Attraversiamo: Gambia, Senegal, Mauritania, Mali, Algeria, Tunisia, Italia. Percorriamo circa 10.000 Km. In Senegal a St Louis troviamo una curiosità:
il ponte Faidherbe che, costruito per attraversare il Danubio, fu trasportato qui nel 1897. Oggi collega l’isola alla terra ferma, è una notevole opera d’ingegneria dell’ottocento, la parte centrale
ruota per consentire il passaggio delle navi.
di Luciano Evangelisti
Arriviamo in aereo in Gambia a (Banjul) ci sono ad attenderci, all’aeroporto, i coniugi tedeschi, titolari del camping, dove avevamo lasciato i nostri camper.
Dopo aver fatto i controlli tecnici e qualche riparazione con i ricambi che ci siamo portati dall’Italia, ci avviamo verso Dakar a circa 300 km, dove facciamo rifornimenti alimentari e non.
Aspettando l’arrivo dell’amico Ignazio con il quarto camper iveco 4×4, spedito con la nave dall’Italia, visitiamo la città e i dintorni.
Dakar è una fra le città più belle dell’Africa occidentale, ha un’atmosfera da grande metropoli, con molti locali, ristoranti, banche, hotel, mercati e venditori ambulanti, fastidiosi, insistenti e poco raccomandabili per i turisti.
Ci sono belle spiagge e molti club privati lungo la costa che la circonda, essendo situata alla punta della penisola di Capo Verde.
Pernottiamo in città, è il 16-12-02 partiamo per la grande traversata, il contachilometri del mio camper segna km 75.244.
Ci dirigiamo verso nord destinazione St. Louis (prima tappa), dove ci sistemiamo in un camping lungo la spiaggia.
Ci sono villaggi di pescatori e l’essiccatura del pesce avviene in modo naturale, sotto il sole, lascio immaginare gli odori!
Fatti 100 km siamo a Rossò dove traghettiamo e sbrighiamo le formalità doganali, un vero incubo!
Imbroglioni in ogni ufficio, con pagamenti vari, non dovuti, ma obbligatori. dopo circa 200 km ci accampiamo a ridosso di una duna, la temperatura è gradevole, il cielo è di un bleu incredibile e le stelle, una miriade!
Sono così luminose che sembra di toccarle! (l’orizzonte nel deserto sembre molto più vicino).
Arriviamo a Tijicia il 20-12-02 in pieno deserto pernottiamo in un camping: ci cucinano un capretto allo spiedo, contattiamo una guida locale per fare una pista poco transitata dai fuoristrada, più spesso dai cammelli. Tijicia, Ticit, Ualata, Nema, sono circa 1.000 km molto impegnativi, mettono a dura prova uomini e mezzi.
Procediamo con cautela la sabbia è molto insidiosa e c’è pericolo d’insabbiamenti.
Lungo il percorso troviamo accampamenti tuaregh, ci regalano punte di frecce di pietra, usate un tempo per difendersi o per cacciare, contraccambiamo con vestiario, scatolette di tonno, tutto molto gradito!
Alla partenza eravamo stati avvisati dell’inesistenza di rifornimenti, perciò i nostri Iveco sono attrezzati per tali situazioni.
Dopo 250 km arriviamo a Ticit: un paesino suggestivo con un bellissimo palmeto.
La nostra presenza suscita moltissima curiosità, praticamente siamo circondati da tutti gli abitanti, compresa la gendarmeria.
Ci riceve il capo con molta cordialità, ci fa visitare la moschea quasi rasa al suolo, costruita con pietre a secco con un portale architettonico bellissimo.
La pista è veramente difficoltosa, un alternatore del camper di Aurelio fa rumore, c’è da sostituire un cuscinetto, si perde un po’ di tempo ma tutto si risolve.
È il 24 Dicembre ci accampiamo con molto anticipo rispetto agli altri giorni, ci apprestiamo a festeggiare il santo natale.
Ci scambiamo gli auguri con amici e parenti in Italia ed in allegria consumiamo il cenone, Antonella dall’Italia ha portato un piccolo albero di Natale, che abbiamo messo al centro tavola per tradizione, con molto entusiasmo ci scambiamo piccoli ma graditissimi doni.
Lungo il percorso troviamo mandrie di cammelli ammassate intorno ai pozzi intente a fare rifornimento d’acqua.
Anche noi ne approfittiamo per riempire i nostri serbatoi del bene primario e prezioso per la vita.
