Andare alla scoperta di un paese tanto vicino
quanto diverso, rimasto isolato dal mondo per
oltre un quarantennio. Nonostante la vicinanza
dell’Italia, il turismo di massa è ancora un
fenomeno sconosciuto in Albania. Questo particolare,
insieme alla bellezza paesaggistica e del patrimonio
culturale ne fanno una meta ideale per chi desidera
assaporare un mondo a noi poco conosciuto.
di Luciano Tancredi
Korça è la più grande città sud-orientale, dell’Albania. Si trova sulle pendici della montagna di Morava, a 800 metri sopra il livello del mare, è diventata un’importante centro industriale e del commercio nel XVIII secolo.
Qui sorse, nel 1887 la prima scuola albanese, il cui edificio attualmente ospita l’interessante Museo dell’educazione e anche, nel 1891, il primo istituto femminile.
Qui c’è ancora un grande bazar all’aperto con tante curiosità, come in quelli dei paesi orientali.
Proviamo a visitare il Museo Archeologico, che si trova in luogo fresco, adiacente ad una vecchia casa turca, dove conosciamo una ragazza italiana la quale assieme ad altre: inglesi tedesche e albanesi, fa parte di una missione archeologica, e vengono ospitate in questa bella casa.
Proseguiamo il nostro giro passando davanti al Museo Bratko di arte asiatica lungo la via Shetitore arriviamo all’antica birreria Korça.
La prima birreria in Albania fu costruita qui da un ingegnere italiano nel 1939, ed è ancora attiva.
Noi all’unanimità approfittiamo cenando con arrosticini, bevendo birra e spendendo una cifra ridicola 650 lek a coppia.
Incuriositi dalla struttura architettonica dell’edificio, ci informiamo: il mattino dopo possiamo visitare la fabbrica alle ore 9,30.
La sera passeggiando con mia moglie, cercando un ricordino per Giulia la nostra nipotina, riusciamo attraverso internet a collegarci con Skype con i nostri figli, durante tutto il viaggio comunicare per telefono è stato a volte un problema, i costi sono alti, come in altri paesi non comunitari è consigliabile acquistare delle tessere telefoniche locali, al costo di 600 lek si hanno 100 scatti e si fanno una decina di telefonate.
Con Skype, le telefonate sono gratuite,
così quando trovavamo gli internet-point, ci permettevamo lunghissime telefonate con i
figli, con un costo ridicolo di 50 lek l’ora.
Durante la mia passeggiata mattutina alle 7,45
sono davanti al Museo Nazionale di Arte Medioevale, è aperto solo l’atrio che dà sulle
scale, ne approfitto per fare qualche foto, poi disinvoltamente salgo le scale ed arrivo nello studio dei restauratori, i quali affabili e cordiali gentilmente telefonano all’addetta del Museo, la quale arriverà dopo 3/4 d’ora nel frattempo mi offrono un caffè turco, scatto alcune foto dalla finestra, ringraziando e congedandomi ne approfitto per andare a vedere il Museo Archeologico che nel frattempo è stato aperto.
La distanza è di poche centinaia di metri, pago il ticket di 100 lek, la ragazza della biglietteria cordialmente mi fa da guida, è un piccolo museo allestito in una vecchia abitazione turca, con una grande scala a chiocciola, con notevoli oggetti di artigianato illirico, sono gioielli e oggetti di uso quotidiano di oltre 3500 anni fa, ritrovati tra le palafitte rinvenute a Maliq.
Maliq è un villaggio, a poca distanza da Korça, è il centro preistorico più importante e meglio conosciuto dell’Albania e nell’intera area balcanica.
Questi scavi sono importanti perché provano la presenza di una solida cultura illirica nell’età del rame.
Gli scavi sono cominciati all’inizio degli anni Sessanta.
Maliq è situato sull’altopiano di Korça.
