L’arrivo in Islanda
è scioccante:
la zona di Sejdisfjordur
è la parte dell’isola
con il clima peggiore;
i turisti arrivati
con la nave vengono
accolti da freddo,
pioggia e
spesso nebbia.
di Giuseppe Bacci,
fotografie di Tiziano Bacci
Abbiamo di nuovo fatto il giro dell’Islanda, con un altro gruppo di camper alla scoperta delle meraviglie di questa terra. La seconda volta che si visita un paese si apprezzano meglio i particolari, si capiscono meglio luoghi e persone.
La prima volta si resta colpiti dalle grandi cose che suscitano meraviglia, la seconda si comprendono meglio le cose nascoste.
Come spiegare a chi non è mai venuto in Islanda cosa attira i turisti in questo lembo estremo dell’Europa?
Non è facile, anche con filmati e foto è difficile rendere l’idea delle bellezze naturali islandesi.
Come per il Sahara, una foto non potrà mai rendere l’idea della vastità e della solitudine di questi posti.
L’arrivo in Islanda è scioccante: la zona di Sejdisfjordur è la parte dell’isola con il clima peggiore, quindi i turisti arrivati con la nave vengono accolti da freddo, pioggia e spesso nebbia.
All’interno dei camper ci chiediamo quale sarebbe l’esito del viaggio se il clima si dovesse mantenere così.
Ma il benzinaio ci consola dicendoci che è il primo giorno di brutto tempo dopo un’estate eccezionale con temperature che hanno raggiunto anche i ventinove gradi!
Quando scopre che sono di Roma mi racconta quando è venuto per l’anno santo, anche se lui è protestante, a vedere il Papa.
L’emozione maggiore è stata trovarsi in piazza San Pietro in mezzo a 300.000 persone, quando l’intera Islanda conta solo 270.000 abitanti…
Certamente gli islandesi non devono essere abituati alla folla! viaggiando lungo la strada notiamo le fattorie che sorgono in genere ai piedi delle montagne, tra verdi prati di foraggio, nei pressi di una cascata, distanti molti chilometri dai centri abitati e dalle altre fattorie.
Ci chiediamo che vita sociale possa fare la famiglia che vi vive, specialmente d’inverno quando vento e neve bloccano per giorni le strade.
Rispetto alla nostra vita cittadina, un giovane probabilmente dovrà scegliere la moglie o il marito tra un numero di possibili partner che non supera le dita di una mano… Non ci meraviglia che anticamente una volta l’anno, naturalmente in estate, tutti quelli che potevano raggiungevano la piana di Thingvellir per riunirsi. Queste riunioni erano l’occasione per molte attività: combinare matrimoni (se incontravi qualcuno che ti piaceva dovevi combinare subito o aspettare un anno), commerciare, amministrare la legge nei casi non risolti dal capo villaggio, prendere le decisioni nazionali in quello che è il più antico paese democratico d’Europa.
L’Islanda infatti, dopo essere stata all’inizio meta di missionari, divenuti eremiti quando hanno scoperto che l’isola era disabitata, divenne meta di vichinghi scappati dalla Norvegia per divergenze con il re.
Si organizzarono in clan familiari e non vollero avere un capo, si riunivano una volta l’anno per amministrare democraticamente la nazione.
Tale assemblea, l’Althing, funzionò dal 900 fino al 1200 per poi essere in pratica esautorata dai Norvegesi che posero l’Islanda sotto la loro influenza, ma che formalmente continuò ad operare fino all’indipendenza ed ai giorni nostri, pur trasformandosi nel parlamento di Reykjavik.
È difficile capire il carattere di questo popolo, che vanta antiche tradizioni tramandate oralmente di padre in figlio.
Si dice che di ogni fattoria si conosca il fondatore e tutte le persone che vi hanno vissuto e questo costituisca un patrimonio inestimabile per gli scienziati che studiano il patrimonio genetico, perché quello islandese è un popolo vissuto abbastanza isolato e perché è possibile ricostruirne quasi interamente l’albero genealogico.
L’impressione è che siano fieri della loro particolarità, che siano da un lato chiusi e testardi come i montanari, dall’altra gentili ed aperti allo straniero.
Sono molto legati alla terra, basti pensare che la proprietà di una fattoria comprende anche fiumi, laghi, strade, chiese ed ogni altra cosa sia al suo interno. Ci è capitato di essere cacciati da una strada statale da un fattore che non ha voluto lasciarci dormire dove la polizia ci aveva consigliato di sostare. La polizia stessa sembra spesso abbia poco potere, in villaggi dove sono tutti parenti, e dove alcune famiglie gestiscono nei fatti la vita civile.