Arriviamo a Oualata il 28 dicembre, visitiamo la città ed apprezziamo gli ornamenti dei portoni delle case, fatti con borchie di metallo forgiato ed inciso a mano. Proseguimo per Nema dove la nostra efficientissima guida Slama si congeda da noi.
Entriamo in Mali, alla frontiera di Abel Bagkou, diretti verso sud per Nara.
Il paesaggio è completamente diverso, il grande fiume Niger è stato deviato, con opere idrauliche semplicissime hanno incanalato acque per centinaia di km coltivando riso, ortaggi, frutta e quant’altro.
I trasporti sono prevalentemente con carretti trainati da somarelli a volte anche con doppia pariglia!
Capodanno a Sokolo: non certo reclamizzato dalle pubblicità dei media, ma per noi è grande festa, con qualche zanzara di troppo!
A Mopti incontriamo la nuova guida Bascin.
Facciamo i rifornimenti e partiamo per la Falesia di Bandiagara abitata dai Dogon. A Sangà, un villaggio dove organizziamo l’escursione a piedi lungo i tortuosi sentieri di circa 16 km, visitiamo dei villaggi scavati e costruiti sui costoni di roccia.
Ci immergiamo completamente in mezzo a loro cercando di mettere in pratica quanto letto nelle guide turistiche.
Per la serata è previsto uno spettacolo di guerrieri in costume, con maschere particolarissime, organizzato solo per noi.
Costeggiamo in lungo la Falesia ed usciamo a Duenzà. Questi siti, inconsueti e pieni di storia, da soli valgono un viaggio.
Puntiamo verso nord, direzione Tombouctou. Incredibile ma vero ci raggiunge, con vari voli aerei, un nostro compagno di viaggi che non era potuto partire con noi, il grande amico “Peppino”!
A 50 Km dalla città, in pieno deserto, partecipiamo da spettatori al festival dei Tuaregh, canti, musica, cammelli con cammellieri in grande parata, incontriamo altri 2 camper iveco 4×4 di amici italiani, venuti per l’occasione a girare filmati.
Ci organizziamo, li invitiamo a cenare con noi e la serata passa velocemente, fra i racconti dei percorsi fatti per arrivare fin qui.
La pista dovrebbe andare verso est ma la nostra guida ci consiglia un altro percorso, più sicuro onde evitare tribù tuaregh in contestazione con il governo.
Passiamo per Gossì Gaò Kidal (è la città di residenza della nostra guida) Tessalit Timilawin: frontiera algerina, solite formalità doganali, sembra di essere su un altro pianeta: più organizzazione e civiltà.
Altro controllo ai mezzi meccanici: c’è da sostituire ancora un cuscinetto al camper della Dottoressa Luciana.
La temperatura è decisamente cambiata la sera scende a 3/4 gradi.
Rimettiamo gli orologi con l’orario Italiano è il 12 gennaio domenica, siamo in ritardo di qualche giorno sulla tabella di marcia, dobbiamo recuperarli per la coincidenza a Tunisi con la nave.
Affrontiamo la pista Bidon Cenc lunga quasi 800 km verso Reggane.
È un piacere macinare chilometri disposti a ventaglio, a velocità sostenuta, sembra di essere in mezzo al mare totalmente piatto, senza punti di riferimento se non i bidoni ogni 5 km dai quali prende il nome la pista.
Troviamo un vecchio camion in panne, ha il cambio rotto, i due autisti si sono accampati da circa 15 giorni aspettando il ritorno del terzo autista con i ricambi, se arriverà(!), per solidarietà gli lasciamo generi alimentari ed acqua. La sera per accamparci ci allontaniamo dalla pista con i fari spenti ed in retromarcia: per lasciare tracce in entrata sulla pista, cercando di evitare il più possibile sgradevoli incontri di predoni o altro, in queste situazioni è sempre opportuno essere prudenti.
Visitiamo Gardaia una meravigliosa città adagiata a ridosso di una collina (è una visita veloce), puntiamo verso il confine tunisino Elwed, attraversiamo la Tunisia come tappa di trasferimento, arrivando al porto di Tunisi il giorno 18/01/03 in perfetto orario! Il contachilometri segna 83.825!
Sbarchiamo a Napoli un bel caffè all’italiana, una sfogliatella e via verso Roma. Arrivederci al prossimo viaggio da Alberta e Luciano Evangelisti.