UN GRANDE VIAGGIO verso il nord est EUROPEO
Non ricordo quando si è deciso di intraprendere questo viaggio, ma sul finire della primavera erano già definiti i lunghi percorsi stradali che avremmo intrapreso e i luoghi che avremmo visitato. Le mete fondamentali previste erano San Pietroburgo, Capo Nord, Isole Lofoten, Stoccolma, Berlino, ma un tour di circa 13.000 km ci avrebbe consentito di visitare molte altre località interessanti. Ottenuti i visti ed espletate le formalità di rito tramite l’Agenzia Visit Russia Go2East, che ci ha applicato tariffe molto convenienti, i vari equipaggi hanno iniziato la messa a punto dei campers per affrontare serenamente l’impegnativo viaggio.
di Claudio Baldani fotografie di Luciano Tancredi
Il 18 giugno
in noi prevale l’impazienza
di iniziare il viaggio;
così decidiamo
di partire qualche
giorno prima
del gruppo
per incontrarci
con Luciano ed Alina presso Palmanova,
visto che anche
loro avevano
anticipato
la partenza.
Arrivati
nel primo
pomeriggio,
abbiamo visitato l’interessante cittadina
e dopo una
cenetta a base di birra
e ottima pizza,
siamo rientrati
ai campers sistemati
per la notte nel Punto Sosta comunale.
19 – giugno. La tappa successiva è Tarvisio che raggiungiamo con una bellissima strada secondaria proposta dal Garmin. Acquistate le vignette attraversiamo velocemente l’Austria, passando per Graz e, ormai in Slovacchia, raggiungiamo Bratislava dove ci sistemiamo comodamente lungo il maestoso corso del Danubio.
Aldilà del fiume, il centro storico della città. Si cena nei campers in uno scenario molto romantico, con vista sull’imponente scorrere del fiume, solcato da lunghissime chiatte che risalgono la corrente spinte da potenti rimorchiatori.
Dopo cena decidiamo
di percorrere il ponte
che ci immette direttamente nella vita notturna della città.
Ci fermiamo in un locale all’aperto dove una piccola band esegue musica dal sapore prettamente sovietico, ballata da ragazzi con movenze che ci fanno un po’ sorridere.
Delle ottime birre ci faranno compagnia fino alla chiusura del locale.
20 giugno.
Oggi lasceremo la Slovacchia
e passando per Trencin entreremo in Polonia cercando di non attraversare la
Repubblica Ceca
per non dover
pagare la vignette.
In realtà, seguendo il navigatore, percorriamo brevi tratti d’autostrada in territorio ceco, ma siamo ormai entrati nella Slesia, in Polonia, dove ci fermeremo per la notte in un’area di sosta per camion e pullman, molto pulita e fornita di acqua e scarico, in prossimità di Katowice.
21 giugno.
Al risveglio, decidiamo
di raggiungere Cracovia dove andremo a visitare il complesso della Divina Misericordia
che comprende il convento di Santa Faustina Kowalska (per quanti non la conoscessero varrebbe la pena di informarsi) ed il Santuario della Divina Misericordia.
Arrivati in città, abbiamo incontrato un traffico terribile che ci ha fatto perdere più di un’ora e con qualche difficoltà abbiamo potuto raggiungere il parcheggio del Santuario che è uno dei luoghi di pellegrinaggio tra i più importanti al mondo, considerato il numero di pellegrini che lo visitano. Giovanni Paolo II è stato tre volte a farne visita e Benedetto XVI una volta nel 2006.
Questo luogo è legato al culto di Santa Faustina Kowalska che nel convento della Congregazione delle Suore della Beata Vergine Maria della Misericordia, ha vissuto gli anni più importanti per la sua vita spirituale e per le rivelazioni mistiche, e dove riposano le sue spoglie mortali.
Il Santuario conserva il quadro originale di Gesù Misericordioso, immagine famosa in tutto il mondo.
Dopo la visita desideriamo
raggiungere Varsavia,
ma dopo aver percorso oltre cento chilometri di autostrada troviamo un’interruzione che non ci consente di proseguire.
I navigatori non ci aiutano, così perdiamo altro tempo. Si è fatto tardi, allora per la tappa serale, su proposta di Luciano, puntiamo su Czestochowa dove, visto che ci siamo, andremo a visitare il Santuario della Madonna Nera.
Ci sistemiamo nel grande parcheggio (5 €) gremito di auto e pullman e, a serata inoltrata, entriamo nella affollatissima cappella.
Dopo un lungo silenzio, all’unisono, i fedeli iniziano a pregare con singolare intensità devozionale e rispettosa compostezza, rivolti alla sacra immagine della Madonna Nera con il Bambino. La leggenda vuole che sia stata dipinta da San Luca, il quale essendo contemporaneo della Madonna ne avrebbe riprodotto le vere sembianze.
È stato commovente assistere a questa cerimonia pervasa da una forte spiritualità che è raro trovare in altri luoghi. Tornati ai campers, per concludere degnamente la serata, Mary ha preparato degli spaghetti strepitosi con aglio, olio, peperoncino e tonno.
22 giugno.
Di buon mattino torniamo nel santuario
per un’ultima visita, prima di lasciare la cittadella-santuario
di Jasna Gora, (in italiano “monte bianco”) che deve il suo nome alla preesistenza nell’area di un impianto per la produzione del bicarbonato “Solvey” che ha lasciato sul terreno una grande quantità di materiale bianco.
Dirigiamo, finalmente, in direzione di Varsavia percorrendo la comoda autostrada, così per l’ora di pranzo ci sistemiamo nel costoso parcheggio presente nel parco sotto il Castello Reale.