La parte nord di questo altopiano
nella preistoria era sommersa dalle acque di un basso lago.
Le abitazioni scoperte erano situate su palafitte che richiedevano una raffinata tecnica di costruzione.
Al ritorno riesco a visitare il Museo nazionale di Arte Medioevale, molte le opere della scuola di Berati del pittore Onufri e alcune dei fratelli Kostandin e Atanas Zografi che sono tra i rappresentanti più noti.
Prima di ripartire visitiamo la fabbrica della birra Korça, è stata ampliata e ristrutturata, una parte è stata sapientemente restaurata e presenta ambienti con manufatti in ghisa di chiara ispirazione Art Nouveau.
Uscito dalla fabbrica dico agli amici e a mia moglie che devono fare qualche acquisto, che ci vediamo più tardi io ne approffitto per andare a vedere Santa Maria Mborja Shen Ristoz (Santa Resurrezione), però cambiano idea.
Così andiamo nel sobborgo di Korça su una collina, è
un’adorabile chiesetta bizantina del XIII secolo, vediamo
delle persone che nel giardino all’ombra di alberi secolari
giocano a domino, ci sono anche dei bambini che vedendo i nostri camper si avvicinano incuriositi, gli chiediamo
informazioni ed in un perfetto italiano ci dicono che
andranno a chiamare l’incaricato che ha le chiavi per aprire.
Nel frattempo parliamo con Mario ed Alisia due dei bambini, i quali ci dicono di parlare almeno due lingue oltre l’albanese, e l’italiano, parlano spagnolo e inglese, non so se sono figli di immigrati, fatto sta che con una popolazione giovane che parla più lingue questo paese è destinato ad un grande futuro in Europa.
L’interno è minuscolo, con una piccola cupola, è tutta completamente affrescata, i dipinti sono anneriti da un incendio, ed avrebbero bisogno di un buon restauro.
Lo spettacolo è affascinante e all’esterno l’edificio fatto di modesta pietra locale nulla lascia presagire dei meravigliosi affreschi che custodisce.
Torniamo verso il lago di Orhid rinunciando alla visita di Voskopoja essendo stati sconsigliati dai locali per la strada non asfaltata per raggiungerla, forse sarebbe stato il caso di visitarla usando un mezzo locale.
Lungo la strada acquistiamo sacchetti di nocchie dai bambini, arriviamo al camping Peschku di
Pogradec è l’unico vero campeggio
dopo quello spartano di Borsh sull’adriatico,
è piccolo ma ben organizzato, docce
con acqua calda con pannelli solari, è
gestito da una famiglia locale e da un
figlio sposato che ha lavorato sul lago
di Garda in un campeggio, quindi sa
come gestire questo tipo di attività. All’interno c’è anche un bel ristorante, l’acqua del lago contrariamente a quelli italiani a meno che non si va a Sirmione, è trasparente ed invita alla balneazione. Faccio un bagno e pesco con le mani due grossi granchi di acqua dolce, che il giorno dopo rigetto in acqua.
Alle spalle del campeggio passa ancora
attiva una delle poche linee ferroviarie
dell’Albania, che sicuramente permette
di visitare luoghi ancora incontaminati
di questo interessante paese.
Gli amici Ivan e Giuliano decidono di
visitare la parte macedone, facendo il
giro del lago, noi non avendo il passaporto rinunciamo, ci vedremo in serata a Elbasan, dove noi ci dirigiamo in mattinata, arriviamo alle 13,20 con Anna decidiamo di visitare immediatamente il Museo Etnografico che chiude alle 15.
È sicuramente il più ricco di oggetti per la vita familiare, di artigianato, costumi attrezzi da lavoro, di fabbri, carpentieri, oggetti per la lavorazione del tabacco, nelle sale al piano superiore gli ambienti sono perfettamente conservati con mobili ed oggetti di quella che fu una delle più belle abitazioni di una famiglia facoltosa del XVIII secolo, dove c’è anche un bel balcone coperto in legno (çardak), qui fu aperta la prima scuola di lingua albanese nel 1908.
