Dopo aver visionato una decina di posada, questo è il nome
dei piccoli alberghi con prima colazione, abbiamo scelto La
Posada du sognos. Un piccolo appartamento con cinque stanze
a gestione familiare, dove per quanto riguarda l’igiene eravamo
proprio al limite, ma questo era ricompensato dalla simpatia
della famiglia, dalla prima colazione e soprattutto dal prezzo.
di Cristiano Ioppi
La prima impressione appena usciti dall’aeroporto di Rio de Janeiro non è delle migliori, soprattutto per chi arriva da solo e si deve avventurare con un taxi fino in centro, ma non bisogna lasciarsi ingannare.
Nell’incontrare il Brasile si rimane affascinati dalla peculiarità di questo paese: se qui esiste una cosa, state pur certi che troverete anche il suo opposto.
Non mi era mai capitato di immergermi in un mondo in cui convivono in una sconcertante normalità tutto ed il suo contrario.
Le situazioni che si incontrano sono difficili da comprendere, anche per chi è partito con lo spirito di capire questa gente e il loro modo di vivere.
Tuttavia ad un certo punto del viaggio qualcosa cambia; si comincia a comprendere che questo popolo non potrebbe essere diverso da com’è, pienamente immerso in due universi paralleli, che non si incontreranno mai.
Pensando a Rio de Janeiro, la mente va subito alle spiagge e al profilo montuoso tra i più famosi al mondo, e non è un caso! Intorno a queste spiaggie: Ipanema, Leblon, Copacabana, Botafogo, Flamenco, Barra, che prendono il nome dai quartieri di cui fanno parte, ruota la vita dei Carioca, gli abitanti di Rio.
Ogni occasione è buona per andare in spiaggia, chi prende il sole, chi fa footing, chi gioca a calcio, chi a beach volley. C’è chi balla, chi fa surf, chi rimorchia, chi va alla pausa del pranzo, chi dopo il lavoro, chi ci lavora, chi non ha un lavoro e sta lì.
È già! Le spiagge di Rio che sono famose per le donne, l’oceano, le onde, la musica, lo sono altrettanto per i borseggiatori e le prostitute.
Non bisogna spaventarsi, questa è Rio, in spiaggia ci vanno proprio tutti: la gente comune, i professionisti, gli studenti, gli abitanti delle favelas, tutti, nessuno resiste al richiamo dell’oceano.
La musica è una parte fondamentale di questa cultura, i loro ritmi vitali sono sintonizzati su suoni per noi impercettibili, ma che si possono certo assaporare nelle strade, come nel centro di Rio, al mercato di piazza Carioca, dove tutti, dagli abitanti della città a quelli delle favelas scesi per cercare fortuna o semplicemente per mangiare, contrattano i prezzi delle merci a ritmo di musica.
Infatti in tutte le strade del mercato è presente la filo diffusione. Oppure al trenino di santa Teresa dove i bambini si divertono inseguendo il treno, a scendere e a salire al volo appesi fuori, sospesi nel vuoto.
Di notte nei locali di Lapa, un piccolo quartiere coloniale nel centro della città, si mescolano i suoni vitali della samba e della tecno, a quelli riflessivi e sensuali della bossa nova.
Tutti escono la notte per ascoltare e ballare la loro musica, dagli studenti, ai giovani dei centri sociali di Lapa, ai loro genitori e anche i loro nonni. Rio è musica ovunque e ad ogni ora, inizialmente è difficile capire, perché non rispecchia le nostre aspettative, ma se si ha pazienza è un po’ d’attenzione, si entra in questo mondo inaspettato. Purtroppo Rio, come il resto del Brasile, è anche la favela, case fatte di mattoni a vista senza porte ne finestre, agglomerati di centinaia di migliaia di persone, che vivono in estrema povertà e in condizioni igieniche disastrose, le fogne nelle favelas in genere non esistono e tutto scorre al centro delle strade più grandi o dietro le case.
Quello che colpisce di più, è la grande vitalità che si respira nella favela ma soprattutto sono i bambini, a migliaia, che vivono scalzi e svestiti, spesso lasciati a se stessi, dove si devono difendere, trovare da mangiare senza l’aiuto degli adulti quindi si radunano in gruppi per cercare di trovare la forza per sopravvivere.