Appena il sole accenna
a tramontare ci muoviamo per
visitare il Castello
ed il centro storico della città che è stato completamente ricostruito negli anni ’50 con il contributo di molti paesi tra cui l’Italia.
Appare ordinato e curato, con grandi piazze piene di locali e bancarelle di tutti i generi. Imperdibile la visita della chiesa di Sant’Anna, sulla Strada Reale, la più riccamente decorata della capitale e irrinunciabile la salita sulla sommità del campanile da cui si ammira una vista totale di Varsavia. Passando tra i resti del vecchio castello continuiamo a percorrere le vivaci vie del centro, gremite di passanti.
Rientrando, constatiamo che nel parco dove abbiamo i campers hanno allestito degli stands ed un grande palco per una festa che attira migliaia di persone. La polizia ha chiuso ogni via d’accesso, così il previsto incontro con il gruppo di CamperGo questa sera non sarà possibile. Tonino, il capogruppo, ci comunica che loro si sistemeranno fuori Varsavia, così da poterci ricongiungere l’indomani.
23 giugno.
Alle 8,30 lasciamo il parcheggio con la città ancora addormentata; il traffico è da domenica mattina…
ci immettiamo sulla strada in direzione Byalystok – Augustov; oggi dovremo percorrere solo 460 km.
Lungo una strada che taglia un fitto e interminabile bosco, con la radio di bordo captiamo una conversazione tra Tonino e gli equipaggi al seguito.
Grazie alle comunicazioni intercorse poco dopo siamo tutti incolonnati per riprendere la strada verso la frontiera con la Lituania, che attraverseremo senza particolari formalità.
Lungo il tragitto constatiamo che la percorribilità delle strade è buona, salvo alcuni tratti dove sono presenti numerosi cantieri per il rifacimento del manto stradale; qui il gasolio ha lo stesso prezzo che in Polonia, 1.20 €/l.
Arriviamo a Trakay, località turistica, affollata e circondata delle acque del lago Galve; ci sistemiamo a fatica in due piccole aree sterrate a pagamento, dove possiamo allacciarci alla corrente, se non altro per risparmiare le bombole del gas necessario per il frigo.
Poco dopo andiamo a visitare il castello del XIV sec costruito per esigenze strategiche del Granducato di Lituania. Si trova su di un piccolo isolotto raggiungibile con un ponticello; in realtà quello che possiamo ammirare è bel lontano dalle architetture originali poiché è andato in rovina ed è stato rimaneggiato più volte.
24 giugno.
Questa mattina lasceremo la Lituania, attraverseremo la Lettonia e raggiungeremo la frontiera con la Russia.
L’uscita dalla frontiera lituana e l’ingresso in quella lettone avvengono senza particolari formalità. In poche ore di strada arriviamo alla frontiera russa.
E qui si ferma tutto.
Ore trascorse stando fermi senza che accada nulla. Nell’attesa una giovane agente di dogana passando vicino ai camper in sosta, mi ha ingiunto, con modi bruschi, di spengere il sigaro che mi ero appena acceso.
Ok! Meglio non discutere…
Finalmente inizia la verifica dei documenti personali aiutati dalla infaticabile Alina che parla il russo.
Questa procedura si conclude in tempi relativamente veloci considerato che il nostro gruppo è composto da ben 17 equipaggi.
Più complessa è stata la procedura che riguarda i campers, poiché oltre al controllo dei documenti abbiamo dovuto compilare degli incomprensibili moduli scritti in cirillico.
Poi è iniziata l’ispezione dei veicoli che ha comportato un tempo lunghissimo, visto che per ognuno, in due o tre agenti, hanno chiesto l’apertura del vano motore e di tutti i gavoni esterni, mentre all’interno hanno ispezionato il bagno, il frigo, i gavoni e i letti facendo foto di ogni vano.
Dopo ben 6 ore di attese e di controlli si conclude questa incomprensibile procedura. Appena fuori, per la sosta notturna, ci fermiamo esausti in un parcheggio nei pressi della frontiera stessa. Siamo entrati in Russia! Ora ci troviamo a circa 2.900 km da Roma.
25 giugno. Oggi, rinfrancati da una buona dormita, puntiamo verso Peterhof, località 50 km ad Ovest di San Pietroburgo, e giunti nei pressi della città, attraversando un traffico abbastanza caotico, troviamo sistemazione nel parcheggio di un centro commerciale, dove tra vari prodotti alimentari, per rifornire le cambuse acquistiamo quelli che ci sembrano più vicini ai nostri gusti.
Non perdiamo l’occasione per dotare i nostri cellulari delle SIM russe al costo corrispondente a € 3,50. Approfittando della comodità del vasto parcheggio improvvisiamo una festicciola tra i camper, con dolci, torte varie e qualche liquore.
Alberto, il nostro menestrello, ci intrattiene con la chitarra suonando le più belle canzoni italiane. Nel frattempo si è fatto tardi ed il parcheggio si è svuotato, così decidiamo di fermarci qui per il pernotto; ma quando ormai quasi tutti dormivamo il guardiano del posto, bussando alle pareti di alcuni camper ha intimato di andar via. Fortunatamente Tonino, il nostro capo gruppo, accompagnato dalla preziosissima Alina ha convinto il responsabile del centro commerciale di lasciarci restare fino all’indomani mattina.
26 giugno. La mattinata si presenta soleggiata così andiamo a visitare il parco della villa Peterhof, dove lo zar Pietro il Grande, nei primi del 1700, si è fatto costruire una magnifica reggia che affaccia sul Golfo di Finlandia.