L’approccio migliore è sempre quello di chiedere il permesso al proprietario del posto prima di fare qualsiasi cosa esuli dalla normale attività del turista.
Così chi va in fuoristrada deve stare attento a non mettere le sue ruote fuori dalle piste previste: d’altra parte il manto erboso o il muschio è talmente delicato che solo a camminarci si creano dei segni che rimangono a lungo.
Tutta la vegetazione sembra risentire di un clima sfavorevole: la vegetazione endemica è spesso il muschio, gli alberi sono praticamente inesistenti a parte le betulle nane che assomigliano più a cespugli che a veri e propri alberi.
Consultando però le tabelle climatiche si scopre che in inverno l’Islanda non è più fredda di molte nostre località di montagna, grazie alla corrente del golfo che scalda le sue coste, ma la vegetazione risente negativamente delle molte ore di buio durante il periodo invernale.
I prati che si vedono sono in genere campi coltivati per lo più adibiti a pascolo o a foraggio.
Alla fine dell’estate si vedono molte grasse pecore ed anche molti cavalli. Le pecore ci stupiscono per la loro abitudine di pascolare 3 alla volta, mentre il gran numero di cavalli, non molto grandi ma con la particolarità di avere 5 diversi passi invece dei soliti 4, servono non solo allo sport dell’equitazione, qui molto diffuso, ma anche all’esportazione in Danimarca e Germania.
Ancora un particolare sul popolo islandese e sulla sua natura.
Colpisce il viaggiatore sapere che tra i piatti della cucina islandese figurano alcune ricette particolari: squalo putrefatto, zuppa di occhi di pecora, testicoli di montone.
Abbiamo incluso nel nostro giro la visita alla fattoria che produce la maggior parte di squalo putrefatto islandese, dove è possibile assaggiare questa specialità.
Il sapore forte di ammoniaca è terribile e molti non riescono ad inghiottire neanche il piccolo assaggio.
Mi rimane la curiosità su come possa a qualcuno piacere un tale cibo, ma alla fine un islandese mi spiega la verità sullo squalo putrefatto.
Lo squalo è un animale primordiale molto efficiente e rimasto invariato attraverso le ere fino ai giorni nostri.
Esso non ha i reni e quindi non riesce a depurare il suo corpo dalle sostanze tossiche che vi si accumulano e quindi la sua carne è di fatto velenosa.
Ma nell’antichità la vita in Islanda era molto dura e comunque degli squali venivano trovati nelle reti da pesca, quindi per motivi di sopravvivenza gli antichi pescatori trovarono un processo che depurava in parte la carne di squalo dalle sostanze tossiche, mettendola due mesi a macerare in una cassa di legno e poi 4 mesi ad asciugare all’aria.
Di fatto tale carne veniva mangiata solo per necessità, ed anche oggi al palato degli islandesi lo squalo putrefatto non è certo buono e molti non ne mangiano affatto.
Ma durante i mesi di gennaio e febbraio, quando le giornate si accorciano e le famiglie si ritrovano nelle loro case, si festeggiano le origini, con una serie di tradizioni che comprendono anche il mangiare lo squalo putrefatto, rendendo in questo modo omaggio agli antichi vichinghi che per primi colonizzarono queste terre contro ogni avversità. Anche i giovani continuano questa tradizione, ma mi confessano che dopo ogni boccone mandano giù un bel sorso di liquore per ammazzare il gusto dello squalo. Mi accorgo che non ho ancora detto cosa può attirare in questi luoghi il turista.
Non le cittadine, molto piccole, subito vuote nelle ore serali; non la capitale Reykjavik grande cittadina senza particolari attrattive.
Solo Akureri ci fa trovare, l’ultimo sabato di agosto, festa per le strade con orchestrine, danze, fuochi di artificio e la strana performance di un’artista locale che danzando con un velo lungo 500 metri (!) ha attraversato la città per poi tuffarsi al porto nelle acque gelide del fiordo. sembra l’addio all’estate per prepararsi ad un lungo inverno. Quello che attira il turista in Islanda è invece la natura: una natura selvaggia, possente, impossibile da domare, dove gli uomini sono dei puntini che solo marginalmente riescono ad entrare nel paesaggio.
