Nella nostra immaginazione di europei il
deserto è quello di sabbia, di grandi
dune che si estendono come un mare.
Ma nella realtà il deserto è quanto
mai vario, l’unica cosa che lo accomuna
è la scarsità di pioggia (meno di 250 mm
l’anno), e si va da boscaglie aride
(bush) come il deserto australiano,
fino alle distese pietrose (hamada), alle
montagne rocciose, ai laghi salati (chott)
ed alle grandi dune (erg) del Sahara.
di Giuseppe Bacci, fotografie di Tiziano Bacci
Quando dici agli amici che stai per partire per il Marocco, evochi subito in loro reminiscenze di luoghi esotici, di antiche civiltà, di grandi spazi. In effetti il Marocco da lungo tempo è un’ambita destinazione turistica e non solo.
Ci fa subito ricordare film come “Casablanca” con Hamphrey Bogart o “Il vento ed il leone” con Omar Sharif, che ci rammentano come questo paese sia stato fin dagli inizi del secolo scorso un crocevia dove diverse nazioni si sono incontrate, o scontrate, più spesso confrontate, magari tramite le spie dei servizi segreti.
Oggi il Marocco rappresenta una meta turistica molto variegata, che offre molto.
Dal punto di vista naturale pochi paesi possono vantare una simile varietà di paesaggi: si va dal deserto di grandi dune alle gole di palme e roccia rossa, fino alle grandi montagne di oltre 4000 metri ed alle spiagge oceaniche e mediterranee, e naturalmente le verdi oasi.
Ma anche sul lato culturale il Marocco offre molto, una storia che affonda le sue radici nell’epoca romana, e che nei secoli passati ha ospitato una civiltà che ha rivaleggiato e superato quella europea, basti pensare alle moschee ed alle scuole coraniche che ancora oggi abbelliscono sia il Marocco che la Spagna.
Ancora oggi gli artigiani marocchini sono famosi nel mondo, non solo per gli oggetti di artigianato, ma anche per la costruzione di moderni edifici in stile tradizionale, come le numerose moschee da loro decorate in diversi paesi nel mondo.
Ma cominciamo dall’inizio, cioè dalla lunga tappa di avvicinamento al Marocco.
Da Roma sono esattamente 2.500 km di autostrade che conducono fino a Algeciras, senza particolari difficoltà se non il traffico e la noia di tre giorni di guida.
Per i più pigri c’è la soluzione traghetto da Genova a Tangeri o da Civitavecchia a Barcellona, anche se naturalmente non risparmierete molto tempo.
Nel mio caso sto accompagnando un gruppo di 12 camper e ci ritroviamo lungo la strada fino ad essere al completo all’imbarco per attraversare lo stretto di Gilbilterra.
Arrivati in Africa sbrighiamo le formalità e ci andiamo a sistemare al campeggio Achakkar, che si trova nei pressi delle grotte d’Ercole.
Pur con i suoi servizi essenziali, come nella maggior parte dei campeggi marocchini, la sosta in questo campeggio risulta piacevole, sia per la sua struttura a vialetti tra bassi alberi, un poco angusta per i nostri camper, sia per la posizione che permette di raggiungere a piedi le grotte d’Ercole e la grande spiaggia tra Atlantico e Mediterraneo.
Esiste anche un autobus che lo collega al centro di Tangeri ed anche i taxi non sono costosi per il ritorno.
Facciamo così una sosta di un paio di giorni per visitare Tangeri, con il suo mercato, la kasbha che domina il porto ed il suo stile cosmopolita, che risente di secoli di commerci tra Europa e mondo arabo.
È per molti di noi il primo impatto con il mondo arabo, e non tutti sono abituati alla cordialità un poco invadente dei marocchini.
Durante la nostra permanenza riusciremo comunque a saper riconoscere i seccatori che cercano di spillare soldi al turista di turno, e che comunque se trattati con decisione desistono, dalla grande maggioranza della popolazione che è genuinamente cordiale con lo straniero.
Ma è ora di addentrarci in questo paese di contrasti: il primo tratto del nostro itinerario percorre un’ottima autostrada, che non corrisponde al tipo di strade che eravamo preparati a trovare, ma quando arriveremo nel sud troveremo anche stradine più o meno in buono stato.
Bisogna però riconoscere che da quando sono venuto la prima volta in Marocco nel 1981, molte cose sono cambiate in meglio.
