punto da indurci, per ripicca, a rinunciare!
Poi concordato finalmente un prezzo più equo (considerato anche il numero dei mezzi), applichiamo incuriositi ai nostri camper le targhe in arabo che dovremo riconsegnare all’ uscita dal paese.
Varcato finalmente il confine, raggiungiamo il villaggio berbero di Nalut che, arrampicato su uno strapiombo, ci stupisce con le sue trecento cellette sovrapposte fino a sei piani a formare l’ insieme di un curioso granaio-fortezza dove da oltre tre secoli sporgenti travi di legno piantate nelle pareti di argilla consentono di arrampicarsi fino ai depositi piu’ alti, cellette dalle quali ancora oggi emana l’ odore dell’ olio di oliva un tempo conservato nelle otri, grandi occhi vuoti rimasti li nella vana attesa di essere ancora colmati.
Scendiamo ancora e piu’ decisamente a sud per altri 300 km attraverso una regione predesertica interrotta dalle oasi di Sinawan e Darj ed animata da mandrie di dromedari che per tutto il viaggio ci costringeranno a fermarci all’imbrunire poiche’, attratti dalle luci delle auto, costituiscono un serio pericolo come testimoniano sia le ingombranti carcasse di questi grossi animali ai bordi dell’asfalto, sia quelle di auto bruciate tra i sassi.
Ghadames, definita “La Perla del Sahara” e che sembra sorgere improvvisa dal vuoto nel quale abbiamo viaggiato per un giorno intero, ci offre qualche ora di refrigerio prima tra le bianche spesse mura dei corridoi coperti e dei sottopassaggi della affascinante “Citta’ Vecchia” dove le pareti dei vicoli esterni, percorsi da piccoli canali di irrigazione, delimitano verdi giardini nei quali troneggiano numerose le grandi palme, poi nel sorprendente doppio lago, riparato da una conca, nel bel mezzo del pietroso deserto africano.
Ma fuori dal lago e dalla “Citta’ Vecchia” Ghadames ci ricorda violentemente di essere in “bassa stagione” con temperature che superano i 53° e che costringono dieci equipaggi a “mollare” e puntare a Nord verso il golfo della Sirte mentre gli altri, muniti chi piu’ chi meno di condizionatori efficaci, decidono di rispettare il programma e di scendere ancora piu’ a sud per raggiungere la zona di Ubari dove li attende una temperatura piu’ “mite” intorno ai 45°. (ndr: complimenti ai coniugi Valenza che hanno affrontato l’intero viaggio provvisti di solo ventilatore).
Lasciamo quindi Ghadames alle prime ore del mattino con il pieno di acqua e gasolio (comprese le taniche) per affrontare i circa 400 km di deserto durante i quali non troveremo punti di rifornimento di alcun genere.
Ho avuto per ore ed ore l’impressione di navigare in un immenso oceano di pietrisco a volte completamente piatto , nero, senza punti di riferimento, senza un rilievo, senza un cespuglio persino senza dromedari, con un orizzonte vuoto per 360 ° ed uno sgomento che con il passare delle ore si trasformava nella angosciosa sensazione di non uscirne piu’, di essere ormai perso, naufrago senza meta, in un mare di sassi. Solo il familiare scorrere dell’asfalto sotto le ruote sottoposte a temperature estreme ci rassicurava che saremmo prima o poi usciti da quel nulla assoluto.
Raggiunta finalmente Gheriat ci prepariamo il giorno successivo alla tappa piu’ lunga che con oltre 500 km sempre di deserto ci portera’, superata Sebhat (la citta’ di Gheddafi) al campeggio di Terkikiba, nella zona di Ubari, felicemente situato proprio alle falde delle grandi dune sulle quali il giorno successivo vivremo tutti quel “giorno piu’ lungo” che non vedrà il tramonto perchè ormai indelebile patrimonio della nostra memoria.
Lasciata Ubari e percorsi in due giorni circa 700 km sempre di deserto raggiungiamo finalmente il mare o meglio arriviamo a vedere da lontano il golfo della Sirte poiche’ la strada ignora del tutto e tiene a debita distanza un litorale deserto e praticamente per noi inaccessibile.