Camminare nella favela è pericoloso, si rischia di essere uccisi per un sguardo sbagliato, per un atteggiamento non adeguato, bisogna stare molto attenti, si percepisce la tensione e si avverte che la vita ha un senso diverso da quello a cui siamo abituati.
Quante volte mi sono sentito dire dalle persone: “Va bene ma se sono così poveri che li fanno a fare tutti questi bambini?” e io rispondo: “Il problema è che spesso a fare i bambini sono le bambine stesse, che a 12, 13 anni sono già donne”.
Vittime purtroppo della loro ignoranza, ma anche dell’abbandono, della prepotenza, della violenza degli adulti. A loro volta gli adulti sono vittime di un sistema, se non sbagliato quantomeno particolare.
Infatti al Brasile, pur essendo uno dei paesi più ricchi di materie prime e di bellezze naturali del continente americano e forse anche a livello mondiale, di questa ricchezza ne rimane una parte infinitamente piccola.
Rio è una città sotto assedio, l’esercito è perennemente mobilitato, perché la favela non è fuori la città ma è dentro. gli stessi quartieri residenziali possono essere separati dalla favela, ogni altura, ogni collina a Rio de Janeiro, di fatto la città più ricca del Brasile, è sovrastata da una favela.
Il semplice turista non deve preoccuparsi se mantiene una normale attenzione e soprattutto se non si avventura senza guida in posti non convenzionalmente turistici, altrimenti i rischi in cui potrebbe incorrere sono grandi.
Io ho avuto la fortuna di rimanere a Rio quasi quindici giorni, a settembre dello scorso anno, durante il loro inverno, un momento in cui la città non è assediata dai turisti occidentali. In compagnia di amici che vivono là ho potuto vedere posti che il turista in genere non può conoscere.
Passare da Rio a Salvador è un po’ come passare da Londra a Messina, sono circa tre ore di volo, ma anche quello che ti aspetta è un altro mondo.
Con i miei compagni di viaggio abbiamo scelto di non soggiornare lungo le spiagge di Salvador ma nel centro storico, nel Pelourinho.
Il Pelourinho è ciò che rimane della colonizzazione portoghese, insieme alle costruzioni, le piazze, e soprattutto le chiese, famose per la sfarzosità degli interni e per il loro numero.
Anche se ormai è diventato la mecca del turismo di Salvador, rimane uno dei luoghi più suggestivi di Bahia ed è stato un modo per conoscere i posti raccontati da Jeorge Amado nei suoi romanzi, da cui abbiamo tratto ispirazione per il nostro viaggio. Da qui è facile raggiungere sia la città alta che quella bassa, percorso che si può fare a piedi fino all’oceano atlantico.
Non consigliabile di notte ma che di giorno si può affrontare tranquillamente con un abbigliamento non troppo vistoso, con pochi soldi in tasca e con macchine fotografiche che non diano troppo nell’occhio, piccoli accorgimenti che servono per poter fare certe esperienze senza rischiare troppo.
Una volta arrivati all’aeroporto abbiamo cercato un taxi che ci portasse in questo posto a noi noto solo per la musica, le donne e i riti magici. Una volta trovata la stazione dei taxi abbiamo fatto quello che ormai era di norma in Brasile, abbiamo contrattato il prezzo, dopo di che ci siamo fatti portare al Pelourinho.
Purtroppo c’è una cosa più rischiosa della favela, e dei serpenti velenosi della foresta amazzonica, alla quale nessuno può sfuggire: i tassisti brasiliani, sono veramente pazzi e vi capiterà di pensare più di una volta che finirete schiantati, l’importante è cercare di capire durante la contrattazione se il vostro autista è sobrio, almeno all’alta velocità non si aggiungerà anche l’alcool.
Il Pelurinho ha un paio di piazze principali che sono tra l’altro molto vicine tra loro quindi è indifferente arrivare in una o nell’altra.