Oggi le strade sono mediamente buone, mentre allora occorreva fare lunghi tratti su asfalto ad una sola corsia e molte buche (quando si incrociava occorreva uscire con due ruote sullo sterrato); inoltre il livello di seccatura procurata dai faccendieri spremi turisti era molto elevato, mentre oggi, grazie ad una campagna di educazione fatta nelle scuole ed a leggi che puniscono anche con il carcere chi infastidisce il turista, la situazione è molto migliorata.
I giorni successivi sono dedicati a Meknes ed a Fes, due grandi capitali che conservano tutti i segni dello splendore dell’epoca d’oro. A Meknes colpisce maggiormente il bellissimo mausoleo di Moulay Ismail, e le grandiose rovine dei magazzini e delle scuderie di Dar El Ma con il vicino bacino artificiale.
A Fes arriviamo di sera ed abbiamo prenotato una cena per tutto il gruppo. Dal campeggio ci spostiamo in taxi fino al margine della medina per addentrarci a piedi tra i vicoli fino al ristorante.
È buio, i vicoli sono stretti, alcuni pieni di immondizie, le case sono fatiscenti e molti si chiedono in che razza di posto li stia portando per mangiare.
Ma quando arriviamo entriamo attraverso una porticina e, dopo essere scesi per alcuni gradini, entriamo in una sala riccamente decorata, con la volta sostenuta da grandi archi, con molti oggetti di antiquariato alle pareti.
Il servizio è impeccabile, il cibo ottimo e si dimentica ogni timore. Infatti per la cultura araba non bisogna apparire, non bisogna ostentare la ricchezza. Tutte le case, tranne gli edifici pubblici, esternamente sono molto disadorne, poche piccole finestre su grandi muri spogli, non vi sono segni che facciano distinguere la casa di un ricco da quella del povero, se non a volte il portone.
Ma una volta entrati, con la disposizione delle camere affacciate sul cortile interno come la casa romana, si possono trovare dei veri gioielli architettonici, con giardini, fontane, mosaici e decorazioni, oppure una povera casa con pavimenti in terra battuta.
Di Fes rimane l’impressione dell’esteso dedalo di vicoli che ospita uno dei migliori mercati di artigianato arabo; e la zona delle concerie con i suoi terribili odori, con le anacronistiche condizioni di lavoro, ma con la forza di una tradizione millenaria.
Proseguiamo ora verso il sud, verso l’Atlante, o meglio verso quello che l’Atlante nasconde: il grande deserto del Sahara.
Dopo aver attraversato le foreste di grandi cedri abitate da scimmie che segnano il valico tra le zone coltivate del nord e quelle semidesertiche del sud, facciamo tappa a Midelt.
Siamo arrivati presto nel pomeriggio e quindi mi organizzo per andare a vedere la miniera abbandonata di Aouli, ad una quarantina di chilometri dal campeggio: un paio di camper decidono di accompagnarmi.
Avverto gli altri che non conosco la strada e potrebbe essere difficoltosa, ma neanche io sono preparato a quello che troveremo.
Dopo alcuni chilometri di strada piatta ci infiliamo con una sterrata in una gola, dove i paesaggi sono splendidi e la strada si insinua tra il fiume e le pareti di roccia.
Ma eccoci arrivare ad un ponte che ci lascia perplessi: è formato da assi di legno malmesse, alcune sono rotte ed attraverso il foro si vede il fiume sotto, non vi sono parapetti di nessun genere e non vi sono cartelli che indicano la portata massima.
Comunque vedo che sotto i travetti di legno il ponte viene retto da due grandi travi in ferro ed inoltre considero che quel ponte deve essere anche servito per i camion della miniera e quindi decido di fare da battistrada con il mio camper, facendo bene attenzione a passare con le ruote in corrispondenza dei travi sottostanti.
Il ponte cigola e rimbomba sotto le ruote del mio camper, le assi mal fissate si alzano e ricadono al mio passare, ma alla fine sono sano e salvo sull’altra sponda, presto imitato dai miei compagni.
Il paesino minerario alla fine della strada è suggestivo, ancora abitato da qualche famiglia i cui ragazzi ci vengono incontro per scambiare qualche chiacchiera, mentre sulla parete rocciosa si vedono le strutture abbandonate della miniera.