Il complesso si compone di numerosi palazzi e fontane, ma l’attrazione più visitata dai turisti di tutto il mondo è senz’altro la spettacolare fontana con giochi d’acqua, sormontata da numerose statue dorate, che degrada dalla reggia fino al livello del mare. Sulle note di famose composizioni sinfoniche, s’innalzano scenografici getti d’acqua che mandano in visibilio il pubblico pagante. Merita assolutamente la visita.
Dopo aver ammirato tanta bellezza,
ci dirigiamo verso San Pietroburgo, una delle mete più importanti del nostro viaggio, è infatti la seconda città della Russia per dimensioni e numero di abitanti (circa 5 milioni) oltre ad avere il porto più grande del Paese.
L’avvicinamento alla città è interessante anche nello skyline: in lontananza si vedono la torre futuristica del Lakhta Center che sembra un enorme missile, le centrali nucleari ma anche la strada a tre corsie che stiamo percorrendo è molto bella;
ad un certo punto si inabissa in un tunnel scavato sotto la sotto la baia e fa impressione vedere le grandi navi che passano sopra di noi.
Entrati in città tra il solito traffico veloce raggiungiamo un’area di sosta che in realtà è un parcheggio privato tra i palazzi e diverse officine meccaniche. Non è gran cosa ma comodissimo perché abbastanza centrale.
Per me si rivela addirittura provvidenziale poiché, ormai prossimi alla meta, dalla ruota anteriore destra inizia a provenire un forte e stridente rumore metallico che mi preoccupa non poco.
Appena parcheggiato ho chiesto l’intervento di un meccanico che smontando la ruota ha trovato la causa del fastidiosissimo rumore: un pezzetto metallico si era incastrato tra il disco e una pastiglia del freno.
L’intervento mi è costato 150 rub pari a poco più di 2 € … Anche Tommaso approfitta della situazione perché avendo un problema agli pneumatici si farà montare quattro gomme nuove, tra l’altro a prezzi vantaggiosi.
Dopo cena, usciamo per una passeggiata che ci condurrà fino alla Neva, il grande fiume che nasce dal lago Ladoga e che attraversa la città per sfociare con il suo delta nella Baia di Finlandia.
È lungo solo 74 km ma ha una grande portata che lo classifica come terzo fiume europeo, dopo il Volga e il Danubio, poiché il suo letto è molto largo e in alcuni tratti profondo anche 20 metri.
D’inverno è completamente ghiacciato
e gli abitanti lo
possono attraversare a piedi, anzi durante l’Epifania ortodossa
(18-19 febbraio)
per tradizione,
alcune persone
scavato un foro
nel ghiaccio
si immergono per tre volte nelle gelide acque per ricordare il battesimo del Signore.
27 giugno. Anche oggi il gestore del parcheggio, con delle auto private, ci organizza lo spostamento che ci permette di raggiungere comodamente il centro città.
Abbiamo prenotato una visita guidata per ammirare i più significativi edifici di quella che per oltre due secoli è stata la capitale imperiale della Russia. Apprezzando la ricchezza e la vivacità di questa città, appaiono molto lontani i momenti drammatici vissuti durante la Seconda Guerra Mondiale, quando l’allora Leningrado nel 1941, fu assediata dall’esercito tedesco per lunghissimi 29 mesi, riuscendo a resistere solo grazie ad uno stretto passaggio che sulla riva meridionale del Lago Ladoga ha permesso il rifornimento dei viveri.
Hitler era fermamente deciso a cancellare la città dalle carte geografiche e fortunatamente non è riuscito nell’intento! Grazie allo scampato pericolo questa mattina ci ritroviamo nell’enorme Piazza del Palazzo, proprio difronte al Palazzo d’inverno, sotto la colonna di Alessandro I.
Nel tour ci soffermiamo in particolare ad ammirare il grande palazzo dell’Ammiragliato e la maestosa Cattedrale. Continuando a girovagare per la città si è fatta l’ora di pranzo, così ci accomodiamo in un ristorantino che ci ispira, per mangiare e riposarci. Abbiamo poco tempo poiché alle ore 14,30 inizia la visita guidata dell’Hermitage.
Grazie alla prenotazione, tutto il gruppo, sebbene numeroso, riesce ad entrare superando la lunga fila degli altri visitatori. Appena entrati, ci colpisce lo sfarzo delle architetture e la raffinatezza dei decori che arricchiscono i vari saloni, ma ancora più emozionante la vista di così tanti capolavori della pittura, molti dei quali italiani.
Dopo tre ore di visita usciamo stanchi, avendo visto solo una parte i tesori esposti. Siamo storditi da tanta bellezza e pensiamo che la visita della città non possa prescindere dalla conoscenza di questo splendido museo. La serata si conclude come di consueto con un dopo cena in allegria attorno ai campers.
Oggi, 28 giugno, vogliamo continuare a visitare San Pietroburgo, c’è ancora molto da vedere.
Così con il solito servizio di auto private raggiungiamo il centro, dove decidiamo di servirci di un open bus per fare un ampio giro panoramico della città.
Essendo un gruppo numeroso contrattiamo sul prezzo, così paghiamo 1500 invece di 2000 rub a persona (circa 17€).
Ascoltiamo l’audioguida per un intero tour, poi lo ripetiamo scendendo alle fermate previste per visitare i luoghi più significativi che a San Pietroburgo non sono pochi.
