Cancùn – “Hola”, “Amigo”, “Taxi”, “Colectivos”, “ADO”… Una folla di messicani ci accoglie all’uscita dell’aeroporto internazionale di Cancun offrendoci servizi di trasporto di ogni genere e per ogni destinazione. Si va dai classici, e più costosi, taxi tradizionali ai colectivos, economici mini-bus privati utilizzati tanto dai turisti quanto dai locali, ai pulman di linea della compagnia nazionale ADO. Scegliamo quest’ultima soluzione –economicamente una via di mezzo tra i 45 $ dei taxi e i circa 60 pesos dei colectivos – che ci porterà per 160 pesos (1€=20 pesos) in poco più di un’ora a Playa del Carmen.
di Andrea Tancredi
Playa del Carmen –Arriviamo a Playa alle 7 e mezza di un lunedì sera e passeggiando per la Quinta Avenida in cerca del nostro hotel veniamo rapiti dall’atmosfera creata dai colorati capi in vendita dei negozi, dalla musica messicana, suonata da locali e band di strada, e dai tanti messicani che ci invitano a provare ognuno la propria specilità. “Comer”, “Cerveza”, “Tequila”, “Massage” … Siamo in Messico da poco più di due ore ma è già chiaro che nello stato del Quintana Roo il commercio ed il turismo siano la prima, se non l’unica, fonte di guadagno per la gente del posto.
Playa nonostante le dimensioni contenute è una cittadina cosmopolita – ci vivono messicani provenienti da tutti gli stati e stranieri di circa 40 paesi diversi, tra cui moltissimi italiani (i più numerosi dopo i messicani) – e dal 2000 ad oggi ha visto crescere la sua popolazione, grazie al turismo, da circa 46 mila abitanti ai quasi 190 mila attuali con una crescita media annua del 20%.
La sua posizione a metà strada tra Cancun e Tulum è perfetta per visitare le tante rovine Maya presenti nell’area.
Tulum – L’unicità del sito Maya di Tulum sta nella sua posizione. I 380 metri da sud a nord e i 170 di ampiezza si estendono su un promontorio che si affaccia su una spiaggia di sabbia bianchissima bagnata dal turchese mar dei caraibi.
La vista è suggestiva quanto invitante, ed è praticamente impossibile non concedersi un’ora di relax al sole nonostante le tante cose da vedere.
Visitiamo il sito con un’iniziale reverenza mista a curiosità, che ben presto si trasformano in ammirazione totale. Rapiti dalla bellezza e dall’imponenza dei resti di El Castillo, dalle decorazioni di El Palacio, dal Templo de la Estela e da quello del Dios Descendente, ci rendiamo improvvisamente conto di aver trascorso, senza accorgercene come se il tempo si fosse improvvisamente fermato, già diverse ora all’interno del parco.
Passeggiando lungo la spiaggia che porta alla cittadina incontriamo Erasmo, un camperista messicano che vive in un mezzo targato USA.
El padrino, soprannome che ci tiene a specificare non ha nulla a che vedere con il significato che gli attribuiamo noi italiani, ci racconta come questa zona del Messico sia cambiata negli ultimi 30 anni.
A suo dire il tanto turismo americano, molto del quale porta con sé un fastidioso senso di superiorità verso l’altro – inteso come messicano ma anche come europeo o comunque non nord-americano – ha favorito l’aumento della violenza in una società, sempre a suo dire, per natura fondamentalmente pacifica.
I modelli dei giovani messicani sono così diventati i personaggi di serie televisive come i Narcos, e con un leggero imbarazzo Erasmo ci racconta come “…nei locali spesso si vedono giovani ballare mimando il gesto della pistola…”.
Rientriamo a Playa con un colectivos più economico e veloce, ai messicani al volante piace correre e suonare il clakson, del tradizionale pulman di linea ADO, decisamente più caratteristico (un messicano in assenza di posto ha viaggiato per circa un’ora in ginocchio), ma anche meno sicuro ma da provare almeno uno volta.