Si ha la netta sensazione che l’interesse dei libici per il mare, come noi lo intendiamo, sia piu’ o meno vicino al valore zero. Nonostante tutto riusciamo a fare qualche bagno in limpide, incontaminate, tiepide acque.
Il 15 Agosto a Bengasi ci riuniamo al gruppo che si era staccato a Ghadames e festeggiamo insieme il ferragosto per poi separarci di nuovo loro diretti a Tripoli, noi a Tobruk, obiettivo di questo viaggio, che raggiungiamo visitando lungo la costa della cirenaica le localita’ di Ptolomeis, Cirene, ed Apollonia.
Siamo al “giro di boa” si torna indietro. Dopo aver reso omaggio ad uno dei cimiteri di guerra, veniamo ancora una volta inghiottiti dal deserto libico, 400 km nel nulla, neanche una capanna , e durante i quali ritorna l’angosciosa sensazione di vagare soli, sperduti e senza meta. (In tutto il percorso abbiamo incrociato sette veicoli !!)
Visitati a Sultan i bronzi degli eroici fratelli Fileni, raggiungiamo Sirte dove siamo ospiti di una Impresa italiana, la “Techinter” i cui dirigenti gli Ingegneri Francesco Giacomelli e Roberto Cisotto ci fanno un autorevole, particolareggiato spaccato della Libia e dei suoi abitanti spiegandoci tante cose che al turista di passaggio necessariamente sfuggono, rendendo quindi più interessante e completo il nostro viaggio.
Una cena all’italiana, in cui credetemi c’era di tutto e tutto ben fatto (grazie al Sig. Giuseppe Piva ed ai suoi ragazzi) , canti e cori in una atmosfera di festosa allegria concludono una straordinaria, simpatica ed istruttiva serata.
Dopo il mare di Misurata, annichiliti dalla grandiosita’ di Leptis Magna, raggiungiamo Tripoli dove il progetto del “Grande Fiume” che viene dal deserto troneggia al centro della citta’.
Qui una nostra piccola Delegazione guidata da Peppe Truini ha consegnato al responsabile governativo addetto al Turismo Libico, Dr. Fathi M. Musrati, una lettera dell’Ufficio del Comune di Roma auspicante migliori e piu’ frequenti contatti tra le due citta’.
Con lo stesso Dr. Fathi sono state esaminate le notevoli possibilita’ che questo paese puo’ offrire al turismo itinerante e come realizzare le strutture necessarie allo sviluppo di questa attività oggi del tutto inesistente, ma che il nostro e primo consistente gruppo di camper entrato in Libia, ha dimostrato quanto interesse possa suscitare.
Infine due parole su questo popolo del Magrheb libico ancora non contaminato, che ci ha accolto con sincera amicizia ed affetto e il pane ancora caldo ogni mattina.
Gente semplice che vive in modo semplice in un ambiente spesso disordinato ed anonimo ma che ti rincorre per rendere il resto dimenticato dopo una spesa fatta, che ti regala per simpatia i buoni datteri della sua buia, povera bottega dove hai comperato soltanto un litro di latte: piccoli grandi gesti che, uniti al sorriso che sempre li accompagna, ti fanno profondamente amare questa gente e la sua terra.
Una terra che non sospettavamo ci potesse così pienamente conquistare ed alla quale penseremo spesso per ritrovare, nel caos della vita quotidiana, almeno per un momento il suo “Infinito Incanto”.
Tunisia – Libia 1999 L’Informazione
Questo viaggio è durato 35 giorni, dal 30 luglio al 2 settembre 1999, con 17 equipaggi e 42 persone.
Itinerario – Roma Trapani con imbarco per Tunisi. Attraversamento della Tunisia fino alla frontiera libica di Ras Jdayr per poi proseguire verso Zuwarah, Nalut, Ghadames, Sebha, Tekerkiba, Ubari, Hon, Sirte, El-Agheila, Bengasi, Tolemaide, Apollonia, Cirene, Tobruk, Ajdabiya, Sirte, Misurata, Leptis Magna, Tripoli, Sabratha, Zuwarah ed infine Ras Jdayr per poi ripercorrere tutto il tragitto fino a Tunisi. In tutto il viaggio sono stati percorsi 8.500 Km.