Tra questi ci ha colpito la chiesa del Sangue Versato,
voluta da Alessandro III per commemorare l’uccisione del padre avvenuta in quel luogo. La chiesa è fantastica sia nelle linee esterne che all’interno. Ovunque turisti di ogni parte del mondo e bancarelle colme di matriosche e altri souvenirs.
Nel tardo pomeriggio decidiamo di rientrare ai campers a piedi e strada facendo ci soffermiamo nuovamente ad ammirare la nave Aurora.
È bellissima e piena
di fascino per la sua
lunga storia; è stata varata nel lontano 1900 proprio qui a San Pietroburgo,
nel 1904 prese parte alla guerra russo giapponese; nel 1911 venne inviata a Messina per commemorare l’intervento effettuato da alcune navi dalla flotta baltica, accorse in aiuto alla popolazione di Messina e Reggio Calabria colpite dal disastroso terremoto del 1908.
Si sostiene che da questa nave è stato sparato il colpo di cannone che nell’ottobre del 1917, durante la Rivoluzione Russa, diede il segnale per l’assalto al Palazzo d’Inverno.
Durante la Seconda Guerra Mondiale fu affondata mentre era impiegata nella difesa antiaerea di Leningrado (San Pietroburgo), fu recuperata, restaurata e dopo la guerra, fu adibita a nave scuola. Dal 16 luglio 2016 è ormeggiata sulla Neva e costituisce un’attrattiva turistica della città.
Ma c’è un’altra unità navale che alcuni di noi vanno a visitare:
si tratta della nave rompighiaccio Krassin che nel 1928 salvò
i sopravvissuti del
dirigibile Italia.
Nella sfortunata spedizione al Polo Nord voluta dal Gen. Umberto Nobile,
il 24 maggio 1928 l’aeronave con a bordo
16 uomini d’equipaggio, tutti italiani, raggiunse l’obiettivo ma per le gravissime condizioni meteo urtò sulla banchisa polare sbalzando fuori dalla navicella di comando 10 membri dell’equipaggio, compresa Titina, l’inseparabile cagnetta del generale. Gli altri 6 uomini dell’equipaggio rimasero intrappolati nel dirigibile che fu trascinato via fino a scomparire nella tempesta.
Per soccorrere i sopravvissuti, si attivarono le ricerche di tutti i paesi scandinavi e non solo; l’URSS inviò la nave rompighiaccio Krassin, che il 12 luglio 1928, dopo nove settimane dall’incidente, recuperò i superstiti della “Tenda Rossa”. Il Gen. Umberto Nobile era stato già tratto in salvo il 23 giugno con un piccolo aereo Fokker CVD31 pilotato dal tenente svedese Lundborg.
Ripresa la strada, e ormai prossimi al rientro, in un negozietto acquistiamo della vodka e delle cibarie che gusteremo nel corso della cenetta a base di carne di maiale e pollo arrosto, organizzata in un locale del parcheggio in cui ci troviamo. Come di consueto in questi momenti conviviali saltano fuori bottiglie di squisiti liquori fatti in casa, con ricette più o meno segrete.
Un po’ allegrotti, dietro insistenze di Mariella, decidiamo di proseguire la serata ritornando sulla Neva a vedere lo spettacolo dei ponti che si alzano. C’è una gran folla assiepata tutto intorno e una miriade di battelli illuminati colmi di turisti. A suon di musica, diffusa dagli altoparlanti, si alzano le campate del ponte a sottolineare l’evento che di per sé non risulta di particolare interesse.
Rientriamo alle prime ore del mattino, stanchi ma entusiasti per questa intensa giornata. Domani lasceremo la bella San Pietroburgo, ma a questo punto è necessario precisare dove andremo d’ora in poi…
Il viaggio a cui hanno preso parte 35 persone provenienti dalle province di Torino, Como, Treviso, Ascoli Piceno, Roma, Lecce, Bari e Palermo è stato organizzato dal veterano dei grandi viaggi Tonino Bianchin, presidente dell’associazione Camper Go di Roma, coadiuvato da Tommaso Navarra organizzatore attento e preciso che si è occupato di pianificare l’itinerario.
Andremo a Capo Nord per godere delle emozioni che procura il sole di mezzanotte, ma percorreremo un itinerario non scontato, fuori dai classici circuiti turistici, in poche parole andremo ad esplorare una repubblica particolare della Federazione Russa: la Carelia.
Attraverseremo un territorio di grande fascino, dove sono presenti foreste interminabili di betulle e tantissimi laghi. Il percorso attraverserà estese regioni dove la natura predomina marcatamente sulle attività dell’uomo. La strada punterà sempre a Nord, fino a superare il Circolo Polare Artico. Poi entrati in Norvegia toccheremo il mitico e simbolico estremo nord del continente europeo.
La Carelia,
confinante con
la Finlandia a ovest
e bagnata dal
Mar Bianco a nord-est,
è costellata da circa cinquantamila laghi,
alcuni i più grandi d’Europa, altri piccolissimi, formatisi quando
circa 10.000 anni fa
c’è stato il ritiro
del grande ghiacciaio
nordico che s’era
espanso dalla Norvegia durante l’ultima glaciazione.
Superata l’era glaciale, iniziò l’insediamento dei primi abitatori, antenati dei Sami.
29 giugno.
Alle 10,00 siamo pronti per iniziare questa
nuova avventura,
la meta odierna è Petrozavodsk.
Lasciata la fascinosa
San Pietroburgo, imbocchiamo la strada
che corre dritta tagliando foreste infinite
di abeti e betulle.
Ogni tanto,
in corrispondenza
di qualche interruzione della fitta cortina verde, vediamo laghi, laghetti
e acqua ovunque
si posi l’occhio.