Una volta arrivati comincia la ricerca dell’alloggio, una vera avventura, perché nessuno o quasi parla inglese e le stanze possono serbare diverse sorprese: dall’igiene, alla rumorosità, alla promiscuità (potrebbero chiedervi di dividerle con altri personaggi), quindi è bene come sempre chiedere di vedere la stanza, e contrattare sul prezzo se vi sembra eccessivo.
Dopo aver visionato una decina di posada, questo è il nome dei piccoli alberghi con prima colazione, abbiamo scelto La Posada du sognos.
Un piccolo appartamento con cinque stanze a gestione familiare, dove per quanto riguarda l’igiene eravamo proprio al limite, ma questo era ricompensato dalla simpatia della famiglia, dalla prima colazione e soprattutto dal prezzo. Cinque euro al giorno ci sembravano un prezzo veramente buono, una ventata di leggerezza, quindi non ci siamo lamentati e poi quello che volevamo era stare il più possibile con gente del posto e quella posada era l’alloggio ideale. La prima considerazione che si fa inevitabilmente è il confronto con Rio de Janeiro.
A differenza di Rio, Salvador è una città più povera, e questo è dovuto soprattutto al declino delle produzioni di caffè, di zucchero e di tabacco di fine ‘800, che fino a quel momento l’hanno resa tra le città più ricche del sud America e certamente del Brasile.
Si percepisce chiaramente questa sensazione di città decadente, che sta cercando di ricostruire la propria forza economica, attraverso il turismo e l’industria petrolifera.
Si respira un’aria decisamente diversa, ma nonostante Salvador vanti la fama di città dei furti e delle aggressioni, soprattutto per i bersagli più facili come i turisti (l’impressione è che vi sia una maggior omogeneità degli abitanti, tutti o quasi sono più umili, poveri e frutto di un incrocio di razze) sembra che non ci sia quella violenza e quell’odio di classe che si sente a Rio, che è la cosa che più disturba e mette paura.
Qui si capisce bene cosa siano state le colonizzazioni portoghesi di questa terra meravigliosa e ciò che l’uomo occidentale è stato capace di fare. I primi schiavi neri arrivarono dalla Nuova Guinea nel 1538, alla fine del 1500 è stato stimato che Salvador era composta da 12000 bianchi, 8000 indios e 4000 schiavi neri.
Nel ‘600 e nel ‘700 il numero dei neri africani aumentò fino a raggiungere la metà della popolazione e le tradizioni africane si radicarono nel tessuto sociale a tal punto che Salvador venne chiamata l’Africa del Brasile.
La cucina e la musica africane arricchiscono le strade e le case di tutti, la capoeria, sviluppatasi tra gli schiavi, oggi è la danza simbolo di questi luoghi.
La musica in Brasile come in Africa ha un valore fondamentale nella quotidianità della vita, qui a Salvador si fondono le sonorità tipiche della samba con le percussioni e i tamburi africani, dando luogo a sonorità inedite come l’afoxè, il caribè, l’axè ed al più noto reggae, ma non cambia l’intensità con cui la si vive.
A Salvador ci sono le scuole di percussioni tra le più famose al mondo. durante il giorno, è facile sentire soprattutto nella città alta i percussionisti che si esercitano all’interno delle scuole e il risuonare dei loro tamburi nelle vie del centro, ma è la sera che succede qualche cosa di veramente magico. all’imbrunire tra le 7 e le 8, per un paio d’ore, non fino a notte fonda, in tutti i locali, nelle scuole di percussioni si suona, si balla e ci si incontra, basta semplicemente camminare per le strade per essere colti dall’euforia e avere la voglia di rimanere qui fino a carnevale.
Il martedì ed il sabato gli Olodum o i membri della loro scuola scendono nelle strade a suonare e a ballare la capoeira, è vero che qui il turista viene assalito dai borseggiatori, infatti tutti consigliano di non portare nessun oggetto di valore con se, ed è giusto fare così.
Io personalmente non mi sento nella posizione di condannare troppo questi atti, in fondo mi sembra quasi naturale che si stiano riprendendo ciò che gli abbiamo tolto e che gli continuiamo a togliere.