Ma ormai il sole è tramontato, dobbiamo anche ripassare il ponte: non possiamo trattenerci.
Nella nostra immaginazione di europei il deserto è quello di sabbia, di grandi dune che si estendono come un mare.
Ma nella realtà il deserto è quanto mai vario, l’unica cosa che lo accomuna è la scarsità di pioggia (meno di 250 mm l’anno), e si va da boscaglie aride (bush) come il deserto australiano, fino alle distese pietrose (hamada), alle montagne rocciose, ai laghi salati (chott) ed alle grandi dune (erg) del Sahara.
Noi ci addentriamo fino a Merzouga, che, da quando hanno asfaltato la strada, è ormai affermata meta turistica, e ci accampiamo in uno degli hotel-campeggio che giacciono alla base delle grandi dune che formano l’erg. Il giorno dopo effettuiamo una escursione in fuoristrada che ci porterà a vedere i vari aspetti di questa località così lontana dal nostro mondo e dalla nostra esperienza.
Passiamo infatti la giornata tra paesaggi immensi, dominati dalle grandi dune di sabbia, apprezzando le danze ritmate di un gruppo musicale in un villaggio con popolazione proveniente dal Mali, osservando i danni fatti da un’inondazione che pochi mesi prima ha sconvolto la zona uccidendo alcune persone e riempiendo un lago che durerà per diversi mesi e che ora ospita dei fenicotteri. Infatti la rarità delle precipitazioni nel deserto, che invece erano più abbondanti molti secoli addietro, ha causato nei fiumi un letto molto ampio ed irregolare, tale che in caso di forti piogge diviene imprevedibile sapere dove l’acqua deciderà di passare.
Un’altra particolarità di questa zona sono i fossili: infatti una lunga cresta rocciosa alta un paio di metri che attraversa il deserto piatto tra Merzouga e Rissani è formata da compatte rocce che ospitano al loro interno innumerevoli fossili. La roccia può essere di colore marrone scuro o nero ed i fossili possono essere conchiglie a spirale (tipo nautilus) oppure a cono allungato.
Diversi anni fa un italiano esperto della lavorazione del marmo ha iniziato qui una tradizione di lavorazione della roccia fossilifera, unendo l’abilità manuale degli artigiani marocchini nel liberare dalla pietra le conchiglie, alle moderne tecniche che coprono con uno strato vetrificante la superficie della pietra, ottenendo stupefacenti risultati a prezzi decisamente abbordabili.
Ma ci aspettano altre meraviglie del deserto, le zone di montagna solcate da profonde vallate coperte di coltivazioni e palmeti.
Sono le valli del Dades e del Draa, che percorriamo con i nostri camper ammirando il colore ocra delle rocce che contrasta in basso con il verde della vegetazione, mentre quasi ovunque si ergono i granai fortificati (kasbha), mimetici nello stesso colore delle rocce.
Queste strutture architettoniche molto suggestive avevano lo scopo di conservare e proteggere da ladri e predoni il raccolto dei campi circostanti, e di permettere al proprietario dei campi di controllare dall’alto delle torri i contadini che lavoravano le sue terre.
Infatti la forma più tipica delle kasbha di questa zona è formata da quattro torri quadrate, rastremate verso l’alto, che delimitano un quadrilatero merlato di stanze che racchiudono un cortile.
L’altezza di quattro-cinque piani, ed il fatto che venivano spesso costruite nei punti più panoramici, conferisce loro un aspetto molto suggestivo.
Un’altra particolarità è che il materiale costruttivo è il fango impastato con la paglia, e questo ne causa il lento disgregamento con le piogge: occorre una continua manutenzione per mantenere l’edificio in piedi. In poco tempo, una volta che la pioggia si insinua all’interno dei muri, il fango si scioglie facendo crollare tutto.
Così oggi una parte delle kasbha, quelle abbandonate, è ridotta a delle rovine diroccate che si ergono verso il cielo, ed anche le altre sembrano più antiche di quello che sono effettivamente, perché per mantenerle c’è bisogno di rifacimenti continui.
Dopo una puntata alle dune di Zagora volgiamo verso nord, scavalchiamo di nuovo l’Atlante con un valico di quasi 2000 metri e ci fermiamo a Marrakech, antica capitale dai sontuosi edifici. Marrakech forse è la città che più corrisponde nella nostra immaginazione all’immagine della antica civiltà araba, tipo mille ed una notte: il mercato e la grande piazza Djemma El Fna brulicante di persone che comprano e vendono di tutto, o che semplicemente attraversano la folla, è uno spettacolo indimenticabile.