Il paesaggio non
cambia mai e
la strada scorrerebbe monotona se non incontrassimo dei
grossi camion
troppo lenti che dobbiamo superare con prudenza, o al contrario prestare molta attenzione a quelli che ci sfiorano per superarci.
Per concederci una
pausa durante il tragitto, approfittiamo di un ampio slargo sulla strada dove intravediamo un chiosco che vende pesci di lago,
affumicati o essiccati; incuriositi, non perdiamo l’occasione per acquistarne, anche se non ispirano molta fiducia; giudicheremo quando li metteremo sulle nostre tavole.
La sosta
per il pranzo
è programmata a
Staraya Ladoga,
cittadina di
un qualche interesse
perché possiede testimonianze archeologiche
sulla presenza
di vichinghi svedesi
in territorio russo.
Si tratta di
un piccolo villaggio
di appena duemila anime prossimo alla riva meridionale del lago Ladoga, adagiata lungo il fiume Volkov.
Qui troviamo parcheggio per i nostri mezzi e sfruttando il tempo a disposizione andiamo a visitare una singolare costruzione che si compone di tre torrioni collegati tra loro da un lungo camminamento coperto; dovrebbe essere stata una fortificazione.
Arrivati a Petrozavodsk troviamo la
grande piazza centrale, Proscead Lenina,
non disponibile per
il parcheggio, così decidiamo di spostarci
in un camping situato
sul lago Onega.
Percorrendo strade trafficate e con automobilisti dallo stile
di guida piuttosto rude, cerchiamo di restare incolonnati ma in queste condizioni non è facile.
Arriviamo quasi tutti, manca Mimmo, il suo Hymer ha la pompa della frizione in avaria e si
è bloccato lungo la strada.
Il grande Tonino torna indietro e magistralmente recupera il mezzo guidandolo senza frizione fino al camping.
L’inconveniente è grave e potrebbe compromettere la serena prosecuzione del viaggio, ma ci tranquillizziamo perché il proprietario del campeggio è socio di un’officina meccanica molto attrezzata e nonostante sia sabato pomeriggio provvederà alla riparazione.
Così rassicurati, ci godiamo dal molo un bellissimo tramonto sul lago Onega.
30 giugno. Ci troviamo in quella che è la capitale della Repubblica di Carelia fondata da Pietro il Grande nel 1703 attorno alle fabbriche installate per realizzare le armi necessarie per la guerra che voleva intraprendere contro la Svezia; settant’anni più tardi queste fabbriche lasciarono il posto alle Ferriere Aleksandrovskiy, ancora esistenti. È sabato, così approfittiamo della sosta per fare una passeggiata in città.
Notiamo che sebbene possa vantare alcuni edifici pubblici in stile neoclassico, Petrozavodsk non ci attrae particolarmente, quindi ritorniamo sui nostri passi percorrendo prospekt Marksa che costeggia lo stretto corso del fiume Lososinka, verso quello che ci è sembrato il posto più piacevole della città: la promenade sul lungolago.
Il percorso pedonale attraversa un parco punteggiato da sculture e strutture ricreative dove in estate gli abitanti del luogo amano rilassarsi godendo del bel paesaggio della baia.
Al rientro notiamo qualche piccolo supermarket aperto ed entriamo più per curiosare che per fare acquisti. In realtà, salvo eccezioni, preferiamo servirci delle nostre cucine di bordo per preparare i pasti.
A tal proposito, visto che oggi a Roma si festeggia solennemente la festa dei SS. Pietro e Paolo, tre nostri compagni di viaggio, Pietro e Piera dalla Sicilia e Piera dal Piemonte, organizzano una festicciola nel grande gazebo. Come sempre dai camper arriva una quantità esagerata di antipasti, contorni e ogni genere di bevande per accompagnare la torta dei festeggiati.
1 Luglio.
È lunedì mattina
e continua ad esserci
bel tempo, ci raggruppiamo in prossimità
del porticciolo per
prendere l’aliscafo che
ci porterà all’isola di Kizhi.
È una delle 5.000 isole createsi in epoca preistorica sul
lago Onega, molte
di queste sono minuscole, alcuni metri quadrati,
altre sono lunghe
più di 30 chilometri.
L’isola di Kizhi lunga 7 km e larga mezzo km,
è stata dichiarata patrimonio dell’umanità dall’Unesco,
per le particolari
strutture architettoniche facenti parte di un antico
insediamento del sedicesimo secolo, tutte realizzate in legno.
L’antico mulino a vento, le varie abitazioni con gli strumenti di lavoro e di vita quotidiana, insieme alle altre costruzioni, nel loro insieme sembrano appartenere ad un mondo irreale. Ma il gioiello architettonico dell’isola è la Chiesa della Trasfigurazione (1714) con le sue 22 cupole e l’iconostasi in stile barocco.
La caratteristica più stupefacente di queste strutture è l’architettura, realizzata in perfetta armonia con il paesaggio circostante, però quanto si racconta sul fatto che vennero costruite senza usare chiodi, ma solo incastri e connessioni tra i vari elementi lignei, è più leggenda che realtà.
Passeggiando per i placidi sentieri che attraversano l’isola si vive un’atmosfera surreale, certamente inimmaginabile se non ci fossimo stati. La traversata e l’accesso all’isola sono costati 50€, non poco in rapporto ai prezzi locali, ma ne è valsa la pena.