L’anno successivo si tenne un congresso dove fu formalmente adottato l’alfabeto latino, in questa città vi fu la prima sede della scuola di formazione per insegnanti. Alle ore 20,30 arrivano gli amici dalla Macedonia.
Al mattino prima di partire ci prendiamo un caffè dall’alto del grattacielo, dal quale si vede un magnifico panorama sulla città e i monti che la circondano.
Arriviamo a Tirana alle ore 11,05 dopo aver percorso un tratto dell’antica via Egnatia.
Cerchiamo l’Hotel Dajti dove sappiamo che c’è un parcheggio custodito, come norma nelle grandi città per motivi si sicurezza preferiamo scegliere questi o i campeggi, quando ci sono. Contrattiamo per 1.000 lek per 2 notti.
Facciamo una passeggiata per conoscere
la città, stiamo in un punto comodissimo
a 150 m da piazza Skanderbeg e dalla
Moschea Et’hem Bey nel centro storico.
Arriviamo al mercato centrale, approfittiamo
per fare qualche acquisto, di prodotti locali, in una pescheria troviamo delle acciughe, che ci vengono pulite e fritte al prezzo di 250 lek per 1/2 kg. Nel pomeriggio andiamo sul Monte Dajti, è una gita che non si deve mancare, ci si arriva con un autobus in circa 20 minuti e
30 lek di ticket, al capolinea si deve aspettare la navetta che porta alla modernissima teleferica (con cabine da sei posti) che parte dalla periferia est, dove con circa mezz’ora e 500 lek andata e ritorno ti porta in cima a Dajti.
Ci godiamo questa gita che offre anche un panorama della città con laghetti, boschi e fattorie, oltre all’espansione verso la montagna dei nuovi quartieri chiaramente residenziali di Tirana.
Dajti è la montagna di Tirana, è alta 1680 metri ed è un parco naturale.
Nel suo sottosuolo c’è un enorme bacino idrografico che rifornisce anche Tirana.
Nel Comune di Dajti ci sono 218 famiglie che coltivano ulivi, in tutta la zona ci sono 40.000 piante di ulivo bianco.
Facciamo una passeggiata di un’oretta consumiamo un bel cioccolato caldo al bar ristorante, e ritorniamo verso la teleferica
tra meno di un’ora smetterà il servizio
ed è opportuno fare tutto con calma.
Ce ne torniamo a Tirana il bus ci lascia vicino
alla Moschea Et’hem Bey torniamo verso
i camper dove ceneremo all’aperto, finendo
la serata con una partita a burraco.
La notte non sarà delle più tranquille, purtroppo c’è nei dintorni una discoteca che va avanti quasi fino all’alba.
Il giorno dopo visitiamo il Museo di Storia Nazionale che domina la grande piazza Skanderbeg, con il suo mosaico esempio del trionfalismo dell’epoca.
Nel 2004 il sindaco di Tirana è stato premiato come miglior sindaco al mondo per come è riuscito a cambiare l’immagine della città.
È una città abbastanza piacevole da girare a piedi che sta uscendo dignitosamente dal periodo di isolamento imposto dal regime comunista.
La capitale si sta anno dopo anno rifacendo il trucco. Certo ci vorrà ancora del tempo, ma sono sulla strada giusta. Tirana è una città relativamente nuova se si considera che fu fondata nel 1614 da Sulejman Bargjini. La città ha cominciato a svilupparsi all’inizio del diciottesimo secolo. Il Museo Storico Nazionale è il museo più grande e più interessante dell’Albania, ricco di reperti provenienti da altri siti quali: il mosaico “La bella di Durazzo”.
La sua architettura monumentale è
di chiara influenza sovietica.