Nella grande piazza i turisti vagano osservando i saltimbanchi ed i banchetti che offrono spuntini o spremute di frutta.
Ci fermiamo ad osservare un cantastorie, poi un venditore di pozioni miracolose, il cui pubblico molto attento è esclusivamente maschile, ci sembra di capire che uno dei benefici della sua pozione sia la potenza sessuale…
Dall’altra parte un dentista ambulante mostra con orgoglio a fianco a pinze e ferri anche una ciotola colma di denti, a dimostrazione della grande pratica fatta nell’esercitare la professione. Incantatori di serpenti, mangiafuoco, scimmie ammaestrate, suonatori e danzatori completano il quadro.
Una umanità quanto mai varia, vivace, curiosa, un poco ingenua, in continuo movimento affolla tutti i giorni la piazza, ed i turisti si sentono un poco spaesati ma loro stessi attratti da quello che appare evidentemente come uno spettacolo che da secoli attira i marocchini prima ancora che i turisti.
Da Marrakech ci attende ancora una puntata verso sud, questa volta in una zona relativamente poco toccata dal turismo ma di grande interesse paesaggistico.
Si tratta delle montagne intorno a Tafroute, dove grandi macigni di granito costellano il paesaggio. Organizzo una escursione con fuoristrada che ci porta a vedere alcuni dei punti più caratteristici della zona, dai grandi massi dipinti da un artista belga, alle formazioni rocciose note come “testa di leone” e “cappello di Napoleone” fino alla suggestiva valle di Ait Mansour.
Ci colpisce molto anche la casa-museo, e l’incontro con il proprietario, persona di grande raffinatezza e cultura, che divenuto cieco a 20 anni per un colpo di pallone alla tempia, si è dedicato alla conservazione delle tradizioni del suo villaggio natale, allestendo nella casa della sua famiglia un vero e proprio museo che illustra con abbondanza di oggetti la maniera di vivere dell’inizio del secolo scorsa in una casa benestante di questo posto sperduto.
L’offerta del tè all’assenzio ed il canto dei suoi figli accompagnati dal suono del liuto rimarrà a lungo impresso nella nostra memoria.
Si ritorna poi verso la costa, verso il Marocco più moderno, industriale, occidentalizzato, in pieno progresso economico e culturale. Dopo Agadir, facciamo sosta a Essaouria, incantevole porto di pescatori che vanta una stupenda cinta di mura e non meno interessanti banchetti che cucinano pesce espresso sul porto.
Poi fino a Casablanca, dove visitiamo solo dall’esterno l’imponente moschea di Hassan II: l’interno infatti, essendo la festa di fine Ramadan, rimane chiuso ai turisti.
Peccato, comunque l’esterno dà già un’idea della grandezza e della magnificenza di questo moderno ed immenso luogo di culto.
Un’ultima tappa a Rabat e siamo poi di nuovo a Tangeri a riprendere il traghetto per l’Europa e quindi tornare verso l’Italia.
Un bel giro di oltre 4.000 km percorsi in Marocco, che ci ha permesso di venire in contatto con molte delle peculiarità di questo paese: dai paesaggi così diversi, alle opere d’arte, alle popolazioni ricche di tradizioni, fino all’ampia scelta di begli oggetti da acquistare a buon prezzo nei mercati.
Per chi vuole seguire le nostre orme diamo qualche consiglio.
Armatevi di pazienza, perchè in Marocco tutto ha una soluzione (anche quello che da noi è insolubile), ma i tempi non sono mai certi.
Non lasciatevi fuorviare dagli accalappia-turisti, il popolo marocchino è cordiale e molto ospitale con i turisti. Prestate attenzione alla guida su strada, gli incidenti sono frequenti, evitate la guida di notte.
La delinquenza non è così diffusa come potrebbe sembrare, ma evitate il campeggio libero e diffidate di chi vi vuole portare al negozio del cugino…
Ma se volete semplificarvi la vita, potete sempre affidarvi ad un viaggio di gruppo organizzato: noi torneremo in Marocco per il prossimo Natale e Capodanno, contattateci su www.camperisti.it oppure allo 06-82004510.