Rientriamo attraversando il lago agitato da un forte vento; il vecchio aliscafo avanza veloce sbattendo sulle onde. Quando torniamo al camping il vento è calato e la temperatura si è alzata a 15° C, si sta benissimo anche all’aperto.
Ceneremo anche questa sera tutti insieme, nel gazebo. Sergio, da bravo romanaccio, ha proposto dei bucatini all’amatriciana per tutti, è una sua specialità.
Dima l’omone, proprietario del campeggio, ci vuole omaggiare di un antipastino e, orgoglioso, ci porta delle tartine servite su di un gran vassoio. Sopra c’è spalmato qualcosa che non si capisce bene cosa sia ma, incuriositi, ne prendiamo tutti un po’.
Alle nostre domande risponde in russo, così rivolgendoci ad Alina veniamo a sapere che abbiamo mangiando una pietanza preparata con carne d’orso!!!
Un po’ inorriditi, chiediamo informazioni e veniamo a sapere che in quella regione la caccia al plantigrado è pratica comune. Addirittura ci mostra delle foto scattate con il telefonino di cacciatori sbranati dagli orsi durante le battute di caccia.
Per riprenderci dalla shoccante rivelazione ci dedichiamo prosaicamente alla degustazione dell’italico piatto di bucatini all’amatriciana che ha meritato a Sergio un unanime applauso e ci ha permesso, insieme a qualche bicchiere di buon vino, di recuperare l’atmosfera festosa della serata. Si prosegue con Tommaso che al microfono intona il suo repertorio e Alberto, sempre più bravo, che lo accompagna con la chitarra.
In tarda serata ci comunicano che il camper di Mimmo, con velocità sbalorditiva, è stato riparato. I meccanici hanno smontato la frizione, il cambio, i semiassi e sostituito l’intero gruppo frizione, rimontando il tutto con un costo complessivo di 631 €! Andiamo a dormire quando il sole, che in questo periodo dell’anno qui tramonta tardissimo rispetto alle nostre latitudini, è ormai sparito all’orizzonte. (Per la cronaca il sole sorge alle 3,00 del mattino e tramonta alle 22,30 circa).
2 luglio.
E ‘ora di lasciare Petrozavodsk e, forse
per il traffico di quanti
si recano al lavoro, facciamo un po’ fatica ad uscire dalla città.
Oggi andremo a visitare
le così dette cascate
piatte di Kivach.
Belle ma tutt’altro
che spettacolari; nel biglietto d’ingresso è compresa la visita dell’annesso piccolo museo con alcuni animali impagliati.
Proseguendo verso Nord, percorriamo una strada sempre uguale e praticamente senza curve fino ad incontrare un cartello che indica una deviazione che porta all’interno del bosco.
Andiamo a visitare
quello che è stata
una enorme fossa
comune dove per anni sono stati gettati, senza alcun riguardo,
i corpi di circa 100.000 deportati dei Gulag,
per realizzare
il lungo canale che
doveva collegare il Mar Baltico con il Mar Bianco:
il Belomorkanal.
Il Canale Stalin, da tutti chiamato Belomorkanal (Canale del Mar Bianco), da San Pietroburgo avrebbe tagliato per 227 chilometri la terra verso nord, correndo lungo la Neva e lo Svir, per poi gettarsi nei laghi Ladoga e Onega.
Lungo il percorso 19 chiuse avrebbero superato il dislivello di 70 metri che c’era da colmare. Si stima che ben 150.000 prigionieri dei Gulag siano stati addetti alla realizzazione dell’ambizioso progetto, privi di equipaggiamento e di adeguati strumenti di lavoro, tenuti quasi alla fame, tra il 1941 e il 1943, riuscirono a portare a termine l’impresa, ma questo costò la vita a circa 100.000 di loro.
Ovviamente, il regime ha visto nel Belomorkanal una straordinaria occasione di propaganda, al punto da dare il nome ad una famigerata marca di sigarette ancora in produzione, le Belomorkanal.
Comunque per quella terribile visione di croci dappertutto, fiori, foto ritratto di giovani ragazzi inchiodate sugli alberi, ovunque si posi lo sguardo nella foresta, si resta sbigottiti pensando a quale cinica e disumana ideologia sono state sacrificate tante vite.
Poco più tardi siamo di nuovo in marcia e ci dirigiamo verso la chiesa di San Nicola a Medvezhiegorsk, realizzata in legno e cemento che pare avesse in passato la funzione di torre d’avvistamento.
Ci sistemiamo nel grande parcheggio antistante la chiesa e approfittiamo della disponibilità del sacerdote per rifornire i serbatoi d’acqua potabile. Noi dopo aver visitato la chiesa acquistiamo alcune “pseudo icone”, economiche, ma molto belle!
Il luogo si trova presso l’ultima chiusa sul Belomorkanal; oltre c’è il Mar Bianco.
3 luglio. Iniziamo a sentire
un certo disagio per questi tramonti infinitamente lunghi;
non si fa mai notte,
tanto che qualcuno
ha voluto migliorare l’oscuramento del camper inserendo dei cartoncini supplementari tra i finestrini e
gli oscuranti.
Continuando a seguire il programma messo a punto dall’instancabile Tommaso, oggi andremo a visitare i Petroglifi di Belorormorsk.
Si tratta di un luogo dove si sono concentrati dei macigni spinti dall’avanzare dei ghiacciai durante le glaciazioni (massi erratici) e incisi dagli antichi abitanti a raffigurare scene di caccia e di pesca.
Queste incisioni, ai nostri occhi, sono sembrate fin troppo evidenti, dandoci l’impressione di essere state rimaneggiate di recente; ce ne siamo andati poco entusiasti.