Cancùn – Arriviamo a Cancùn nei giorni in cui è esploso a livello mondiale l’allerta per il virus della zanzara zika. Acquistiamo una copia de La Verdad – il quotidiano locale dello stato del Quintano Roo – dal quale apprendiamo che in Messico non ci sono stati casi fino a quel giorno, anche se resta l’allerta di altri due virus il dengue ed il chikungunya, che da quel che riusciamo a capire con il nostro spagnolo, fortunatamente non sarebbero mortali per l’uomo.
La scelta iniziale di trascorrere le ultime tre notti a Cancùn era stata dettata dalla posizione conveniente per visitare il sito di Chichen Itza nello Yucatan.
Non avevamo grandi attese sul mare che avremmo trovato a ridosso di una grande città, ma ci siamo immediatamente ricreduti.
Il mare di Cancun è di un colore che ti toglie il fiato per la sua bellezza.
Un misto tra il celeste, il turchese, e il blu da far impallidire quello di una qualsiasi isola caraibica.
A nord dei 20 km di spiaggia bianca che si estende lungo la penisola di fronte alla città c’è un tratto di mare accessibile anche a chi non alloggia in una dei tanti lussuosi alberghi della costa. Qui s’incontrano tanti messicani che vanno a rilassarsi dopo una giornata di lavoro, o altrettanti giovani che amano passare ore in spiaggia a far nulla, o a suonare la chitarra come Marcos e Katya.
Chichén Itzá – Per visitare il sito di Chichén Itzá occorrono tre ore di viaggio nella jungla verso l’interno dello Yucatan.
Le agenzie locali offrono un tour completo di trasporto, ingresso al sito, e pranzo per 100 $ a persona.
Noi decidiamo di affidarci nuovamente ai pulman ADO e con 50 € in due risolviamo il problema del trasporto.
Paghiamo 200 pesos a persona per l’ingresso al sito (circa 10 euro), ne spendiamo altri 200 per mangiare una pizza nell’unico ristorante disponibile – dopo tre ore di monotono viaggio lungo la strada sempre dritta che dalla costa porta all’interno -, ma siamo comunque ampiamente al di sotto di quanto avremmo speso con il tour organizzato.
Arrivati a Chichen Itza si capisce subito perché sebbene sia il secondo sito Maya per importanza in Messico è quello più visitato. Il fascino della piramide di El Castillo è difficilmente paragonabile a quello di qualsiasi altro monumento. Il sito è visitabile con una giornata ma per vederlo attentamente occorrono almeno tre ore.
Il campo per il gioco della palla, il Tempio dei Guerrieri, il Cenote Sacro, e l’Osservatorio, seppur ottimamente conservati rendono solo in parte l’idea di una città che arrivò a contare 90 mila abitanti e che si estendeva su una superficie di 30 kmq.
Inserita nel 2007 tra le sette meraviglie del mondo moderno il sito potrebbe perdere questo titolo a causa dei tanti venditori ambulanti che arrivano ogni giorno dalla giungla per vendere i propri prodotti di artigianato (maschere, calendari di pietra, fazzoletti ricamati a mano).
O almeno questo è ciò che ci viene raccontato dagli albergatori di Cancùn. Parlando con Juan infatti – uno dei tanti venditori presenti nel sito – veniamo a conoscenza del fatto che gli abitanti della vicina cittadine di Plistè (a circa 2 km dal sito) vengono considerati discendenti diretti dei Maya e che per questo motivo godono di un particolare permesso per vendere all’interno del sito.
Nessun rischio quindi di perdere il titolo di settima meraviglia del mondo moderno, per un sito archeologico che a nostro avviso ha davvero pochi eguali nel mondo per quantità e qualità di resti rimasti in piedi, ma soprattutto per il fascino che sa trasmettere anche ai visitatori più scettici.