Quello che resta è l’immagine delle ampie vallate dominate da montagne scure, con la nostra colonna di camper ridotta a puntini bianchi disseminati lungo una linea d’asfalto che a malapena si distingue tra sabbie grigie e distese di muschio; dei grandi ghiacciai che incombono a due passi dal mare; del mare, dal colore mutevole, ma sempre torbido, tumultuoso, ricco di pesci, che si infrange contro alte scogliere popolate da miriadi di uccelli. E poi le cascate, grandi, piccole, maestose, sempre diverse e sempre stupefacenti.
Ed i vulcani con la loro forza nascosta che emerge con sbuffi di vapore, solfatare, crepacci, colate laviche e geysir. Osservando il paesaggio si ha spesso la sensazione di un paesaggio giovane, creato dalla natura da pochi secoli, ancora aspro e poco levigato dall’acqua e dal vento. Quel vento, a volte leggero, ma a volte così potente da non permettere di camminare o di aprire gli occhi per godersi un paesaggio. Ed il cielo, spesso con nuvole, talvolta limpido di un azzurro intenso, che regala spessissimo arcobaleni. Penso che in pochi posti al mondo sia possibile osservare tanti arcobaleni come in Islanda.
Da una parte le numerose cascate creano delle nuvole di vapore che facilmente generano degli arcobaleni, dall’altra il clima estremamente variabile che passa repentinamente dalla pioggia leggera al sole, che a causa della latitudine si tiene sempre molto basso, sono le condizioni ideali per far attraversare ai raggi solari gocce di pioggia con frequenti arcobaleni luminosi, anche doppi. E la notte, che alla fine di agosto dura un paio di ore, ci regala sempre, se il cielo è scoperto, delle splendide aurore boreali. Bisogna avere la costanza di aspettare che il lungo crepuscolo artico volga al termine, quando ormai il sole è un fievole bagliore all’orizzonte verso nord, per vedere le aurore boreali. Non seguono delle regole precise, ma ogni volta che abbiamo atteso con il cielo sereno siamo stati premiati. Il fenomeno è generato dal bombardamento di particelle emesse dal sole che vengono deviate dal campo magnetico terrestre e finiscono per ricadere sul lato oscuro della Terra seguendo le linee di flusso magnetico. All’inizio appare un lieve chiarore in una zona in genere prossima al nord, ci si chiede se è una nuvola o una propaggine della via lattea, ma ecco che aumenta, appare di colore verde, si estende. Le fasi più belle durano 20-30 secondi, con marcate striature verticali (lungo le linee di campo magnetico), spesso a forma di nastro con un margine netto verso il basso e striato verso l’alto, a volte al colore verde si aggiungono dei bordi rosa. Ma non vi sono regole: l’aurora appena accennata può regredire subito oppure aumentare per poi calare, o ricominciare improvvisa anche dopo una pausa di mezz’ora, può vedersi solo verso nord oppure occupare tutto il cielo sovrastandoci con la sua silenziosa maestosità.
Qualche nota per chi viaggia in camper
Le strade riflettono la natura selvaggia dell’isola: spesso la ring road che compie tutto il giro diviene sterrata per tratti di 10-20 km. In totale durante le due settimane passate in Islanda con i nostri camper abbiamo percorso quasi 300 km di sterrata, mentre per l’escursione all’Askia con mezzi locali abbiamo fatto altri 200 km di pista in un giorno. Ma le sterrate islandesi sono in genere ben mantenute, compatte e sufficientemente lisce da percorrerle a volte anche a velocità di 60-70 km/h. Solo per arrivare alla cascata di Dettifoss quest’anno abbiamo trovato la pista in cattive condizioni: un esteso ondulè rendeva assai fastidioso camminare a qualsiasi andatura. Non a caso quasi tutti gli islandesi girano con mezzi fuori strada, alcuni con grandi ruote per raggiungere posti fuori mano anche quando la neve è alta. Un’altra difficoltà che deve affrontare il camperista in Islanda è la presenza di campeggi assolutamente primitivi: in genere non vi sono recinzioni, non vi è reception (per pagare passa un addetto alla sera ed alla mattina), vi sono due bagni, un lavandino esterno, in alcuni casi nessuna doccia. L’acqua calda molte volte è assicurata da acquedotti collegati a sorgenti termali, magari solfuree. L’acqua fredda è invece sempre freddissima e buona da bere. Anche lo scarico delle acque nere e grigie è un problema: nessun pozzetto a terra per scaricare i WC nautici, per i WC chimici ci si adatta a servirsi dei normali servizi del campeggio.