La tappa successiva è Rabokestrovk,
punto d’imbarco per l’arcipelago delle isole Solovetsky; storicamente sono molto interessanti poiché sull’isola principale
nel 1923 fu creato il primo gulag sovietico.
È stato uno dei più duri, tant’è che qui ci hanno lasciato la vita circa un milione di persone.
Quest’isola, inquietante per la drammatica storia, è al tempo stesso affascinante per il paesaggio incontaminato.
Ma arrivati al molo
non ci fanno entrare
nel parcheggio perché riservato a quanti hanno
il biglietto per il traghetto.
Cerchiamo di acquistarli anche noi ma regna tanta confusione e con i 17 campers in mezzo alla strada siamo in difficoltà.
Seppure con rammarico dobbiamo desistere, anche perché si è fatto tardi e dobbiamo trovare una sistemazione per la notte.
La troviamo presso un albergo, così ne approfittiamo per sederci al ristorante che per una cenetta completa, niente male, ci è costata l’equivalente di 16 € a coppia.
4 luglio.
Siamo in viaggio
per raggiungere Kandalaksa, lungo la strada incontriamo la grande stele che
segna il passaggio
del parallelo del Circolo Polare Artico localizzato dalle coordinate N 66° 33’ 18” E 32° 45’ 10”.
Al lato della strada alcuni automobilisti e motociclisti fermi per scattare
la classica foto ricordo;
anche noi non siamo da meno e ne scattiamo in abbondanza.
Proseguendo
arriviamo in città,
anche questa
è squallida,
piena di impianti
industriali
che peggiorano ulteriormente
lo scenario urbano.
Noi però dirigiamo verso un parcheggio sterrato, fuori città, da cui scende un sentiero ripido e dissestato che porta ai Labirinti di Pietra, in prossimità della riva del Mar Bianco.
Non sappiamo quanta strada dovremo fare,
ma a nostre spese abbiamo verificato
che avremo percorso
più di due chilometri attraversando il bosco che scende fino al mare.
Finalmente arriviamo
al labirinto che formato
da semplici ciottoli posati
a terra, ci delude alquanto poiché non ha niente di particolare, neppure una datazione attendibile.
Visto che siamo giunti fin qui non ci lasciamo sfuggire la vista del bel paesaggio marino che all’orizzonte è solcato dal pigro scorrere di alcune navi mercantili illuminate dalla bella luce del tramonto.
Il vento ci porta l’urlo lontano di qualche sirena mentre, prima che faccia troppo buio, rientriamo ai campers.
Ci sistemiamo per la notte nell’isolato parcheggio tra gli alberi, mentre alcuni nostri amici, preferendo cenare in un ristorante, pernotteranno in un vicino camping.
5 luglio.
Andiamo in città
per fare rifornimenti
al supermercato.
Tra le altre cose acquistiamo ancora una volta le uova di pesce, molto buone anche se non sono di caviale.
Purtroppo, per noi le etichette dei vari prodotti sono indecifrabili e siamo obbligati, quando è possibile, ad interpretare l’aspetto del contenuto.
Non riusciamo a trovare delle bottiglie di vino decente, quindi ci accontentiamo di prendere della birra.
Troviamo, invece, ampia scelta di superalcolici ma quando siamo alle casse non ci permettono di pagarli perché la loro vendita è consentita solo dopo le ore 11,00. Niente birra o vodka! Altra incomprensibile norma che incontriamo. Riprendiamo la strada nazionale, sempre la stessa E105, quella che tocca tutte le città che abbiamo visitato finora partendo da San Pietroburgo e che arriva al confine con la Norvegia.
Siamo ormai nella Penisola di Kola dove vivono alcune comunità sami. Questa antica etnia è distribuita in diverse regioni settentrionali, della Finlandia, della Svezia, della Norvegia e della Russia. Pur conservando la propria cultura e le loro tradizioni, solo un 10% è dedito all’allevamento delle renne, poiché i giovani preferiscono vivere nelle città occupandosi di turismo o di pesca.
Lungo la strada ci fermiamo a visitare un piccolo villaggio Sami che in realtà è una attrattiva turistica per i visitatori che come noi sono incuriositi dai costumi di questo gruppo etnico. Pagando l’ingresso, ci introducono nel villaggio, dove sono tenuti i cani da slitta siberian husky ed una mandria di renne. Visitiamo le “lavvu”, le tipiche tende fatte con pelli di renna e pali di legno che tanto assomigliano a quelle degli indiani d’America.
A terra sono stese altre pelli di renna che rendono più accoglienti queste tradizionali abitazioni dei sami.
Per tutta la giornata ci ha accompagnato una pioggerella finissima, il sole è ormai basso all’orizzonte, così decidiamo di fermarci per cena presso di loro. Degusteremo alcuni piatti tipici, serviti in una grande baracca di legno riscaldata da una stufa potentissima. Fuori non è freddissimo ma la temperatura si aggira intorno agli 8°C. Quando ci ritiriamo per la notte è ancora giorno e all’interno dei nostri camper ci sono solo 14° C.
6 luglio. Si parte in direzione di Murmansk,
la città più importante
ed estesa oltre
il Circolo Polare Artico.
La strada è buona, anche se ogni tanto incappiamo nell’immancabile cantiere che ci fa rallentare.
Intanto continua a piovere.
Anche questa città ci appare grigia e tutt’altro che piacevole,
ma è importante sotto il profilo strategico e commerciale, poiché la zona è ricca di minerali e la corrente del Golfo del Messico riesce a lambire questo tratto di costa così le sue acque non ghiacciano mai.