Noi abbiamo avuto l’onore di avere per
guida il Direttore del museo che per circa
3 ore ci ha fatto egregiamente da
guida, rispondendo esaurientemente
alle nostre domande. Di fronte si ergono la cupola e il minareto della Moschea di Ethem Bey, costruita nel 1793, uno degli edifici più caratteristici della città, ricco di dipinti, cosa inusuale generalmente in tutte le moschee è la più antica moschea suffita dell’Albania.
Uscendo dal museo dirigendoci verso
la torre dell’orologio di Tirana, costruita
nel 1830, che si trova accanto alla
Moschea, vediamo che lungo tutti i
marciapiedi sono ricoperti di tappeti e
stuoie, è venerdì e siccome la moschea
non è molto grande la gente prega, come
è uso nei paesi musulmani sulla strada. Lungo il fiume Lana, in direzione sud, si possono vedere le bianche pareti oblique di quello che una volta era il Museo Enver Hoxha: oggi questo edificio viene usato come centro espositivo.
Prima di arrivare all’edificio piramidale si passa sotto la campana della pace, che è stata realizzata con la raccolta dei bossoli delle pallottole esplose durante le sommosse del 1997.
È stato un’esempio di pacificazione e di voglia di cambiare messo in atto da insegnanti e studenti di tutte le scuole della città.
In meno di 50 km di autostrada raggiungiamo Durazzo, dove trascorriamo il ferragosto in un ristorante in riva al mare, il pomeriggio ci trasferiamo al porto dove dormiremo, e aspettiamo l’arrivo degli amici Gino e Fausta Palombo.
Il mattino dopo vado in avanscoperta a passeggiare in centro, arrivo sulla piazza del Municipio dove c’è la Moschea di Fatih c’è anche un bel parcheggio, essendo domenica è libero. Torno dagli amici e decidiamo di trasferirci in questa piazza che ci permetterà di visitare in tutta comodità il centro storico, con l’anfiteatro romano, le vecchie mura bizantine e veneziane.
Il Museo Archeologico sorge di fronte al lungomare, gli oggetti che mi hanno colpito di più sono dei grandi vasi di vetro, delle grandissime terracotte, ed una grande fornace per cuocere l’argilla, ritrovata integra vicino alla spiaggia di Currila. In alto sulla collina alle spalle del museo c’è il vecchio palazzo reale di Re Ahmet Zog.
Salendo verso Kruja si attraversa una zona con una ricca vegetazione, arrivati in paese si percorre una strada stretta, dopo un paio di km si arriva in cima al paese sulla destra si vede il bazar, prendere a sinistra dopo 100 metri c’è un “Lavazho” si può parcheggiare qui per 1000 lek, con acqua e corrente, avendo a disposizione tutta la parte storica a 3 minuti il bazar e la moschea, a 10 minuti il castello con il museo è troppo comodo.
Mangiamo ed andiamo a visitare la
moschea, il vecchio bazar turco è ricco di oggetti d’artigianato e
d’antiquariato mi intriga molto, ma il tempo stringe e andiamo a
visitare il Museo Storico dedicato ai grandi dell’Albania in particolare all’eroe nazionale Skanderbeg, dal terrazzo c’è una magnifica vista fino al mare.
Rientrando do’ un’ulteriore occhiata al bazar, trovo un paio di apparecchi fotografici interessanti che mi piace collezionare, ma non ci accordiamo sul prezzo e desisto dall’acquisto.
La sera grande tavolata nel lavaggio lasciatoci a disposizione dal gestore, che dopo cena ci raggiunge con un suo amico che ha vissuto oltre un decennio in Italia, adesso ha una fabbrica di scarpe per conto di una ditta del nostro paese e realizza parte della lavorazione, la quale poi viene ultimata in Italia in questo modo poi potrà essere etichettata Made in Italy.