Traghetto – Non esistendo collegamenti diretti Italia -Libia, si è costretti a sbarcare a Tunisi. Gli imbarchi dall’Italia sono da Genova, Napoli, Trapani. Il nostro gruppo ha preferito quest’ultimo imbarco. Il costo A/R, varia in funzione della lunghezza del camper e del numero dei componenti dell’equipaggio (necessità di prendere la cabina nel viaggio di ritorno) ma possiamo quantificarlo, per un mezzo fino a 6,5 mt e due persone in circa 1.200.000 lire.
Documenti – Il visto di ingresso è rilasciato dall’Ambasciata previa apposizione dalla Questura del timbro contenente la traduzione in lingua araba (questo è possibile farlo apporre anche da un’agenzia libica in Italia).
È indispensabile l’invito in Libia per ottenere il quale è consigliabile servirsi di una delle tante agenzie specializzate. Non sono ammessi i cittadini italiani nati in Libia. L’Ambasciata è in via Nomentana 365, Roma tel. 0686320951.
Patente – È consigliabile quella internazionale.
Telecamere – È obbligatorio, in frontiera, farle registrare sul passaporto.
Dogana – Al confine libico di Ras-Jadir non ci sono controlli stressanti ma ricordare l’assoluto divieto d’importazione di alcoolici e riviste seppur vagamente osé.
Le pratiche – Sono le solite, moduli da riempire (sono in inglese), pagamento dell’assicurazione RC, “carnet de passage en douane” ed infine il noleggio della targa scritta in arabo. Totale in lire italiane, 450.000 a camper.
Carburante – Per il carburante non ci sono difficoltà, solo in alcune zone desertiche gli impianti sono più distanti; è consigliabile aver sempre dietro una tanica di carburante, preferibilmente metallica. Il prezzo del gasolio, nel mese di agosto 1999 era l’equivalnte di lire 99 al litro.
Acqua – Abbiamo trovato rifornimenti senza particolari difficoltà presso gli alberghi, nei pozzi, in prossimità delle grandi condotte idriche e negli impianti di rifornimento di carburante; è prudente disinfettare sempre con amuchina o altri prodotti specifici per la disinfezione dell’acqua. Per bere è consigliabile avere una scorta di acqua minerale anche se se ne trova sia nelle grandi città che nei centri minori.
Alimentari – Ovunque si trovano da comprare latte, uova, carne, verdura e frutta mentre il pane comune è distribuito gratuitamente e senza limite sia ai locali che ai turisti.
Strade – Sono tutte asfaltate, percorribili e tranquille; il fondo buonissimo non presenta deformazioni per il calore. Nel sud si può trovare qualche banco di sabbia che invade la carreggiata: attenzione e camminare al centro.
La segnaletica purtroppo è tutta in arabo.
Posti di blocco – Sono frequenti i posti di blocco ma per noi non ci sono stati problemi; la guida, che procedeva davanti alla colonna, ogni volta mostrava la lista in arabo con i nostri estremi e potevamo proseguire.
Soste – Sono avvenute in prossimità di posti di polizia, nei parcheggi dei siti archeologici e degli alberghi: di campeggi ne abbiamo incontrato uno nel sud, a Tekirkiba, alle pendici delle grandi dune del Sahara.
Non abbiamo comunque incontrato difficoltà anche nelle piccole e grandi città.
Limitazioni – Non ci si può fermare a Sebtha, non è permesso (come dovunque) fotografare nelle zone militari, porti ed aeroporti. Non ci sono altri limiti se non quelli dettati dal rispetto degli usi e costumi locali.
Moneta – Il dinaro libico vale 2 dollari US al cambio ufficiale; al di fuori del cambio ufficiale è possibile avere con 1 $ circa due dinari. Non sono utilizzabili le carte di credito.
Souvenir – Non aspettatevi grandi cose, qualche prodotto locale solo nelle grandi città.
Telefoni – Dalla Libia verso l’Italia comporre il prefisso internazionale 0039. Non esiste collegamento con i cellulari.
Giuseppe Truini