Anche durante la Seconda Guerra Mondiale Murmansk costituì per l’Unione Sovietica un collegamento vitale con il mondo occidentale e permise un vasto commercio con gli alleati, in particolare con gli USA, per i rispettivi sforzi bellici.
Da qui venivano importati nel paese prodotti finiti e ne uscivano materie prime.
Per questa sua importanza strategica nel 1941 fu assaltata dalle armate tedesche che non riuscirono mai a penetrare la forte resistenza sovietica.
Però, oggi, è evidente che nessuno ha mai pensato di rendere più attraente questa città che è nata solo 100 anni fa. Qui sembra che le persone, senza porsi altri pensieri, siano solo intente a lavorare, senza altri obiettivi.
Anche la rete ferroviaria si interrompe qui, due gradi a nord del circolo polare artico.
Oltre non c’è niente, solo la distesa grigia del mare di Barents. Il treno da San Pietroburgo impiega un giorno e una notte per arrivare a Murmansk, ed è normalmente usato dai minatori o dai marinai poiché la zona è ricca di risorse minerarie e ospita la flotta russa del nord.
Ci trasmette la sensazione di una città letteralmente ai confini del mondo, desolata, ma questo non ci impedisce di lasciare i campers per conoscerla meglio, anzi questa sua particolare caratteristica ci incuriosisce.
Abbiamo parcheggiato difronte alla nave rompighiaccio nucleare Lenin, così saliamo per visitarla, accompagnati da un ufficiale della marina.
Apprendiamo che è stata la prima unità civile di superficie a propulsione nucleare, fu messa in servizio nel 1959 ed è stata messa in disarmo nel 1989 dopo essere stata restaurata e adibita a museo.
L’ufficiale però non ci ha raccontato che la rompighiaccio nel 1965 ha avuto il primo grave incidente ad un reattore nucleare, che poi dopo due anni si è ripetuto, tanto da richiedere ben presto la sostituzione dei reattori con propulsori più potenti e affidabili.
È ora d’andare a dormire nonostante il sole non accenni a calare oltre l’orizzonte; la città è tranquilla e silenziosa ma dal porto, sempre operativo, giungono per tutta la notte i forti rumori delle attività portuali.
7 luglio.
Ci organizziamo
con alcuni campers per andare a conoscere
i monumenti
più significativi della città.
Il primo è Alyosha, l’enorme statua
in cemento armato
eretta in memoria dei soldati caduti
nella II guerra mondiale;
è alta 30 metri
e svetta dall’alta collina
a dominare tutta
la città e la
lunga insenatura
del Mar Baltico che
ospita il porto.
Dopo le foto di rito,
ci spostiamo
per visitare la chiesa
del Salvatore sulle Acque.
È gremita di fedeli
per la messa domenicale che durerà ben tre ore! Notiamo l’aspetto dimesso dei presenti ma anche la devozione con cui partecipano alla santa messa.
Acquistiamo l’ennesima icona, sicuramente la più bella anche se costa solo 700 rubli (10€).
Continuando la nostra passeggiata per Murmansk
incontriamo il memoriale delle vittime del sommergibile Kursk che il 12 agosto 2010 nel corso di una esercitazione nel Mare di Barents fu dilaniato da due esplosioni, inabissandosi a 107 metri di profondità.
Persero la vita 118 membri dell’equipaggio, compresi i 23 sopravvissuti che avevano trovato momentaneo scampo in un compartimento isolato. Anche loro perirono dopo circa 8 ore per mancanza d’ossigeno.
Accanto a questo memoriale c’è una sorta d mausoleo commemorativo delle tantissime vittime del mare.
Ma continua ad essere impressionante il numero di incidenti, visto che il 1° luglio 2019, mentre noi ci trovavamo prossimi alla Penisola di Kola, si è verificato un grave incendio a bordo di un particolarissimo sommergibile, capace di immergersi fino a 6.000 metri.
Le autorità hanno dichiarato la perdita di 14 uomini ma altre fonti sostengono che abbia perso la vita tutto l’equipaggio composto da 25 ufficiali.
Lasciamo tristemente
il centro di Murmansk
per concederci
il comfort dell’Hotel
“Ogni Murmanska”
poco a sud della città.
Sistemiamo i campers nell’ampio parcheggio panoramico e dopo
aver allacciato i cavi
alla corrente,
i più sportivi hanno approfittato della grande piscina per fare delle belle nuotate e delle saune per un completo relax.
Si decide di cenare tutti insieme nel ristorante panoramico dell’albergo.
Purtroppo noi italiani, abituati ad una cucina d’eccellenza, restiamo un po’ delusi quando ci troviamo a tavola in altri paesi. Anche questo ristorante ha confermato la teoria, ma ci ha permesso ancora una volta di trascorrere allegramente la serata. Abbiamo lasciato la tavolata alle 23,00 ma andiamo a dormire poco convinti perché il sole non vuol saperne di tramontare.
8 luglio.
Oggi ci apprestiamo
a lasciare la Russia, percorrendo una
strada rettilinea
e monotona
che taglia la tundra
e che per decine
di chilometri
costeggia
una doppia
recinzione militare sorvegliata e allarmata.
Facciamo l’ultimo conveniente rifornimento
di gasolio prima di varcare il confine e giunti alla dogana norvegese gli agenti ci controllano tutti i camper alla ricerca di genere alimentari russi. Ad ognuno di noi hanno sequestrato formaggi, yogurt, wurstel ecc.
Il viaggio prosegue ma lo racconteremo in un altro resoconto.