Il nostro amico offrendoci dell’ottimo Rakj ci ha raccontato di quanto fosse dura la vita durante il regime, e dei danni causati specialmente negli anni ‘60 quando vi furono gli accordi con la Cina, e fu importata praticamente la rivoluzione culturale, con la dichiarazione ufficiale di essere un paese ateo, con la conseguente distruzione di chiese, moschee, centri storici, opere d’arte, biblioteche, praticamente le radici di questo paese.
È proprio il caso di citare la frase di Moni Ovadia: “Se non sai dove stai andando, girati a vedere da dove vieni.”
Evidentemente i politici comunisti albanesi non lo hanno fatto.
Il mattino dopo accompagno le signore a visitare il castello, nel 1405 vi nacque Skanderbeg.
L’edificio principale fu costruito dai Veneziani a pianta triangolare.
Distrutto e ricostruito dai Turchi venne ampliato da Skanderbeg, la posizione elevata, dominante il paese, la resero inespugnabile.
Troviamo una guida che ci fa vedere l’antico: hammam, poi attraverso dei vicoletti ci porta fino alla Teqe dei Dollma, si tratta di una famiglia di guardiani ereditari della piccola teqe bektashi (un luogo sacro per la riflessione e lo studio).
Fuori a fianco delle tombe all’aperto c’è un secolare ulivo che la tradizione vuole sia stato piantato da Skanderbeg.
Il nostro uomo ci fa visitare la sua casa, scendiamo alcuni gradini è un ambiente semplice, con un pavimento di legno ricoperto da tanti tappeti, ci togliamo le scarpe, tutt’intorno lungo le pareti c’è un divano basso di tipo turco, con un camino, siamo entrati nel dhoma e zjarrit la stanza del fuoco, dal suo terrazzo c’è un panorama mozzafiato.
Finito il giro si torna ai camper a si parte per l’ultima tappa, ad uscire dalla città impieghiamo 3/4 d’ora rimaniamo fermi in mezzo ad un funerale islamico, svariate centinaia di persone, solo uomini seguono il feretro a piedi dirigendosi verso la parte alta della città dove c’è la Moschea, passato il corteo siamo costretti a muoverci a passo d’uomo, aiutati dalle persone a piedi riusciamo ad uscire dalla città.
Arriviamo a Scutari alle 16,30 dopo aver percorso 160 chilometri, parcheggiamo davanti all’Hotel Rozafa, facciamo un giro per vedere un posto dove fermarci, con Giuliano arriviamo alla chiesa di San Francesco, ha un bel cortile, sfacciatamente chiediamo se possiamo fermarci per la notte, il parroco frate Francesco ci invita cortesemente a usufruire della sua ospitalità.
Possiamo rifornirci di acqua, usare la corrente, ci regala una grossa anguria, la sera un confratello ci offre dell’uva. L’indomani con mia moglie andiamo a visitare il Museo Storico, è indubbiamente il viaggio degl’incontri fortunati, stiamo leggendo sul portone l’orario di apertura, quando sopraggiunge un signore è Zamir Tafilica prima parcheggia il suo motorino, poi si presenta: sono il Direttore del museo, posso farvi da guida scusandosi per il suo italiano, che invece conosce molto bene, ci fa da guida, è un archeologo, ed ha partecipato recentemente a dei corsi a Roma per approfondire certe conoscenze, mi chiede pure dove abitiamo così scopriamo che durante il suo soggiorno aveva preso in affitto una casa nei pressi della stazione tiburtina, praticamente eravamo vicini di casa.
Il Museo si trova nella casa Oso Kuka eroe della guerra contro i Montenegrini del 1861, visitandolo si ha un’idea delle abitazioni dell’epoca, viste dalla strada queste case non avevano finestre nella parte bassa, ed erano circondate da alte mura, per essere inattaccabili.
La parte bassa era originariamente usata come stalla accoglie adesso il Museo Archeologico con oggetti: illirici, greci e romani.