Tornando a noi il martedì ed il sabato si respira un po’ di carnevale, vi assicuro che è un’esperienza che si può fare solo qui.
Ho avuto la fortuna di conoscere in quei pochi giorni a Salvador delle persone che mi hanno aperto le porte del loro mondo.
La proprietaria della nostra posada, che oltre a quest’attività è anche il presidente dall’associazione afro-brasiliana di Salvador, (questo può dare l’idea dello spessore di certe persone), non ha potuto non parlarci del problema degli africani che vivono qui, dello sradicamento e del ritrovare una propria identità. molto lentamente solo le nuove generazioni stanno cominciando ad accettare la loro situazione, grazie anche alle nuove forme di comunicazione televisiva, telefonica e ad internet e grazie a queste associazioni che cercano di ricostruire la loro storia per aiutarli a collocarsi in un contesto ormai definito e stabile.
Il nostro vicino di casa Jo il pittore, 40-50 anni, che in una notte di festa tra una lezione di grammatica portoghese ed una birra è riuscito a farci visitare una favela e a farci capire il loro senso dell’onore, della giustizia e il grande senso dell’amicizia che nutre per il suo migliore amico, molto più giovane di lui, che sarebbe partito per sempre con una donna italiana.
E poi Carlos il giovane tatuatore appassionato di surf, il più occidentale che ci ha raccontato la sua voglia di viaggiare, di girare il mondo, di sognare un mondo di pace e ci ha dimostrato che volendolo si può vivere onestamente come sta facendo lui.
Pensando a Carlos mi viene in mente come lo abbiamo conosciuto: si è avvicinato a noi incuriosito dal fatto che eravamo gli unici bianchi sulla spiaggia, visto che di solito i turisti non frequentano le spiagge a nord di Salvador, ma lo spettacolo umano e naturale delle spiagge di Pituba, Armaçao, Itapoa è qualcosa di veramente unico.
Dal punto di vista paesaggistico le spiagge bianche con le palme e l’oceano fanno venire in mente scenari caraibici, ma quello che rimane dentro sono le persone, milioni di persone che si ritrovano in spiaggia, famiglie, uomini, donne, bambini a migliaia, per giocare, mangiare, ballare, fare due chiacchiere intorno alle Barache, piccoli chioschi a perdita d’occhio su queste immense spiagge.
Sono facilmente raggiungibili da Salvador, circa 45 minuti di autobus, e personalmente consiglio di prenderne uno, almeno una volta, della linea urbana semplice, non quella di lusso con l’aria condizionata utilizzata solo dai turisti, tenendo presente le accortezze di sempre.
Ne vale la pena, soprattutto nelle ore del primo pomeriggio dove è facile incontrare i ragazzi che escono dalle scuole, dove si capisce che non sono tanto diversi da noi, l’innocenza, la voglia di vivere dei ragazzi è un po’ la stessa che si incontra sui nostri tram a Roma, vale la pena viaggiare con loro.
Un’altra caratteristica fondamentale, cosa di primaria importanza, è mangiare ma soprattutto da quanto siamo riusciti a capire, cucinare è considerata una vera e propria arte, la mescolanza dei sapori, degli odori, nelle cucine dei ristoranti, nelle case, nelle strade e inevitabilmente sulle spiagge avvolge la mente e ti porta in altri continenti. la mocheca, il pesce, la frutta, la farina di manioca, le spezie usate con maestria, quasi la cucina abbia un valore esoterico, religioso, un’esaltazione dei sensi che vuole toccare l’intimità delle persone.
Per quanto paradossale possa sembrare nonostante una vita più umile, pericolosa, faticosa e contraddittoria, a Salvador si cerca sempre di non scordare la semplicità di certe cose come mangiare, ballare, fare l’amore. Sono un uomo occidentale e credo di non poter pensare ad un mondo senza lavoro, senza famiglia come noi l’intendiamo, senza la mia casa, penso sia una cosa giusta capire cosa ci siamo dimenticati e cosa il mondo sta dimenticando. Penso che in questo paese ci siano le premesse per ritrovare i sapori, i suoni, le persone per rinfrescare la nostra memoria intorpidita.