Da una scala di legno si accede ad un grande terrazzo in legno (cardak), dove ci sono ancora gli arredi originali, compreso l’ufficio che usava il vecchio proprietario.
Siamo prossimi all’appuntamento con gli amici per andare alla fortezza di Rozafa, ci congediamo dal sig. Tafilica il quale ci regala un contenitore con delle vecchie cartoline della città, mi chiede 200 lek per i biglietti, gliene do’ 500, lasciandogli il resto per il museo.
Andiamo con i nostri amici al castello di Rozafa, fa un po’ caldo e il taxi non ha l’aria condizionata, per fortuna arriviamo in un quarto d’ora.
La nostra guida parlante non è molto loquace, conosce poco l’italiano e ci da solo le spiegazioni essenziali, con l’aiuto della nostra ottima libro guida: “Albania” di Gillian Gloyer (della Bradt Travel guide) riusciamo a capire come era strutturata la fortezza.
Dall’alto la vista è meravigliosa si vede fino al Lago di Scutari, e la confluenza dei tre fiumi (il Drin, il Kiri e il Buna), i resti del castello sono imponenti, dalla porta Barbacane si entra nel primo cortile, si prosegue verso i resti della chiesa di Santo Stefano per arrivare alla fortezza dove attualmente c’è il Museo ed un caratteristico ristorante, con giovani in costume albanese.
Dopo la visita ce ne torniamo in città, impieghiamo il doppio del tempo per via del traffico, noi decidiamo di visitare il Museo della fotografia di Pietro Marubbi un Garibaldino di Piacenza che si rifugiò in Albania nel 1836 per motivi politici.
La Fototeca patrimonio dell’umanità è una importante raccolta di circa 165.000 fotografie della storia dell’Albania scattate dalla dinastia Pjeter Marubi il nome fu albanesizzato, nel piccolo Museo è esposta anche la sua prima fotografia scattata in Albania nel 1858.
È un vero peccato non riuscire a trovare un luogo più grande per esporre un numero superiore di fotografie, uniche al mondo e preziose per questo paese e per la sua identità storica, messa spesso in pericolo nel corso dei secoli da nemici esterni ed interni.
Dopo pranzo ci prepariamo per la partenza, decidiamo di fare una questua che infiliamo in una cassetta dell’elemosina in chiesa, nel frattempo arriva frate Francesco con dei giovani, tornano da una gita, ci salutano calorosamente dispiaciuti della nostra breve visita.
In meno di un’ora arriviamo al confine del Montenegro paghiamo 40 € per la permanenza e in dieci minuti attraversiamo la frontiera, il viaggio in Albania è finito. Iniziamo ad attraversare il Montenegro ma questa è un’altra storia.
Riproponiamo per coloro che non lo
avessero letto il sommario della prima parte:
Tutto era iniziato non dico con timore,
quanto meno con cautela.
I pochi che avevano fatto questo viaggio in
camper, dichiaravano che andava fatto avendo
con se persone che controllassero i camper
durante le soste, che facessero da interprete durante gli spostamenti, che si doveva
parcheggiare lontani dai grossi centri abitati e raggiungerli noleggiando dei bus.
Niente di tutto ciò è vero, l’Albania è un paese sicurissimo, senza delinquenza, i luoghi dove ci si ferma sono più che sicuri, le strade sono buone al 90% con fondo stradale spesso appena fatto, iniziano a costruire le prime autostrade.
Tutti i luoghi da visitare sono raggiungibili in camper, la gente all’85% conosce l’italiano ed è sempre pronta ad aiutavi con disinteresse.
L’unico neo è l’immondizia, presente sopratutto nelle città della costa all’interno i paesi sono molto più puliti.
Consigliamo di fare il viaggio almeno in due camper, solo per avere compagnia e magari per una partita a carte, qualche volta per discutere con qualcuno.
Altrimenti potete farlo anche da soli, sicuramente risparmierete un bel po’ di soldi.